Nuovo "no" dell'Iran all'Onu la cronaca di Maurizio Molinari
Testata: La Stampa Data: 04 settembre 2006 Pagina: 6 Autore: Maurizio Molinari Titolo: «Ahmadinejad ad Annan, il nucleare proseguirà»
Dalla STAMPA del 4 settembre 2006:
Rifiuto della risoluzione 1696 sulla sospensione del programma nucleare, silenzio sull'embargo di armi agli Hezbollah e disaccordo sull'Olocausto: la giornata di colloqui a Teheran del segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, è stata segnata da tensioni appena celate dalla cortesia diplomatica. La visita di Annan aveva in cima all'agenda la crisi libanese e il braccio di ferro sul nucleare. Nell'atteso faccia a faccia con il presidente iraniano, Mahmud Ahmadinejad, il segretario generale ha iniziato dal Libano ottenendo un impegno al «rispetto della risoluzione 1701» ma sulla richiesta a Teheran di interrompere le forniture di armi agli Hezbollah è stato un dialogo fra sordi. «Disarmare gli Hezbollah è illogico», ha dichiarato Hamid Reza Asefi, portavoce del ministero degli Esteri iraniano, senza fare alcun riferimento agli aspetti della risoluzione 1701 che prevedono il bando delle forniture di armi alle milizie che operano in Libano. Sul dossier nucleare è andata ancora peggio. Se poche ore prima del colloquio la tv di Stato iraniana aveva attribuito ad Ahmadinejad la rinnovata intenzione di non rispettare la risoluzione 1696 - che prevedeva entro il 31 agosto la sospensione totale del programma nucleare - al termine del faccia a faccia è toccato ad Annan spiegare che «l'Iran non accetta di sospendere l'arricchimento», pur dicendosi pronto a nuovi negoziati. Ahmadinejad ha sfruttato il colloquio per contestare apertamente la risoluzione 1696. «Negli ultimi tre anni abbiamo perso molta fiducia nell'altra parte negoziale, adesso sta a loro ricostruire questa fiducia», ha detto, sottolineando che l'Iran è la parte lesa. Simile il tono del ministro degli Esteri, Manuchehr Mottaki, secondo il quale «non siamo noi quelli a cui spetta fare qualcosa», dopo il voto di una «risoluzione illegale». La tensione è emersa con chiarezza nella conferenza stampa dopo l'incontro con Ahmadinejad, quando Annan è stato bersagliato da domande di giornalisti iraniani che lo accusavano di «non difendere» il programma nucleare e di essere in contraddizione con quanto attestato dall'Agenzia atomica dell'Onu sulla «non esistenza di prove sulla corsa all'atomica». «Non mi state ponendo domande ma fate affermazioni», ha replicato Annan, molto seccato. Ad aggiungere incomprensione alla già forti tensioni sono stati i disaccordi sull'Olocausto, lo sterminio di sei milioni di ebrei da parte dei nazifascisti durante la Seconda guerra mondiale. Annan ha espresso disappunto a Mottaki per l'inaugurazione di una mostra di vignette negazioniste sull'Olocausto e ha affrontato la questione anche con Ahmadinejad, che ha più volte affermato di non credere allo sterminio degli ebrei paragonandolo a una «leggenda». A far trapelare la reazione di Mottaki ed Ahmadinejad è stato il portavoce Asefi: «L'Olocausto è un evento la cui portata è stata esagerata, in Iran c'è libertà di espressione e l'Olocausto non è un argomento sacro del quale non si può discutere». Se l'intenzione di Ahmadinejad era di consegnare ad Annan una promessa di collaborazione sul Libano e una richiesta di nuovi negoziati sul nucleare, la cornice in cui i colloqui si sono svolti hanno fatto ripartire il segretario generale molto preoccupato. Con queste premesse inizia la settimana che vedrà l'inviato iraniano Ali Larijani incontrarsi con il rappresentante dell'Ue, Javier Solana, per un nuovo confronto sulla risoluzione 1696 prima della riunione di giovedì a Berlino fra i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza (Usa, Cina, Russia, Francia e Gran Bretagna) più la Germania sull'ipotesi di adottare sanzioni. Negli Stati Uniti intanto l'ex presidente iraniano, Mohammed Khatami, ha inaugurato il suo viaggio con un discorso a Rosemont, nell'Illinois, di fronte al pubblico della Islamic Society of North America nel quale ha accusato il governo di Washington di «alimentare il terrorismo con la sua politica estera», riservando poi la parte finale dell'intervento per condannare i terroristi che «sfruttano la parola religione ma non hanno davvero fede», invitando a una «comprensione fra Islam ed Occidente che manca sin dal tempo delle Crociate».
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