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Informazione Corretta Rassegna Stampa
28.08.2006 Una analisi falsata da opportune amnesie
Federico Steinhaus risponde a Sergio Luzzato

Testata: Informazione Corretta
Data: 28 agosto 2006
Pagina: 1
Autore: Federico Steinhaus
Titolo: «Gerusalemme davanti al diritto internazionale»

Sergio Luzzatto si avventura in una polemica divenuta oramai inattuale, superata dagli eventi, per dimostrare - codici di diritto internazionale alla mano - che Israele avrebbe violato le norme di diritto umanitario scegliendo una risposta “non proporzionale” al casus belli scatenato da Hezbollah.

 

Ma Luzzatto pecca di scarsa obiettività. Pur inserendo nelle sue argomentazioni la constatazione oramai innegabile che Hezbollah ha commesso una illegalità piazzando le sue armi in mezzo alle zone fittamente abitate dai civili, e che a causa di ciò Israele non ha potuto separare gli obiettivi militari da colpire dalle  installazioni civili da risparmiare, Luzzatto omette alcune altre constatazioni altrettanto innegabili che potrebbero spostare il giudizio dei lettori a favore di Israele.

 

1)       Il casus belli iniziale non è consistito nel rapimento su territorio israeliano di due militari, ma in un agguato (in territorio israeliano) ad una squadra in perlustrazione e nell’uccisione di 8 militari; il rapimento è stato solo la conclusione di questa operazione. Inoltre questo episodio è stato preceduto per anni, senza reazioni militari adeguate da parte di Israele, in lanci di missili su località israeliane abitate solo da civili, i cui abitanti dovevano trascorrere giornate intere nei rifugi per salvarsi la vita.

 

2)       L’aviazione israeliana ha fatto quasi sempre precedere i bombardamenti sulle località abitate (Beirut, Tiro, Baalbek, ecc.) da lanci di volantini in arabo che invitavano la popolazione ad abbandonare le case nell’imminenza dell’attacco. Crediamo che neppure un acuto analista come Luzzatto saprebbe citare un altro esercito che nella storia abbia preavvisato la popolazione ed il nemico di dove e quando avrebbe colpito.

 

3)       Infine, e questo è un punto centrale della nostra argomentazione, in tutto l’articolo non viene fatto il minimo cenno al fatto che Hezbollah, per un mese, abbia lanciato migliaia di missili e razzi su luoghi abitati con il preciso e dichiarato intento di colpire i civili. Se per ipotesi Israele avesse veramente violato, in maniera non intenzionale, la Convenzione di Ginevra e quant’altro Luzzatto elenca a difesa dei civli nelle operazioni militari, cosa si dovrebbe dire di Hezbollah che queste violazioni le ha commesse intenzionalmente, a freddo e con sistemi di massa?

 

Una coincidenza del tutto casuale ci induce a delineare un parallelo, forse improprio sotto il profilo logico ma certamente calzante dal punto di vista della percezione epidermica.

 

La cronaca del Corriere della marcia pacifista di Assisi mette in evidenza la presenza fortemente dissonante di chi inneggiava a Hezbollah ed a Nasrallah, di chi si proclamava apertamente antisraeliano, di chi pochi giorni prima aveva paragonato Israele al nazismo e Hamas/Hezbollah ai partigiani antinazisti.

 

Da questo punto di vista lo squilibrio palese, vorremmo dire urlato, fra certe analisi falsamente sagge e certi resoconti falsamente equilibrati e la realtà dei fatti non è molto diverso dalla propaganda di odio che proviene da coloro che si autodefiniscono amanti della pace ma in realtà puntano alla sparizione di Israele. La pericolosità di questi ultimi è marginale, tenuta a bada da imponenti maggioranze che guardano al mondo senza paraocchi, mentre la pericolosità dei primi che è invece più subdola proprio perché ammantata di ipocrisia.

