Vignette "antisemite" per smascherare l'antisemitismo 02/09/2006
Alla Cinemateque di Tel Aviv non ci vanno solo gli appassionati di cinema. In questi giorni ha ospitato la sesta edizione del festival dedicato ai cartoni animati, fumetti e alla caricatura politica, di grande interesse dopo la fine della guerra contro Hezbollah per chi voglia capire il rapporto degli isrealiani con la satira. Hanno vissuto per un mese e mezzo sotto l’incubo dei missili Katiusha, ma non per questo hanno rinunciato al piacere di ridere, o sorridere, dei loro nemici o di se stessi, ne sono prova i giornali che dedicano posizioni di rilievo alle vignette di argomento politico. Una rassegna utile anche per mettere a confronto il criterio che guida la satira in una democrazia rispetto ad una dittaura. E quando si dice dittatura è Iran il primo nome che viene in mente. Dopo la pubblicazione sul quotidiano danese Jyllands-Posten nel settembre dello scorso anno delle famose dodici vignette con protagonista il profeta Maometto, divenute poi uno strumento di propaganda del fondamentalismo islamico, il quotidiano iraniano Hamshahri, con la benedizione di Mahmoud Ahmadinejad, ha invitato i suoi lettori ad inviare disegni con l’obiettivo di “ smitizzare la Shoah “, in sostanza negarne la validità storica attraverso il dileggio e l’insulto. Che tutto ciò si possa definire satira è alquanto dubbio. C’è una bella differenza tra la critica, anche la più feroce, che esiste in una società liberale e democratica, che pur mancando di rispetto a tutto e a tutti si guarda bene dal negare la verità della storia, e l’uso propagandistico, unico e costante, della sua falsificazione, una caratteristica dell’antisemitismo che dilaga sempre di più nella regione mediorientale. Ne sono un esempio alcune vignette che pubblichiamo, insieme ad altre, in questa pagina. Il giornale di Teheran ne ha ricevute più di mille, ne ha selezionate duecento, e il due settembre ci sarà la proclamazione del vincitore. In mezzo a questa storia goebbelsiana se ne inserisce una di umorismo ebraico che vale la pena raccontare. Un gruppo di disegnatori israeliani, seccati per la presunta capacità e superiorità degli antisemiti iraniani (ma non solo), ha deciso che chiunque poteva essere più bravo e più disgustosamente antisemita di loro, se solo si proponeva di esserlo. E hanno lanciato a loro volta un invito ai cortoonists ebrei di vestire i panni di coloro che quotidianamente, su gran parte della stampa araba, anche in paesi che hanno pacifici rapporti con Israele come Egitto e Giordania, avvelenano la propria opinione pubblica, trasformando i giornali sui quali pubblicano in novelli “ Stuermer “ di hitleriana memoria. L’idea è piaciuta agli organizzatori del festival, tanto da inserirla nel programma. Evidentemente non avevano visto il prodotto. Da bravi discendenti di Sigmund Freud, autore del saggio – centenario, ma si direbbe scritto ieri – sul motto di spirito, non hanno voluto essere da meno. E dimostrare agli eredi di Goebbels che non ci vuole niente a disegnare una vignetta antisemita, è solo una questione di sporcizia mentale. Anche un cervello pulito può riuscirci, unica condizione esserne coscienti,avere fantasia e saper disegnare. E sapere che si compie un’operazione ignobile. Se il risultato ha fatto saltare sulla sedia i più che sinistrissimi dell’intellighezia di Tel Aviv un motivo ci sarà pur stato. Non è difficile coglierlo, basta guardarsi le vignette una ad una per rendersi conto di come non ci voglia poi molto a rendere plausibile una menzogna, rivoltare la verità storica come un guanto, in fondo è come diffondere una bugia, a furia di ripeterla qualcuno comincerà a crederci. Vedere queste vignette può essere pericoloso, tanto quando prendere in dose esagerata una medicina, invece di far bene uccide. La provocazione di questi disegnatori isrealiani è arrivata ad un punto dove finora non era ancora giunto nessuno, farsi del male per dimostrare quanto sia facile e semplice fare del male a qualcuno. Chifra i lettori non è allenato a questo genere di esercizi è avvisato, deve fare la massima attenzione, come sta scritto sulle etichette delle medicine pericolose.