La strategia dell' appeasement intervista a Kofi Annan
Testata: La Stampa Data: 03 settembre 2006 Pagina: 5 Autore: Philippe Bolopion Titolo: ««Iran, le sanzioni non sono la soluzione»»
Da La STAMPA del 3 settembre 2006, l'intervista, ripresa da Le Monde, al segretario generale dell'Onu Kofi Annan, che invita alla "pazienza " con l'Iran, riferiscele esatte, beffarde parole di Assad sul rifornimento di armi a Hezbollah e ribadisce la programmatica impotenza della missione dell'onu in Libano, che demanderà allìesercito libanese il compito di disarmare Hezbollah. Ecco il testo:
Signor segretario generale, lei è arrivato a Teheran nei giorni in cui l’Iran ha rifiutato di interrompere il processo di arricchimento dell’uranio, come gli chiedeva il Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Che ruolo può giocare lei ora? «Ci sarà un incontro tra il capo della diplomazia europea, Javier Solana e il negoziatore iraniano, Ali Larijani. Poi si ritroveranno i Sei (Usa, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna più la Germania, ndr). Per me l’importante è fare in modo che si vada avanti. Io discuterò del problema, ma non lo risolverò. Resto in contatto con i Sei e sono sempre in contatto con gli iraniani in modo da continuare la via del negoziato ed evitare un nuovo conflitto nella regione» Gli Stati Uniti sembrano voler passare alla tappa successiva, quella delle sanzioni... «Io non credo che le sanzioni siano la soluzione a tutti i problemi. Ci sono dei momenti in cui un po’ di pazienza produce molti effetti. Io credo che sia una qualità che dovremmo esercitare più sovente». L’Iran ha detto che non cederà di “uno iota”. Qual è il margine di manovra? «L’Iran afferma che è sua intenzione utilizzare l’energia nucleare a fini pacifici. Io li ha invitati a dimostrarlo a al mondo intero e all’agenzia atomica dell’Onu. Possono farlo consentendo agli ispettori di accedere a tutte le loro installazioni e dimostrare che non hanno nulla da nascondere. Così faremo dei passi avanti». Cosa chiede lei all’Iran a proposito degli Hezbollah, che Teheran è accusata di sostenere? «Che usino la loro influenza per collaborare con la comunità internazionale all’attuazione della risoluzione 1701 (quella che prevede il disarmo di Hezbollah, ndr). Quando la risoluzione è stata approvata ne ho parlato direttamente con il presidente Ahmadinejad. Lui è stato molto franco e mi ha detto che alcuni punti non gli piacevano. Ma nella misura in cui i libanesi, Hezbollah compresi, l’avevano accettata, mi ha detto che lui avrebbe cooperato». Parlerà ad Ahmadinejad dei due soldati israeliani rapiti dagli Hezbollah? «L’Iran deve lavorare con noi perché siano liberati. Certo, ci sono anche i prigionieri libanesi (in Israele, ndr). Io ho offerto i miei buoni uffici a tutti». A Gerusalemme l’hanno criticata perché lei ha accettato di recarsi in un paese come l’Iran che invoca la distruzione di Israele. «È inaccettabile. Ma, in quanto segretario generale, se io mi rifiutassi di parlare a dirigenti politici solo per il fatto che non mi piace ciò che hanno detto, non potrei fare il mio lavoro. La mia sola arma è la persuasione e l’appello alla ragione. Non ho eserciti, né bombe, non posso minacciare nessuno, io devo parlare con tutti». Venerdì lei ha incontrato il presidente siriano Bachar al-Assad. Che ne dice del passaggio di armi destinate agli Hezbollah attraverso la Siria? Ha negato? «No, ha soltanto detto che Hezbollah non ha bisogno di armi, ha già tutto quel che gli serve, come abbiamo visto durante la guerra. Ma ha detto che avrebbe accettato di collaborare sui controlli alle frontiere». Su cosa si è impegnato? «I siriani avranno un meccanismo di coordinamento con i libanesi e anche delle pattuglie congiunte. Parlerò al governo tedesco per vedere se c’è la possibilità di estendere alla Siria l’assistenza che fornirà al Libano nei controlli di frontiera, soprattutto nella formazione del personale. E così i due lati del confine saranno efficacemente controllati. Il presidente siriano mi ha detto che era pronto a stabilire relazioni diplomatiche con il Libano». Ma il presidente siriano ha già fatto questo tipo di promesse senza mai mantenerle. «Ho lavorato con la Siria per realizzare la risoluzione 1559, che costituiva per loro un esercizio impegnativo trattandosi del ritiro dal Libano. Ne siamo venuti a capo. Mi aspetto dal presidente siriano la stessa collaborazione». A Gerusalemme lei si attendeva un gesto da parte israeliana, come la levata del blocco aereo sul Libano. È rimasto deluso? «Sarebbe stato nell’interesse di tutti. Bisogna che qualcuno faccia il primo passo. Non si può tenere l’embargo. Un paese democratico non può accettare di essere percepito come una punizione colettiva nei confronti dell’intera popolazione libanese». Gli israeliani si sono impegnati a completare il ritiro dal Libano una volta che ci saranno schierati 5 mila caschi blu? «Sì. Per loro è importante che una forza credibile sia schierata sul terreno, che non vi sia il vuoto. Quando avremo 5 mila uomini, a metà settembre, e 16 mila soldati libanesi saranno schierati, Israele dovrà ritirarsi. Ho l’impressione che l’abbiano riconosciuto». Durante la sua visita nei quartieri sud di Beirut, dei manifestanti di Hezbollah l’hanno circondata minacciosamente. Si è sentita in pericolo? «No, non mi sono sentito minacciato. Ero molto calmo, sia fuori che dentro di me. Quando siamo arrivati, un parlamentare di Hezbollah mi ha baciato sulla guancia. Poi quando ho visto cosa stava capitando, ho saputo che si trattava di una messinscena. Qualcuno ha voluto organizzare un piccolo spettacolo per impressionarmi e alcuni giovani sono diventati troppo zelanti». Lei crede che Hezbollah sia davvero disponibile a disarmare? «Il loro comportamento, durante la guerra e dopo, mostra un alto grado di organizzazione e di disciplina. Sarei sorpreso che dirigenti politici preoccupati della loro gente volessero ricominciare una tale guerra. Io credo che loro siano seri, vogliono che la tregua funzioni. In altre tregue, capita che si continui a sparare. Non gli Hezbollah». Come si può impedire loro di riarmarsi? «Con ogni evidenza dovranno farlo le autorità libanesi. E ci saranno talmente tante truppe nel sud, libanesi e internazionali (30 mila uomini, ndr) che resterà ben poco spazio per gli Hezbollah». Le forze delle Nazioni Unite, l’Unifil, avranno i mezzi sufficienti per completare la missione? «Io penso di sì. Avremo soldati ben addestrati, forze aeree e navali, un equipaggiamento robusto. Arrivano ben armati, ma ciò naturalmente non significa che arrivano per fare la guerra. Certe volte bisogna mostrare la propria forza per dover essere messi in condizione di utilizzarla». Copyright Le Monde
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