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La Repubblica Rassegna Stampa
31.08.2006 Per Bernardo Valli Israele ostacola l'Onu
una visione unilaterale e faziosa

Testata: La Repubblica
Data: 31 agosto 2006
Pagina: 1
Autore: Bernardo Valli
Titolo: «Tutti gli ostacoli della missione»

Tutti gli ostacoli della missione, annuncia il titolo in prima di REPUBBLICA. A pagina 7 il titolo chiarisce che gli ostacoli alla missione internazionale in Libano vengono da Israele: "Israele frena la spinta di Annan: il blocco navale per ora rimane".
L'articolo di Bernardo Valli è altrettanto unilatrale nel presentare le posizioni israeliane come ostacoli all'Onu  (anzichè come legittime richieste circa l'applicazione totale della risoluzione 1701) e le loro motivazioni come dettate da considerazioni di politica interna e da intransigenza.

( a cura della redazione di Informazione Corretta)

Ecco il testo:


PER ORA la situazione è bloccata. Le armi tacciono, ed è quel che conta. Né si notano allarmanti segni di impazienza nei ranghi delle parti a confronto. Nessuno vuole, in apparenza, per ora, un secondo round. Ma l´azione diplomatica arranca. Stenta a dare risultati.
Uno dei maggiori ostacoli è il rifiuto della Siria di avere dei caschi blu lungo il suo confine con il Libano. Rifiuto che genera un altro rifiuto: quello di Israele che imporrà il blocco navale e aereo al Libano.
Tutto questo nonostante le pressanti richieste di sospenderlo, fino a quando l´Onu non controllerà quel confine, attraverso il quale passano le armi destinate agli hezbollah.
Le equazioni mediorientali sono per natura spesso tragici rompicapi. Quella di cui Kofi Annan, in missione nella regione, deve trovare la soluzione riguarda la trasformazione di un campo di battaglia in uno spazio politico. La posta in gioco è alta. Ma questa volta gli strumenti non gli mancano: ha con sé la comunità internazionale, non più latitante, e una coalizione militare, in larga parte europea, che segue le sue orme e dà peso alle sue parole. Il tempo concessogli è tuttavia scarso. La fretta è di rigore. Non si lasciano tante forze armate ostili addensate in un´area geografica tanto ristretta, in cui si sono appena sepolti i morti. E dove tanti paesi hanno interesse a mantenere la tensione. La questione del confine siro - libanese, l´intransigenza di Damasco, potrebbe col tempo diventare un casus belli.
Durante la tappa di Gerusalemme, i tormenti del segretario generale delle Nazioni Unite hanno rivelato quanto sia irto di ostacoli il tentativo di consolidare il cessate il fuoco del 14 agosto, dettato dalla risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza. E quindi quanto sia ricca di incognite la missione della forza di interposizione in viaggio per il Libano del Sud.
Né, se ci attiene ai propositi ufficiali, sono stati molto più rassicuranti gli incontri avuti da Kofi Annan a Beirut. Gli ostacoli più vistosi, e immediati, da superare per decongestionare la situazione in cui si troveranno i caschi blu sbarcando a Tiro, sono ancora apparentemente in piedi.
Dico in apparenza, perché non è escluso che almeno parte di quegli ostacoli stiano per essere ridimensionati o aggirati grazie a trattative segrete. Nell´attesa ci si deve attenere ai risultati visibili. I quali sono scarsi. Di promettente c´è soltanto l´intenso lavorio sotterraneo.
Un ostacolo, tutt´altro che secondario, è rappresentato dai due soldati israeliani catturati il 12 luglio dagli hezbollah. Dalla loro liberazione dipende in larga parte la disponibilità di Gerusalemme. Quel rapimento ha provocato l´offensiva di Tsahal, è all´origine del conflitto per molti israeliani non ancora concluso, e il governo di Ehud Olmert, già in difficoltà di fronte all´opinione pubblica in collera per come ha condotto le operazioni, non può fare concessioni prima di avere recuperato i prigionieri. Qui a Gerusalemme Kofi Annan ha incontrato le famiglie e ha promesso che farà tutto il possibile per favorire il ritorno dei loro congiunti. Il reverendo Jesse Jackson, che si dà da fare per la loro liberazione, dopo essere stato in Libano e in Siria ha detto che essi sono ancora vivi. E´ un punto positivo. Ma non ha disteso gli animi il rifiuto di trattare direttamente con Gerusalemme espresso da Fuad Siniora, il primo ministro libanese.
Il quale ha detto che il suo sarà l´ultimo dei Paesi arabi a fare la pace con Israele. Anche lui, come Ehud Olmert, deve fare i conti con gli umori domestici.
Un ostacolo assai più insidioso è costituito dal blocco navale e aereo israeliano che Kofi Annan ha definito «umiliante» per il Libano, e di cui ha quindi chiesto la cessazione con insistenza a Ehud Olmert, al ministro della Difesa, Amir Peretz, e a quello degli Esteri, Tzipi Livni. E più tardi, con identica pubblica tenacia, al vice primo ministro Shimon Peres (nel ‘93 Premio Nobel per la pace, insieme a Yasser Arafat). La risposta è stata negativa. Israele, ha detto Olmert, e hanno ripetuto i suoi ministri, toglierà il blocco quando la forza multinazionale dell´Onu si dispiegherà lungo il confine siriano - libanese per impedire il passaggio delle armi, spesso provenienti dall´Iran, destinate agli hezbollah. Fino ad allora il compito sarà assolto dall´aviazione e dalla marina israeliane. Il rifiuto siriano di avere caschi blu alle porte di casa, renderà agitata la tappa di Kofi Annan a Damasco. E probabilmente anche quella di Teheran. Non essendo membri del Consiglio di Sicurezza, Siria e Iran non si sono dovuti pronunciare ufficialmente sulla risoluzione 1701, che prevede la forza multinazionale in Libano. Ma sembrava che l´avessero infine accettata, meglio digerita con fatica, non senza riserve. Le reazioni di ieri sono più pessimistiche. Le visite in quei due Paesi saranno decisive. Determineranno in larga parte il successo o l´insuccesso della sua missione in Medio Oriente. E di riflesso peseranno sulla situazione in cui i caschi blu agiranno nel Libano meridionale.
Israele non rifiuta soltanto di sospendere il blocco navale e aereo, respinge anche l´idea di ritirare troppo presto le unità di Tsahal rimaste in Libano. Kofi Annan ha proposto che esse rientrino in patria appena gli effettivi della forza multinazionale dell´Onu avranno raggiunto i cinquemila uomini.
Olmert ha reagito con una battuta polemica: la risoluzione dell´Onu non è « una tavola calda» in cui ognuno sceglie la pietanza che vuole. E´ un menù che va preso al completo. E quindi Tsahal se ne andrà completamente dal Libano quando tutta la forza multinazionale prevista (15 mila uomini) sarà presente. I tempi dunque si allungherebbero creando un esplosivo affollamento di eserciti di nazionalità diverse, spesso ostili. Il ministro della Difesa, Amir Peretz, è stato più conciliante ma non troppo preciso: Tsahal, ha detto, si ritirerà quando ci sarà un numero « ragionevole» di caschi blu. E comunque Gerusalemme non vuole ai suoi confini soldati della Malesia, dell´Indonesia e del Bangladesh, che non hanno rapporti diplomatici con Israele. Senza questi Paesi disponibili l´Onu raggiungerà difficilmente gli effettivi previsti.

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