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La Repubblica Rassegna Stampa
02.09.2006 Credere ad Assad, a Hezbollah, all' "asse" Prodi-De Villepin
professioni di fede al posto dell'informazione

Testata: La Repubblica
Data: 02 settembre 2006
Pagina: 8
Autore: Marco Ansaldo - Francesca Caferri - Marco Marozzi
Titolo: «Assad promette ad Annan»
La Siria assicura Annan che farà il possibile per fermare i rifornimenti di armi a Hezbollah attraverso i suoi confini, e il segretario generale dell'Onu ci crede.
Nonostante i rifornimenti al momento continuino, nonostante Damasco ospiti numerose organizzazioni terroristiche, nonostante rifiuti l'aiuto di una forza internazionale.
Credere ai dittatori è probabilmente tra gli obblighi contrattuali del segretario generale delle Nazioni Unite, organizzazione che affida alle peggiori tirannie mediorientali la presidenza della commissione per i diritti umani, e addirittura all'Iran di Ahmadinejad la presidenza della commissione per il disarmo atomico.

Tra gli obblighi "contrattuali" dei giornalisti verso i loro lettori , però, ci sarebbe invece lo scetticismo nei confronti di tutto ciò che è soltanto affermato e non verificato dai fatti.  Soprattutto se le affermazioni in questione vengono da un potere totalitario come quello del Baath siriano.

Non assolve questo obbligo Marco Ansaldo, che, nel suo articolo pubblicato da REPUBBLICA del 2 settembre 2006 presenta come cosa fatta l'improbabile embargo siriano contro Hezbollah, e nemmeno riporta le fondate ragioni dello scetticismo  israeliano
(«La Siria continua a essere luogo di rifugio per i terroristi, Hamas vi tiene il suo quartier generale, inoltre invia all'Hezbollah le sue armi» ripetono i portavoce a Gerusalemme.   scrive Lorenzo Cremonesi sul CORRIERE della SERA )

Ecco il testo:

GERUSALEMME - Sì all´embargo di armi contro Hezbollah, no alla presenza di truppe straniere sul confine siro-libanese. La Siria accoglie parzialmente le richieste di Kofi Annan. Ma il colloquio, dice il segretario generale Onu al termine dell´incontro con il presidente Bashar el Assad, è stato comunque «lungo e costruttivo».
Il dialogo con Damasco non si interrompe. E già questo è un segnale positivo, in attesa di altri sforzi della diplomazia internazionale volti a parlare con la Siria e isolare l´Iran.
Annan esce abbastanza soddisfatto dal delicato appuntamento con Assad. «Il presidente - dice - si è impegnato a prendere tutte le misure necessarie per rendere effettivo il paragrafo 15 della risoluzione 1701, che riguarda l´embargo e il riarmo di Hezbollah, pur riaffermando le sue obiezioni alla presenza di forze straniere sulla frontiera siro-libanese. Damasco aumenterà il numero di guardie alla frontiera con il Libano e la loro capacità, dando loro addestramento ed equipaggiamenti supplementari».
La lista degli argomenti sul tavolo era corposa. La Siria si è detta disposta a stabilire normali relazioni con Beirut, ed è pronta a procedere alla definizione dei confini. «Damasco gioca un ruolo importante nella regione - ha rilevato Annan - e la comunità internazionale guarda a lei come un soggetto che agisce in modo costruttivo».
Altra questione controversa è il rilascio dei tre soldati israeliani catturati da militanti palestinesi e libanesi. Assad ha detto di sostenere la loro liberazione, chiedendo però la scarcerazione dei siriani detenuti in Israele. La faccenda degli ostaggi è centrale per gli israeliani, scesi in piazza giovedì sera in 60 mila a Tel Aviv. Il 12 luglio Hezbollah aveva catturato due soldati, provocando la durissima reazione di Israele che lanciò un´offensiva contro il Libano poi sfociata nella guerra. Un terzo militare era stato catturato a Gaza il 25 giugno, e l´esercito aveva reagito con la campagna Pioggia d´estate, tuttora in corso, costata finora la vita a oltre 200 palestinesi.
Un febbrile negoziato sembra ora prendere corpo per liberare i tre soldati, con la partecipazione dei servizi segreti tedeschi. Ieri il capo del servizio di intelligence Bnd, Ernst Uhrlau, è arrivato a Beirut. Nei giorni scorsi, in gran segreto, un emissario personale del premier israeliano Ehud Olmert, l´ex responsabile dei servizi segreti Ofer Dekel, era partito per la Germania. Uhrlau prevede adesso di incontrare il suo collega libanese Wafik Jezzini.

Il credito concesso dai giornalisti di REPUBBLICA a  dittatori e terroristi è evidente anche nell'intervista di Francesca Caferri a Trad Hamadé, ministro del Lavoro nel governo libanese, dove rappresenta Hezbollah.
Agli abituali raggiri ("Non c´è un problema smilitarizzazione: tutto è già nelle mani dell´esercito"  ), uniti a minacce ("vi accoglieremo ma non dovete occuparvi di armi) , aggiunge un'assurda insinuazione  (C´è il pericolo che gli israeliani attacchino i caschi blu per poi dare la colpa a noi").
Nessuna replica da parte della giornalista, che si è invece preoccupata di raccontarci l' "amore per l'Italia" del terrorista.
Ecco il testo dell'intervista:

