Consulta islamica, Ucoii, Israele e Shoah: attenzione a richieste controproducenti una lettera di Giorgio Israel
Testata: Il Foglio Data: 03 settembre 2006 Pagina: 3 Autore: Giorgio Israel - la redazione Titolo: «Lettera al direttore - Non serve creare nuovi marrani»
Dal FOGLIO del 2 settembre 2006, una lettera di Giorgio Israel:
Al direttore - L’editoriale del Foglio sulla questione della Consulta islamica e dell’inserzione dell’Ucoii in cui si paragona Israele al nazismo è esemplare. E’ un errore grave cedere a un’interpretazione un’interpretazione della Consulta come rappresentanza dei musulmani italiani presso lo stato e porre in termini giuridici l’adesione dell’Ucoii a una carta di principi che non si sa peraltro bene chi e a che titolo dovrebbe codificare. Ma penso che vada aggiunta qualche altra osservazione. Abbiamo letto che si è parlato e si parla di inserire in questa carta un riferimento alla Shoah come evento “incomparabile” e “irripetibile”, con l’intento evidente di stroncare a priori ogni velleità di confronti offensivi. L’intento è generoso ma l’effetto rischia di essere controproducente. In primo luogo, perché le questioni storiografiche non si risolvono nei comitati e per decreto. Infatti, è subito cominciata la solita diatriba: e allora che cosa dire degli armeni e via elencando i vari genocidi, con il rischio di non finirla più. In secondo luogo (e soprattutto) perché è un grave errore spostare sul terreno della storia passata una questione politica di cocente attualità. Dire che
la Shoah
è incomparabile e irripetibile significa dire che una situazione analoga non appartiene alla sfera dell’attualità. E questo proprio mentre il presidente iraniano e i suoi accoliti di Hezbollah e di Hamas non fanno che ribadire il proposito della distruzione e dello “sradicamento” dell’“entità sionista”, ovvero prospettano un nuova Shoah. Affermare addirittura che
la Shoah
è “irripetibile” può forse manifestare un’apprezzabile impegno nei confronti di quei propositi, ma allora sarebbe meglio parlar chiaro, altrimenti il primo a ringraziare per un simile asserto sarà il medesimo Ahmadinejad. Sfuggendo nelle nebbie della storia si evita di fare la sola dichiarazione politica significativa. E cioè che il paragone tra Israele e il nazismo è a) privo di qualsiasi fondamento fattuale e rappresenta una vergognosa distorsione della realtà e b) mira a oscurare il fatto che le cose stanno all’opposto, e cioè che esiste un piano dichiarato ed esplicito di distruzione di Israele – e quindi di continuare la realizzazione del progetto nazista – contro il quale Israele si sta difendendo con mezzi che è lecito criticare ma che appartengono alla sfera del suo diritto elementare di preservare la sua esistenza. Che la questione del diritto all’esistenza di Israele sia “la” questione è testimoniato dall’intervista rilasciata al Corriere della Sera da Hamza Piccardo. Questi sostiene di volere un altro stato al posto di Israele, uno stato in cui convivano ebrei e musulmani a pari diritti. Questo stato ovviamente esiste: ed è proprio Israele. Ma è chiaro che Piccardo allude ad altro, e cioè a uno stato composto dai cittadini dell’attuale Israele e dai palestinesi, inclusi i loro discendenti emigrati, e allora “se poi gli arabi comandano, questa è la democrazia”. Bel concetto di democrazia! Immaginiamo che l’Italia proponga la fondazione di uno stato trinazionale con Croazia e Slovenia per recuperare i diritti degli italiani espulsi da Istria e Dalmazia. Una testa un voto, come dice Piccardo e gli italiani comanderebbero con relativa dissoluzione dell’esistenza degli altri due stati. Si vada a raccontare in giro un progetto simile e sentiamo quali sarebbero le reazioni. Però, nel caso di Israele, si possono esprimere idee simili senza conseguenze. Idee che significano una cosa sola: e cioè che non si riconosce il diritto di Israele, in quanto tale e per quel che è, all’esistenza. Questo è il terreno su cui si deve scegliere e decidere. L’Italia riconosce lo stato d’Israele qual è, e – se non si tratta di chiacchiere – spedisce addirittura una missione militare avente tra i suoi scopi quello di difenderne l’integrità territoriale e la sicurezza. Pertanto, si deve prendere una posizione politica e non rifugiarsi nella storiografia o in fumose dichiarazioni d’intenti sul pluralismo religioso, i diritti della donna e dei minori: non abbiamo forse delle leggi da rispettare comunque? Prendere una posizione politica implica, a questo punto, sciogliere
la Consulta
, puntando sul dialogo con le componenti moderate musulmane italiane, restituendo loro dignità e liberandole dal ricatto
Di seguito, l'editoriale sulla Consulta del FOGLIO:
Il ministro dell’Interno Giuliano Amato ha ereditato un organismo consultivo che gli dovrebbe servire per approfondire e conoscere meglio i problemi dell’integrazione delle comunità islamiche in Italia, in modo da poter esercitare la sua funzione con migliori probabilità di efficacia. Ha invece ceduto a un’interpretazione della Consulta come rappresentanza delle comunità presso lo stato, che non è prevista nei provvedimenti con cui è stata istituita. Da questo errore deriva il modo con cui ha reagito alla pubblicazione da parte dell’Ucoii di un’ignobile inserzione in cui si paragonava Israele al nazismo. Minacciati di essere espulsi dalla Consulta se non approveranno un documento di princìpi (dal quale peraltro è scomparsa la condanna della Shoah e del terrorismo), i dirigenti dell’Ucoii hanno potuto replicare appoggiandosi al principio democratico, cioè rivendicando la rappresentanza della maggior parte degli islamici religiosi residenti in Italia, e a quello liberale, secondo il quale non si può essere condannati per non condivisa. E’ paradossale che un fine giurista come Giuliano Amato sia finito in questa trappola. Il negazionismo e l’incitamento all’odio razziale vanno combattuti in quanto tali, meglio con argomenti e scelte politiche piuttosto che con iniziative giudiziarie. Imporre una specie di giuramento agli islamici significa creare nuovi “marrani” (gli islamici e gli ebrei che aderirono falsamente al cattolicesimo per evitare l’espulsione dalla Spagna nel 1492). Inoltre porre condizioni politiche, pur comprensibili, per la partecipazione a un organismo nominato discrezionalmente dal ministro significa attribuirgli una funzione di rappresentanza e conferirgli un’autorità garantita dallo stato nei confronti degli islamici italiani, che invece sono soggetti solo alle leggi, come tutti gli altri cittadini. La rapresentanza, in democrazia, è elettiva, mentre il riconoscimento di una gerarchia religiosa richiederebbe un concordato, che non c’è e forse con l’islam non ci può essere
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