Di seguito, l'articolo di Luzzato pubblicato dal CORRIERE della SERA del 27 agosto 2006:

Da quando la guerra si è riaccesa in Libano, molti commentatori hanno detto la loro intorno al carattere più o meno «proporzionato» della reazione militare di Israele alle azioni terroristiche di Hezbollah.
Alcuni hanno giudicato la risposta israeliana di gran lunga eccessiva rispetto all'iniziale casus belli del rapimento di due soldati alla frontiera. Altri l'hanno giudicata del tutto adeguata alla gravità della minaccia di Hezbollah. E i più granitici sostenitori di Israele hanno ironizzato sull'opportunità stessa di misurare col bilancino la «proporzione» o la «sproporzione» della sua risposta armata.
Tuttavia, pochi commentatori (almeno in Italia) hanno sottolineato il fatto che il concetto di proporzionalità, lungi dal ridursi a una faccenda di sensibilità politica, o addirittura di gusto lessicale, rappresenta una nozione portante in una precisa sfera del diritto: il diritto internazionale umanitario, cioè quella parte del diritto internazionale che regola lo svolgimento dei conflitti armati.
Sia nello spirito delle convenzioni di Ginevra del 1949 e dei loro protocolli addizionali del 1977, sia nella pratica del diritto internazionale umanitario, il principio della proporzionalità obbliga le parti in conflitto a misurare a priori il rapporto fra l'asserita necessità di un'operazione militare e i possibili effetti di essa sul piano umanitario. Se un'operazione è suscettibile di causare la morte o il ferimento di numerosi civili, o gravi danni alle infrastrutture civili del nemico, allora tale operazione va scartata in quanto militarmente eccessiva, e dunque illegale. D'altra parte, lo spirito e la pratica del diritto internazionale umanitario vietano di impiegare i propri civili come scudi umani a protezione dei propri arsenali.
Se si analizza il conflitto nel Libano meridionale da questo punto di vista, il giudizio sui comportamenti di Israele e di Hezbollah può guadagnare in serietà e in fondatezza. Su tali basi, risulta infatti chiaro che Hezbollah ha infranto il diritto internazionale umanitario almeno in un modo: disseminando le proprie armi, oltreché in bunker previsti allo scopo, tra gli edifici pubblici e tra le case private, così da rendere virtualmente impossibile a Israele di colpire obiettivi militari senza sacrificare la vita dei civili.
Inoltre, come documentato da Amnesty International in un rapporto del 23 agosto, risulta chiaro che Israele ha infranto il diritto internazionale umanitario in una varietà di maniere. Lo ha infranto compiendo attacchi militari tanto indiscriminati da causare la morte di oltre 1.100 civili libanesi, fra cui centinaia di bambini. Lo ha infranto distruggendo quartieri di Beirut e villaggi del Libano meridionale visibilmente privi di qualsivoglia importanza strategica. Lo ha infranto bombardando sistematicamente le infrastrutture necessarie alla sopravvivenza della popolazione civile: centrali di pompaggio e di depurazione dell'acqua, centrali elettriche, stazioni di benzina, supermercati, perfino ospedali. Lo ha infranto colpendo (in almeno due casi) convogli umanitari che trasportavano verso il Libano scorte di viveri e di medicine.
Difficilmente tutto ciò può venire registrato sotto la rubrica dei «danni collaterali», secondo l'eufemistica formula del gergo militare entrata ormai nel linguaggio corrente. Tutto lascia credere che il governo di Israele abbia perseguito una politica coordinata di distruzione delle infrastrutture e di demoralizzazione dei civili, nella speranza di spingere il governo e la popolazione del Libano a rivoltarsi contro Hezbollah quale responsabile indiretto del disastro. Tale politica configura in se stessa una violazione del diritto internazionale umanitario, che comprende fra i propri capisaldi, oltre al principio della proporzionalità, il principio della distinzione fra obiettivi militari e obiettivi civili.
Resta naturalmente da decidere che cosa lo Stato di Israele possa e debba fare in concreto, per difendersi dagli attacchi terroristici alle proprie frontiere. Ma è permesso fin d'ora dubitare che la violazione ripetuta e sistematica del diritto internazionale umanitario rappresenti una buona soluzione del problema.
Attacchi militari indiscriminati hanno ucciso oltre 1.100 civili La risposta al terrorismo non può essere la violazione delle leggi

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