BEIRUT - Trad Hamadè ama molto l´Italia. Sciita, titolare dei portafogli Lavoro e Agricoltura nel governo di Fuad Siniora, è, insieme al collega Mohammad Fneish, uno dei due rappresentanti di Hezbollah nel gabinetto di Beirut. Sarà perché suo figlio studia a Bari, o perché ricorda l´Italia come meta di vacanze quando viveva in Francia, Hamadè è lieto di dare il benvenuto ai militari italiani in Libano purché, sottolinea, «non si occupino delle armi di Hezbollah: quello è un compito che spetta all´esercito libanese».
Signor ministro, che atteggiamento avrà il suo partito nei confronti della nuova forza Unifil?
«I soldati internazionali, compresi gli italiani, arrivano in Libano sulla base di un documento che tutto il governo libanese ha approvato, compresi noi ministri di Hezbollah. Sono i benvenuti nel loro ruolo: aiutare l´esercito libanese a controllare il sud del paese. Dovranno tener presente che gli abitanti e i villaggi di questa zona sono con Hezbollah, quindi la loro relazione con il nostro partito dovrà essere buona. Se così sarà, non credo che avranno nessun problema».
Anche se si occuperanno delle armi di Hezbollah?
«La risoluzione Onu prevede che questa questione sia gestita dall´esercito libanese. Unifil dovrà assistere l´esercito libanese, non occuparsi delle armi. E comunque di armi non ne troveranno, ora ci sono solo le armi dell´esercito libanese al sud. Cerchiamo di non immaginare problemi che non ci sono».
Il problema è che in Europa molti considerano il suo partito un gruppo terroristico e hanno paura per i militari.
«Hezbollah è un partito politico liberale e moderato che rappresenta una buona parte della popolazione libanese, siede in Parlamento, ha ministri nel governo. Del nostro partito fanno parte intellettuali, artisti e membri della resistenza che si è battuta per 20 anni contro l´invasione israeliana e ha sconfitto Israele in questa guerra».
Sta dicendo che i soldati non hanno nulla da temere da voi?
«Sto dicendo che Israele con l´appoggio degli Stati Uniti ha distrutto in questa guerra case, scuole, orfanotrofi, ponti e strade, ucciso civili. Questo è terrorismo per me: noi combattiamo il terrorismo di Israele. Se i soldati hanno qualcosa da temere, è il terrorismo israeliano: se Israele vorrà fare qualcosa contro il Libano attaccherà le forze Onu, per poi dare la colpa a noi o per limitarne la capacità di azione».

Completa questa deprimente parata un articolo di Marco Marozzi sul "nuovo asse" franco-italiano in Medio Oriente, che esprime un'acritico compiacimento per il "lancio" sulla scena internazionale del  nostro paese da parte del premier francese De Villepin, entusiasticamente descritto come "politico con sensibilità da letterato" , dalle "parole dense".
Nessun dubbio sulla lungimiranza e praticabilità dei progetti politici franco-italiani in Medio Oriente.
Ecco il testo:

BEIRUT - Trad Hamadè ama molto l´Italia. Sciita, titolare dei portafogli Lavoro e Agricoltura nel governo di Fuad Siniora, è, insieme al collega Mohammad Fneish, uno dei due rappresentanti di Hezbollah nel gabinetto di Beirut. Sarà perché suo figlio studia a Bari, o perché ricorda l´Italia come meta di vacanze quando viveva in Francia, Hamadè è lieto di dare il benvenuto ai militari italiani in Libano purché, sottolinea, «non si occupino delle armi di Hezbollah: quello è un compito che spetta all´esercito libanese».
Signor ministro, che atteggiamento avrà il suo partito nei confronti della nuova forza Unifil?
«I soldati internazionali, compresi gli italiani, arrivano in Libano sulla base di un documento che tutto il governo libanese ha approvato, compresi noi ministri di Hezbollah. Sono i benvenuti nel loro ruolo: aiutare l´esercito libanese a controllare il sud del paese. Dovranno tener presente che gli abitanti e i villaggi di questa zona sono con Hezbollah, quindi la loro relazione con il nostro partito dovrà essere buona. Se così sarà, non credo che avranno nessun problema».
Anche se si occuperanno delle armi di Hezbollah?
«La risoluzione Onu prevede che questa questione sia gestita dall´esercito libanese. Unifil dovrà assistere l´esercito libanese, non occuparsi delle armi. E comunque di armi non ne troveranno, ora ci sono solo le armi dell´esercito libanese al sud. Cerchiamo di non immaginare problemi che non ci sono».
Il problema è che in Europa molti considerano il suo partito un gruppo terroristico e hanno paura per i militari.
«Hezbollah è un partito politico liberale e moderato che rappresenta una buona parte della popolazione libanese, siede in Parlamento, ha ministri nel governo. Del nostro partito fanno parte intellettuali, artisti e membri della resistenza che si è battuta per 20 anni contro l´invasione israeliana e ha sconfitto Israele in questa guerra».
Sta dicendo che i soldati non hanno nulla da temere da voi?
«Sto dicendo che Israele con l´appoggio degli Stati Uniti ha distrutto in questa guerra case, scuole, orfanotrofi, ponti e strade, ucciso civili. Questo è terrorismo per me: noi combattiamo il terrorismo di Israele. Se i soldati hanno qualcosa da temere, è il terrorismo israeliano: se Israele vorrà fare qualcosa contro il Libano attaccherà le forze Onu, per poi dare la colpa a noi o per limitarne la capacità di azione».

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