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La Stampa Rassegna Stampa
31.08.2006 Ma D'Alema ha capito chi guida l'Iran ?
un'intervista preoccupante e la replica di David Frum

Testata: La Stampa
Data: 31 agosto 2006
Pagina: 5
Autore: Emanuele Novazio - Maurizio Molinari
Titolo: «D’Alema l'iraniano - Frum: Ahmadinejad vuole l’atomica»

In prim apagina della STAMPA del 31 agosto 2006, sotto il titolo Guai alla Siria se invia armi»:

Massimo D’Alema, nel corso della trasmissione Baobab di ieri su Radio 1, ha affrontato i temi più scottanti della questione mediorientale.
LA SIRIA. «Anche in Siria devono sapere che se dal loro Paese arrivano armi, la Comunità internazionale non starà a guardare». E’ stato il monito del vicepremier lanciato a Damasco.
L’IRAN. Il capo della Farnesina ha parlato anche della trattativa con l’Iran sul nucleare. «Se Teheran utilizza l’energia atomica per fini pacifici - ha detto l’ex presidente del Consiglio - ne ha legittimità».
L’ONU. Annan ha proseguito ieri la sua missione in Medio Oriente. Il segretario generale dell’Onu ha chiesto ad Olmert un impegno per il disarmo. «Lo faremo - ha risposto il capo del governo di Israele - quando saranno smantellate le milizie di Hezbollah e sarà realizzata la risoluzione 1701».

Il regime degli ayatollah ha diritto all'energia atomica, per "scopi pacifici", sostiene Massimo D'Alema in un'intervista alla STAMPA (rilasciata ad Emanuele Novazio) del 31 agosto 2006: 

La comunità internazionale deve fare all’Iran un’offerta negoziale «vera» e non dimenticare che l’uso dell’energia atomica è «legittimo» purchè «a scopi pacifici»: se Teheran dimostrasse di non avere scopi militari nelle sue ricerche nucleari, potrebbe addirittura esserci «una cooperazione da parte dei Paesi europei che sviluppano questa tecnologia». A poche ore dalla scadenza dell’ultimatum delle Nazioni Unite - stop all’arricchimento dell’uranio altrimenti si torna al Consiglio di sicurezza in vista di sanzioni - e mentre dall’Iran arrivano indicazioni contrastanti, Massimo D’Alema lancia un segnale distensivo a Teheran che affronta il dossier nucleare all’interno di una considerazione più generale: «Dobbiamo fornire all’Iran la prospettiva di un impegno comune per la stabilità e la sicurezza in tutta la regione», afferma il ministro degli Esteri intervenendo alla trasmissione radiofonica «Baobab».
Segnale politico
Particolarmente significativo non è tanto il riconoscimento della legittimità dell’utilizzo dell’energia nucleare a scopi pacifici: un’eventualità accettata da tutti (è ricordata anche nella risoluzione 1696 delle Nazioni unite) e che sarebbe ormai archiviata da tempo se non fosse per il rifiuto iraniano di fornire le prove che gli esperimenti non hanno scopi militari, sottraendosi alle richieste dell’«Aiea», l’Agenzia atomica dell’Onu. È la prospettiva all’interno della quale inserire il negoziato sul nucleare a rappresentare il segnale politico più significativo dell’intervento di D’Alema - nel momento in cui sull’Iran si concentra l’attenzione dell’intera diplomazia internazionale, con valutazioni discordanti sull’atteggiamento da tenere nei confronti della Repubblica islamica - e a segnalare la volontà di allargare il campo di intervento magari con la diretta collaborazione dell’Italia.
«Si deve lavorare perchè l’Iran non abbia l’arma nucleare», sostiene il ministro. Ma «credo che in questo momento si debba cercare di andare a un chiarimento effettivo offrendo all’Iran anche delle garanzie per quanto attiene la sicurezza di quel Paese», sostiene il ministro rilanciando implicitamente la candidatura italiana a trattative dirette con Teheran.
Naturalmente la Repubblica Islamica deve mostrare una volontà negoziale sul tema in questo momento al centro dell’attenzione delle cancellerie internazionali: dimostrare cioè di non perseguire fini militari nell’utilizzo dell’energia atomica accogliendo l’invito a interrompere l’arricchimento dell’uranio secondo quanto richiesto dall’Aiea e dai «5+1», i Paesi membri del Consiglio di sicurezza e la Germania, un gruppo dal quale l’Italia si è autoesclusa per decisione del precedente governo. Il capo della diplomazia italiana auspica «fermezza, chiarezza e non ambiguità» nei confronti dell’Iran, dal quale arrivano segnali di «disponibilità a negoziare» ma anche «affermazioni minacciose soprattutto contro Israele» o «atteggiamenti di sfida incomprensibili verso la comunità internazionale». Ma oltre all’iniziativa negoziale diretta sul nucleare - è la posizione della nostra diplomazia - va prospettata una cornice più ampia di dialogo che punti a rafforzare la sicurezza regionale del Paese e miri alla stabilizzazione di un’area che comprende anche l’Afghanistan e l’Iran.
Invito a non dimenticare
«È difficile convincere qualcuno a non armarsi se contemporaneamente si dà la sensazione di minacciarlo», commenta D’Alema: una presa di posizione che è una presa di distanza dagli Stati Uniti, dove si esclude una trattativa diretta con la Repubblica islamica e si insiste sulla linea dura (la collaborazione concretizzatasi a proposito dell’Afghanistan non ha avuto seguiti, anche se sono ricorrenti le voci di contatti segreti fra Washington e Teheran). Ma che è soprattutto un invito a non dimenticare la cornice strategica nella quale è inserito l’Iran.

