Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Il dissidente iraniano Mohsen Sazegara chiede sanzioni contro il regime per indurre il clero a ribellarsi
Testata: Corriere della Sera Data: 23 agosto 2006 Pagina: 9 Autore: Vviana Maza Titolo: «Con sanzioni forti il clero si ribellerà a Khamenei»
Dal CORRIERE della SERA del 23 agosto 2006:
Le dichiarazioni aggressive e provocatorie del presidente Mahmoud Ahmadinejad nei confronti della comunità internazionale non solo l'unico volto dell'Iran. All'interno del campo conservatore, che domina la scena politica iraniana, secondo alcuni esperti, molti non condividono l'atteggiamento di sfida di Ahmadinejad. Da una parte ci sono il presidente, l'ayatollah Yazdi suo mentore, l'ayatollah Jannati, capo del Consiglio dei Guardiani, e l'élite militare e paramilitare. Non temono sanzioni né uno scontro con l'Occidente. Il giornalista iraniano Hossein Bastani li chiama «neocon». Mohsen Sazegara, uno dei fondatori delle Guardie della Rivoluzione, poi dissidente e ora professore in visita ad Harvard li definisce «fascisti». Dall'altra parte c'è il clero «tradizionalista», gli ayatollah al potere sin dalla rivoluzione islamica. Questi ultimi controllano 90 seggi in Parlamento, contro i 120 dei fondamentalisti. E sono più pragmatici e più preoccupati dalle conseguenze della crisi tra l'Iran e la comunità internazionale, afferma Sazegara. «Tutti condividono l'idea del diritto dell'Iran all'energia nucleare — dice l'esperta di politica iraniana Ayelet Savyon del Middle East Media Research Center —. Ma i conservatori più tradizionalisti, più vicini all'ex presidente Rafsanjani, hanno molto da perdere. Vogliono che l'Iran diventi una potenza nucleare e allo stesso tempo essere riconosciuti, non isolati come uno Stato terrorista». «Neppure i conservatori più pragmatici si fidano della comunità internazionale, ma temono le conseguenze della crisi — dice Bastani —. Cercano di negoziare sul dossier nucleare il più a lungo possibile, sperando di ottenere un via libera dalla comunità internazionale». L'ex presidente Rafsanjani, vicino al campo tradizionalista, verrebbe danneggiato pesantemente da eventuali sanzioni, aggiunge Savyon. Possiede infatti 36 società che gestiscono il petrolio iraniano. «Rafsanjani è un uomo potente — aggiunge —. Tre mesi dopo l'elezione di Ahmadinejad, Khamenei lo ha posto nel ruolo di numero due della struttura di potere (dopo se stesso e al di sopra del presidente)». Sazegara però sostiene che l'influenza di Rafsanjani è relativa, perché è la Guida Suprema a detenere almeno l'85% del potere. Khamenei, spiega Sazegara, «ha sostenuto finora Ahmadinejad e sembra pronto ad andare avanti col nucleare, anche perché si attende sanzioni leggere. Ha nominato Ali Larijani a capo del Consiglio supremo di sicurezza presentandolo come l'uomo che dovrebbe parlare per i tradizionalisti. Ma Larijani obbedisce in realtà a Khamenei». A questo punto, molto dipende dalla comunità internazionale, dice lo studioso. «Gli ayatollah tradizionalisti sono finora rimasti dalla parte di Khamenei pur temendo le sanzioni e la guerra. Ma se la comunità internazionale imponesse sanzioni forti come il controllo dei proventi del petrolio, il clero si ribellerà. Diventeranno dissidenti. E si avvicineranno di più a Rafsanjani. Khamenei potrebbe ritrovarsi solo».
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