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La Stampa Rassegna Stampa
25.08.2006 Se Hezbollah non sarà disarmato, inevitabile una nuova guerra
intervista di Fiamma Nirenstein a Tzipi Livni

Testata: La Stampa
Data: 25 agosto 2006
Pagina: 5
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Tzipi Livni «Col Libano ostaggio di Hezbollah»»

Da La STAMPA del 25 agosto 2006:

Il giro d'Europa della ministra degli Esteri israeliana Tzipi Livni ha l'aria di uno di quegli esercizi spirituali per rendere l'anima bella: l'Europa e l'Onu non sono mai stati i migliori amici d'Israele, ma Tzipi cerca con la pazienza e l'umiltà di renderli partner di un processo oltremodo difficile. Intanto lei, che fa parte con altri due personaggi, ovvero il primo ministro (Olmert) e il ministro della Difesa, dei politici più importanti e più discussi, appare intelligente, stanchissima, decisa. Livni che fu la più fedele sostenitrice di Sharon al tempo dello sgombero, quando tutti lo abbandonavano, crede nelle svolte storiche. Anche adesso. Probabilmente nel suo stile un po’ didascalico, dolce e determinato, si può anche leggere la scelta di un governo in pericolo che non si sente di imporre le proprie scelte, che sa di giocare su un terreno molto delicato ma anche che la carta che ha in mano - quella della difficilissima sfida del disarmo degli Hezbollah da parte dell'esercito libanese e della forza internazionale che per ora annaspa tra indecisione e paura - è l'unica. O la rivoluzione, o la sconfitta. O la sfida di giocare l'indispensabilità del mondo di combattere, alla fine, il terrorismo, o l'affondare nelle critiche interne sulla conduzione della guerra, che fioccano spietate.
Signora ministra, l'ho vista alla conferenza stampa con D'Alema. Non ha problemi col ministro che è andato a braccetto, in senso fisico, con gli Hezbollah, e che su Israele ha preso spesso posizioni dure, anche negli ultimi tempi?
«Oggi la Comunità internazionale, noi israeliani e anche il presidente Fuad Siniora abbiamo tutti gli stessi interessi: realizzare la risoluzione 1701. E' una congiunzione straordinaria che può aprire la strada di un nuovo futuro per il Medio Oriente. Alla fine di questo processo gli Hezbollah, una forza integralista islamica e terrorista pilotata dall'Iran, non dovranno più esistere. Il problema dunque, non è come mi sento, ma quanto si riesce a realizzare il progetto contenuto nella 1701. Per questo, dato che il progetto deve tradursi in azione, è logico che noi ci interessiamo e discutiamo con chi è collegato a questo grande progetto».
Scusi ministra, ma la risoluzione 1701 in origine porta ben chiaro il punto del disarmo degli Hezbollah, mentre oggi in tutta la discussione sul quando, il come, il chi, le regole di ingaggio, questo punto indispensabile perché per voi la risoluzione abbia un senso, è assai impallidito.
«Non è vero: gli obblighi della risoluzione, rilasciare i rapiti, dispiegare l'esercito libanese, inviare una forza internazionale effettiva e armata, bloccare l'ingresso delle armi e smantellare gli Hezbollah sono tutti quanti punti ben chiari. Questa sarà la conclusione di un processo, e noi ci aspettiamo che lo si realizzi e lavoriamo per questo».
Capisco. Lei ha fiducia nella risoluzione. E questa fiducia la spinge a questo viaggio in un continente che non sembra aver mai tenuto davvero in mano le chiavi del processo di pace, anzi... Non è rischioso?
«Viaggio con buone ragioni. Abbiamo risposto alla proposta internazionale del cessate il fuoco pensando che se alle parole succedereà l'azione, questo rappresenterà una grande opportunità di modificare un elemento di grande turbativa nel Medio Oriente, la presenza degli Hezbollah che sono un motore e una calamita di disordine internazionale. Ma sia ben chiaro anche che noi non abbiamo chiesto aiuto a nessuno, noi non abbiamo bisogno di nessuno che ci difenda, sappiamo badare molto bene a noi stessi».