Di seguito, l'intervista di Maurizio Molinari all'analista americano David Frum, che demolisce l'irresponsabile ottimismo del nostro ministro degli Esteri sulla possibilità che gli ayotollah abbiano scopo pacifici.
Ecco il testo:

«La partita iraniana si gioca in tempi stretti sull’adesione alle sanzioni e l’Italia non deve dare a Teheran l’impressione che vi siano divisioni fra Usa ed Europa». E questo il messaggio che David Frum, politologo di punta dell’American Enterprise Institute, recapita al governo Prodi.
L’Italia chiede di entrare a far parte del club di potenze che negozia con l’Iran sul nucleare. Ha possibilità di riuscirci?
«Il negoziato iniziato e condotto da Germania, Francia e Gran Bretagna è vecchio di due anni, si è concluso ed è fallito. Basta sentire cosa dicono i diplomatici europei che ne sono stati protagonisti. Non c’è nessun club negoziale nel quale poter entrare per l’Italia».
Allora quale è la partita diplomatica che si sta svolgendo?
«Il Consiglio di Sicurezza ha votato la risoluzione 1696 che prevede in caso di mancato rispetto da parte dell’Iran entro il 31 agosto l’adozione di "conseguenze". Poiché è oramai chiaro che Ahmadinejad non vuole sospendere il programma nucleare la discussione è sulle sanzioni».
L’Italia a partire dal gennaio del 2007 sarà membro nel Consiglio di Sicurezza...
«Gennaio è troppo lontano. La scelta che ha di fronte l’Italia è se aderire o no alle sanzioni che saranno decise in tempi stretti. L’errore che l’Italia non deve commettere è di contribuire a dare ad Ahmadinejad l’impressione che vi siano divisioni fra l’Europa e gli Stati Uniti».
Qual è a suo avviso in questa cornice l’interesse italiano?
«L’Italia è un Paese mediterraneo che ama la pace. Non ha alcun interesse ad un fallimento della diplomazia nella partita iraniana perché se ciò avvenisse aprirebbe la strada a possibili raid israeliani contro le istallazioni nucleari di Teheran ovvero ad uno scenario di guerra in Medio Oriente ben più arroventato di quanto abbiamo visto in Libano».
Dunque non ci sono alternative alle sanzioni?
«A volte quando si parla di diplomazia si pensa che voglia dire solo parlare, parlare ed ancora parlare. In realtà la diplomazia è agire, creare fatti concreti e scongiurare possibili crisi di vasta portata, anche militari. L’unica maniera pacifica per risolvere la crisi iraniana è la strada diplomatica indicata dall’Onu con la richiesta a Teheran di sospendere ogni attività nucleare minacciando in caso contrario "conseguenze". Tali "conseguenze" dovranno essere talmente consistenti da spingere l’Iran a fermare il nucleare».
Il ministro degli Esteri, Massimo D’Alema, si è detto a favore del diritto iraniano a sviluppare l’energia nucleare pacifica.
«L’Iran non ha un programma nucleare pacifico. Nessuno mette più in discussione questo punto. È oramai evidente che insegue armi nucleari. Ciò che D’Alema afferma sul diritto all’energia nucleare civile è condiviso da tutti, il punto è che l’Iran non ha alcuna intenzione di esercitarlo. Segue da tempo un’altra strada ed i primi ad essersene accorti sono i Paesi dell’Unione Europea che hanno condotto la trattativa che purtroppo oramai è fallita».
L’aver inviato 3000 soldati in Libano nella missione Unifil per il cessate il fuoco fra Israele ed i guerriglieri filo-iraniani Hezbollah dà all’Italia titoli per entrare nella partita nucleare?
«L’esercito italiano ha svolto un lavoro superbo in Iraq. Le vostre truppe sono in grado di fare un altrettanto ottimo lavoro in Libano ma il dubbio è sulla missione Onu che gli verrà affidata in quanto non è priva di ambuigità. Per Washington l’impegno italiano sul Libano è stato importante perché ha sbloccato i francesi, che stavano facendo marcia indietro rispetto agli impegni assunti. Riguardo all’Iran, il ruolo italiano è legato al peso economico dei rapporti bilaterali. Su questo dovrà decidere il governo. Il mio augurio, parafrasando quanto scritto da Oscar Wilde ne "L'importanza di essere Ernesto", è che questo governo non pretenda di essere di sinistra più di quanto in realtà non lo è perché se fosse così si dimostrerebbe ipocrita».

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