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Il Foglio Rassegna Stampa
31.08.2006 La proposta di Sofri è una follia
Israele non deve disarmare

Testata: Il Foglio
Data: 31 agosto 2006
Pagina: 1
Autore: Giuliano Ferrara
Titolo: «L’altra visione è quella di Pannella:»

Da Il FOGLIO del 31 agosto 2006 un articolo di Giuliano Ferrara, che risponde all'editoriale di Adriano sofri pubblicato dalla REPUBBLICA del 30 agosto, e ripreso da Informazione Corretta (vedi questo link):

La pazzia di Sofri, con Israele che disarma e mette l’atomica in soffitta, ha il fascino proprio delle visioni. Ma chi vede spesso non guarda. A guardarlo, Israele è diverso da come appare nella luce illuminata, volontaristica, democratico-liberale di un campione – e non c’è ironia, tantomeno sberleffo – del diritto internazionale come soluzione e fine della storia. Israele non è il rifugio degli ebrei dopo la Shoah, e dunque un oggetto di comprensione e compassione. E’ al contrario una entità sionista, per dirla con le parole del presidente iraniano e di tutte le tirannie del medio oriente che non lo riconoscono come stato, come nazione e come popolo. La fragile legalità di Israele è data dalle decisioni dell’Onu sul destino del mandato britannico in Palestina, il che non è poco per considerare una bestemmia il progetto di estirparlo dalla faccia del mondo, ma la sua forte legittimità deriva da Herzl, dalla secolare nazionalizzazione della Bibbia, dall’idea controversa tra gli ebrei che la diaspora possa avere uno sbocco non messianico, da una lingua biblica resuscitata come cemento di una comunità che si insedia in un luogo mistico conteso con tutta la tragica violenza (anche terroristica) che accompagna la nascita di ogni insediamento statale, dal suo statuto di paese multietnico ma non multiculturale, dal suo carattere di primo esperimento di esportazione della democrazia occidentale moderna nel mondo arabo-islamico, dalle guerre vinte contro l’assedio dei nemici. Israele è una vocazione durevole, millenaria, e uno stato di fatto precario sia per motivi demografici sia per ragioni politiche e militari. E’ una liturgia sinagogale, una preghiera per l’anno prossimo a Gerusalemme, e uno stato-nazione all’antica, addirittura uno stato-guarnigione che si alimenta della propria sicurezza e che può offrire pace solo e soltanto in cambio della sicurezza esistenziale. Infine, Israele è l’ultima crociata, come confermano le predicazioni profetiche di bin Laden e Ahmadinejad contro ebrei e crociati, e se sono giudaiche e cristiane le radici dell’Europa, trattati costituzionali e altri codicilli a parte, è l’avamposto del mondo dei liberi lungo il confine che lo divide dall’universo delle teocrazie, dei califfati fondamentalisti, degli stati falliti e canaglie. Lo stato degli ebrei non può e dunque non deve disarmare per difendere il suo e nostro diritto di vivere in pace, semplicemente non è nella condizione di farlo, siamo noi occidentali che dobbiamo armarci per difendere in guerra il suo e nostro diritto di esistere di fronte alla pressione della umma islamica. Siamo noi in condizione di farlo? E come farlo con tutte le armi a disposizione: la politica, la diplomazia, la cultura, e le armi propriamente dette, compresa la deterrenza atomica? Questo è il problema. L’altra visione è quella di Pannella: Israele integrato nell’Unione europea e rafforzato dal retroterra naturale di un popolo di russi, di ucraini, di polacchi, di tedeschi, di spagnoli, di italiani, di americani, di francesi, di inglesi, di olandesi, di portoghesi, di sabra che parlano ebraico antico e moderno ma conoscono bene, per così dire, tutte le altre culture e lingue di origine. E con Israele la Turchia, unico modello relativamente laico in terra islamica. Questo vedere è anche un guardare. La soluzione è difficile e campata in aria, come tutte le soluzioni prima che siano realizzate, soprattutto se radicali. Ma anche qui bisogna capirsi prima, altrimenti non si riesce a leggere la realtà di un Israele storicamente molto più americano che europeo, vicino a Washington chiunque governi e lontano da Bruxelles qualunque cosa Bruxelles significhi come identità europea. Pannella dovrebbe spiegarci se questo retroterra sia la cultura postcoloniale inglese, la politique arabe della Francia, l’equivicinanza italiana, l’astensionismo tedesco per fatto personale o che cosa d’altro. Israele si sa cosa sia, uno stato-nazione sotto assedio e una identità politica, culturale, laica e religiosa di strepitosa intensità. Ma l’Europa che dovrebbe accoglierlo, che cosa è? E’ una costituzione (introvabile) che integra l’islam europeo e sfida il fondamentalismo radicale, perché ha una cultura e un criterio di vita, o una rete sovranazionale che affida al diritto disarmato e alla resa multiculturale la sicurezza incalzata dalla forza islamista? Sarebbe interessante un chiarimento. Nel frattempo teniamoci vecchie certezze per fronteggiare le nuove paure: vissono Atene e Sparta per mill’anni armatissime e liberissime.

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