Signora Livni, se la forza di pace non disarmerà Nasrallah, se il confine con la Siria resterà aperto, se vedrete che il progetto non funziona, lei pensa che ci sarà presto un'altra guerra?
«Non lo so, è presto per dirlo, i prossimi giorni lo riveleranno. Noi siamo avvezzi alla guerra, siamo un popolo assediato dal 1948, affronteremo ciò che è necessario per salvaguardare la nostra esistenza. Ma guardiamo al momento attuale: esistono due possibilità. E' la prima volta, dopo anni di predominio degli Hezbollah nel Sud del Libano, che c'è l'impegno scritto, del mondo intero, nel dispiegare l'esercito libanese; e la prima volta che si sta organizzando una forza internazionale che prenderà cura della realizzazione della legalità. Questo distrugge gli Hezbollah, tanto più adesso, che con la guerra li abbiamo indeboliti».
L'altra possibilità?
«L'altra possibilità e che non cambi niente e che lo Stato libanese resti ostaggio consenziente degli Hezbollah, che rappresentano gli interessi iraniani e siriani. In questo caso, riprenderanno gli attacchi. Se questo accadrà, il nostro messaggio è: abbiamo cercato di preservare l'autorità del governo Libanese e di attaccare solo gli Hezbollah. C'è una possibilità per il Libano di fare qualcosa di veramente importante per il proprio popolo, di chiudere con gli Hezbollah. Se questo non dovesse avvenire, Israele si ritiene libero di difendersi da uno Stato nemico. Affronteremo in quel caso il Libano, come Stato, e Israele vincerà».
La vostra guerra è oggi oggetto di una discussione devastante. Qual è la sua opinione sulla conduzione del conflitto? Cosa avete sbagliato, se avete sbagliato?
«Questo è l'oggetto di una seria disamina e inchiesta sui fatti, i risultati li vedremo nel prossimo futuro, nei risultati della prossima verifica minuziosa che con la dovuta trasparenza saranno consegnati al pubblico».
Pensa che il governo sia in pericolo?
«Non so ancora, ma lo capiremo presto».
Che pensa dei riservisti?
«Noi siamo tutti riservisti, siamo tutti soldati che servono, verificano, controllano, combattono. La loro critica è legittima, la democrazia è fatta anche di questo. Correggeremo gli errori».
E' preoccupata?
«Noi lo siamo ogni giorno, in un Paese che per sessant'anni combatte per la propria vita. Ma il pericolo di oggi non è maggiore di quelli del passato. Sapremo superare anche questo».
E' vero che sta verificando se sia possibile immaginare un accordo di pace con la Siria?
«Non è vero. La Siria è uscita meno di due anni fa dal Libano, bisogna verificare che non ci rientri dalla porta posteriore, ha un ruolo del tutto negativo perché ospita e mantiene gruppi terroristi, e seguita a fornire armi agli Hezbollah. Bisogna per ora tenere a bada la sua abilità di far danno».
Ministra, pensa che lo scontro con l'Iran nucleare sia inevitabile?
«La Comunità internazionale afferma di voler respingere la nuclearizzazione iraniana, ma non ha ancora tentato tutto quello che può: occorre presto una decisione di sanzioni significative. Ahmadinejad sta soltanto cercando di guadagnare tempo, e questo, non si deve accettarlo. Non si deve credere altro che alla cosa basilare che dice: che non vuole smettere con l'arricchimento dell'uranio. E dobbiamo sapere bene che questo porterà alla bomba atomica, un pericolo mortale per tutti».
In che stato è il rapporto con i palestinesi?
«Appena la vicenda libanese si sarà assestata, cercheremo di riprendere la strada nel rapporto con i palestinesi, che non è un problema internazionale, ma fra noi e loro. Purtroppo è una strada molto difficile data la presenza di Hamas, che pratica violenza e terrore, al governo».
Riprenderete il programma di ritiro dalla Cisgiordania su cui siete stati eletti?
«Ripeto: un po’ di pazienza, come vede siamo molto impegnati. Ben presto, riformuleremo i nostri piani per il futuro».

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