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Il Manifesto Rassegna Stampa
30.08.2006 Rossana Rossanda scommette sulla missione in Libano
per pessime ragioni

Testata: Il Manifesto
Data: 30 agosto 2006
Pagina: 1
Autore: Rossana Rossanda
Titolo: «La nostra scommessa»

Dal MANIFESTO del 30 agosto 2006:

La forza di interposizione è partita, non senza lasciare nelle relative patrie chi ne auspica più che temere il fallimento. Lo auspica chi è persuaso, in Israele e fuori di Israele, che sia opportuno un secondo round per farla finita con gli Hezbollah;

Nessuno, tra gli amici di Israele, auspica il fallimento della missione della forza di interposizione.
Molti però, ritengono il fallimento probabile.
Perché se Hezbollah non sarà disarmato e se anzi potrà riarmarsi, una nuova guerra potrebbe rivelarsi inevitabile.
Ricordiamo alla Rossanda che è stato Hezbollah ad aggredire Israele, coerentemente con un'ideologia che ne vuole la distruzione, non viceversa.

sono gli stessi che vorrebbero si facesse bellicosamente finita con Hamas, e si mettessero museruole alla Siria e all'Iran.

Finora, sono i regimi di Siria e Iran a mettere le museruole al dissenso interno.
Ma per il MANIFESTO la libertà di parola dei dittatori antiamericani conta probabilmente molto di più di quella dei loro oppositori

Sul lato opposto e reciproco stanno coloro che sospettano nell'accordo sull'interposizione tutto un imbroglio fra occidente e Usa, via Israele e auspicano una ripresa del conflitto che veda una vittoria degli Hezbollah, un irrigidimento di Hamas e muscolose affermazioni della Siria e dell'Iran.
Noi, che non siamo nati ieri, siamo lontani dall'ignorare la fragilità - a prescindere da ogni tesi complottistica - dell'accordo, che incidenti anche non premeditati possono mettere in causa, inducendo una spirale incontrollabile. Ma sicuri che in Medio Oriente essa non risolva nulla, puntiamo decisamente sul successo della spedizione per alcuni buoni motivi. Primo la consapevolezza, che ci sembra crescente, che occorra risolvere la questione palestinese, nodo centrale finora negato:

finora negato? sono anni che si cerca di "risolvere la questione palestinese", finora sempre a discapito della sicurezza di Israele (dopo gli accordi di Oslo il paese ha subito le più violente aggressioni terroristiche della sua storia, dopo il ritiro da Gaza i lanci di razzi katyusha sono proseguiti senza soluzione di continuità)


 restituire ai palestinesi la terra entro i confini del 1967 e garantire la sicurezza di Israele. Sono due questioni correlate, perché la Palestina ricominci (per un'intera generazione si tratta appena di cominciare) a vivere nella pace e perché gli israeliani cessino di sentirsi in stato d'assedio.

di "sentirsi" ? Secondo la Rossanda la guerra non produce vittime tra gli israeliani, solo percezioni paranoiche?

Sono interessanti, per prima cosa, i movimenti abbozzati da Hamas anche per quanto riguarda Gaza, perché spostano decisamente la questione dal «chi ha cominciato per primo» al «come possiamo convivere», non era così sicuro che accadesse, e dimostra che l'intervento europeo e dell'Onu, per quanto timido e tardivo, riapre i giochi.

Hamas, ancora una volta, non ha fatto nessun cenno a un riconoscimento di Israele

In questo quadro è interessante anche una modifica delle abituali dichiarazioni del presidente iraniano Ahmadinejad, che per la prima volta ha smesso di farneticare la scomparsa di Israele e ha dichiarato che il suo paese non ha intenzione di usare dell'energia nucleare contro nessuno, neppure il «nemico sionista».
Smentendosi il giorno dopo dichiarando che Israele "deve essere "estirpato". La Rossanda sostituisce i suoi desideri alla realtà, e costruisce castelli di carte che hanno per fondamenta soltanto la propaganda dei dittatori e dei terroristi.

Poco, ma meglio che niente. In secondo luogo, Israele ha subìto una ferita di immagine che ne spezza la presunzione di invincibilità, cattiva consigliera per tutti. E' vero che l'agitazione che vi imperversa è marcata soprattutto dalla destra e da una volontà di rivincita, della quale sembrano far parte le colpe vere o presunte imputate dal governo nei confronti dell'esercito o dall'esercito stesso nelle persone del suo stato maggiore - colpe che non paiono, a questo momento, essere impugnate da una spinta pacifista che chieda una inversione di tendenza, almeno per quanto siano in grado i media di un paese sotto choc di darne correttamente notizia. Che la forza di interposizione tenga, significa dare anche tempo al travaglio interno a Israele di decantare, senza precipitare un rovesciamento del governo e un'elezione anticipata che oggi la rimetterebbe assai probabilmente in mano a Nethanyau.
Terzo punto, ma non da poco, l'essere gli Stati uniti in una situazione di scacco da tutte le parti: non sono battuti come in Vietnam, ma non riescono a diminuire il numero dei loro che cadono in Afghanistan e in Iraq, e non sono felicissimi i rapporti neanche con i loro governi fantoccio.

Sconfitta, o quasi, degli Stati Uniti, numero dei caduti in Iraq e Afghanistan che non accena a diminuire: per la Rossanda sono tutti fatti e segnali positivi.
Una valutazione che la dice lunga sul mondo da lei auspicato.
Un mondo nel quale i totalitarsmi islamisti o baathisti umiliano ed espellono dal Medio Oriente la più potente democrazia liberale del mondo e l'unico affidabile alleato di Israele.
E possono tranquillamente preparare le loro guerre, compiere i loro massacri interni e foraggiare il terrore che vuole colpire le nostre  città.
Un mondo più pericoloso e più crudele.


Non sanno come tirarsene fuori senza perdere la faccia e il petrolio di Dick Cheney e altri. L'Iraq è stato pensato e attuato anche come un colossale affare, ma la condizione era che la guerra fosse rapidamente vinta e una guerriglia non sorgesse o fosse facilmente domata. Ancora una volta i famosi servizi di informazione della Cia non hanno capito né previsto. La mancata elezione del senatore democratico e (o ma) guerrafondaio Lieberman è uno spettro che aleggia assai minacciosamente sulle prossime elezioni autunnali di medio termine.
Insomma, c'è uno smuoversi delle ferree posizioni politiche che parevano irriducibili fino a ieri. Forse è anche questo che ha dato coraggio a Kofi Annan. E' stato giusto imboccare questa strada stretta per tentare una svolta in Medio Oriente, se ai primi passi seguirà davvero il ritiro dall'Iraq, e si prenderà in considerazione quello dall'Afghanistan - Non basta un avallo strappato dagli Usa all'Onu a cose fatte, pagine poco gloriose del Palazzo di vetro - e ha sempre meno senso chiamare quella a Kabul una missione di pace. Hanno ragione i deputati di Rifondazione e (per una volta) il rampognato ministro Mastella. Chi scrive non è abitualmente una ammiratrice di Massimo D'Alema, ma la linea di politica estera che sta imprimendo al governo è buona. Sarebbe bello che ci fosse chi fa lo tesso in tema di finanziaria.

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