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Letteratura ebraico-americana dalle origini alla shoà. Profilo storico letterario e saggi Elena Mortara Edizioni Litos Per la storia degli ebrei nel Nuovo Mondo il 1800 è senza dubbio una data importante. Segna un fatto certo nel suo piccolo capitale. Quell’anno, infatti, a New York il discorso inaugurale dell’anno accademico della Columbia University fu tenuto in ebraico. E fin qui, si fa per dire, niente di speciale: capitò in tutto il Settecento e anche ai primi dell’Ottocento. Però, in questo caso, l’orazione dedicata ai “caratteri storici degli ebrei, dal loro primo stanziamento in Nord America” era stata scritta dal rabbino Gershom Mendes Seixas. Gli ebrei del Nuovo Mondo sono a quell’epoca ancora una presenza sparuta. Hanno un territorio linguistico vasto quasi quanto i nuovi orizzonti che si aprono verso Occidente: yiddish, ebraico, tedesco, inglese. A poco a poco si trovano uno spazio nella vita di questa nuova realtà. Ne è testimone, ad esempio, la prima ebrea femminista, Ernestine Rose nata a Potovsky nel 1810, immigrata nel 1836 in America- era di origine polacca e veniva da un ambiente ortodosso. Prima ancora, nel 1730, era sorta a New York la prima sinagoga del paese, di rito sefardita. Benché ancora nel 1776, all’epoca della dichiarazione d’Indipendenza, negli Stati Uniti vivessero meno di duemila anime di fede ebraica. E’ infatti il periodo compreso fra il 1880 e il 1920 a segnare una immigrazione massiccia, quale mai s’era vista fra le fila del popolo ebraico: due milioni di figli d’Israele in fuga dai pogrom e dalle tristezze dell’Est Europa passano in quei quarant’anni per Ellis Island.Molti di loro di fermeranno a Manhattan, nel Lower East Side. All’inizio degli Anni Venti gli ebrei sono il ventinove per cento della popolazione di New York: il maggiore gruppo etnico. Nel Bronx sono addirittura il trentotto per cento del totale. Di qui prendono le mosse la vera e propria “letteratura ebraico americana” cui Elena Mortara, studiosa e traduttrice di fama, dedica ora un interessante profilo storico. E’ una letteratura questa difficile da “confinare” entro generi, figure, persino la lingua. Basti pensare al fatto, tanto simbolico quanto personale, che ai primi anni Venti si stabilisce a Manhattan Sholem Aleichem: il maggior scrittore yiddish della modernità. La sua traversata dell’Oceano è in fondo il guado di tutta una letteratura e un mondo, appena prima che venga la catastrofe. Elena Mortara offre al lettore un percorso storico lineare che passa per Abraham Cahan, Michael Gold, Meyer Levin, Leo Rosten e tanti altri – fino alla Shoah. Va indietro nel tempo – come a quel1880 in cui venne fondata la Jewish PublicationSociety, un’istituzione fondamentale nel suo ruolo di tramite fra la cultura ebraica tradizionale e la modernità. La parte successiva del volume presenta dei saggi monografici, tutti legati al terreno storico sul quale il lettore si è addentrato insieme alla sua guida.Da “la shoah come cesura” al ruolo di Emma Lazarus – pioniera della letteratura ebraica americana – al senso della cultura yiddish oggi. E’ in sostanza un ottimo vademecum – e approfondimento – per quel lettore italiano che è arrivato al mondo ebraico proprio tramite questa letteratura, da Singer a Bellow, da Malamud a Henry (ma anche Philip) Roth. Uno sguardo retrospettivo e una finestra letteraria dalla vastità inattesa, ancora da scoprire. Elena Loewenthal |
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