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Gli ebrei al tempo delle crociate – Simon Schwarzfuchs Casa Editrice: Jaca Book Tra fortezze munite di possenti bastioni, cittadine con vicoli senza sole, cavalieri arroganti e soldati affamati, la cornice pare quella di un racconto gotico. E, in effetti, il Medioevo che affiora dalle pagine di queste cronache ebraiche vecchie di quasi mille anni ricorda i toni foschi e sanguinari delle finzioni d’età romantica. Eppure non si tratta di letteratura d’evasione, ma di documenti raccolti poco dopo eventi storici reali. Simon Schwarzfuchs, professore emerito dell’Università Bar-Ilan in Israele, riassume le testimonianze ebraiche delle crociate per il lettore non specialista, e ne ripercorre l’inventario di orrori: un capitolo di storia quasi sempre taciuto o messo frettolosamente da parte. La lettura del volume di Schwarzfuchs aiuta a comprendere meglio il tormento da cui nasce il destino europeo, non una semplice opposizione tra Oriente e Occidente ma piuttosto un procedere per sussulti, un erompere di violenza che l’Europa ha rivolto innanzitutto contro se stessa. Le crociate sono ancor oggi considerate un momento fondamentale nella costruzione dell’immaginario collettivo del continente, ma ci si sofferma raramente sull’ondata di massacri che accompagnò il cammino dei cavalieri verso il Santo Sepolcro. Proclamata da papa Urbano II nel novembre 1095, la prima crociata si proponeva di liberare i luoghi santi dagli “infedeli” musulmani. Ma a fare le spese di questo grandioso progetto, in cui la religione si mescolava al desiderio di espansione economica verso est, furono innanzitutto gli “infedeli” della porta accanto, e cioè gli ebrei che da centinaia di anni vivevano nelle città della valle del Reno e della Boemia. Un cronista ebreo mette in bocca ai crociati una sorta di discorso programmatico: “Rischiamo la nostra vita per annientare tutte le nazioni che non credono nel Crocifisso. Ora, sono gli ebrei che l’ hanno ucciso e crocifisso…o abbandonano la loro legge o li stermineremo”. E fu una minaccia non solo verbale. Tra il maggio e il luglio 1096, centinaia di ebrei vennero trucidati, soprattutto a Worms e a Magonza. Mentre le fonti cristiane dell’epoca sono, a questo proposito, assai reticenti, quelle ebraiche forniscono ampi dettagli e portano alla luce una nuova e inaspettata concezione del martirio.Minacciati di morte se non si fossero convertiti, molti si risolsero al gesto estremo di togliersi la vita, giungendo a uccidere per primi i propri figli. Questi episodi di auto-annientamento collettivo, che tornano ripetutamente nelle cronache, paiono in contrasto con la tradizione rabbinica che proibisce il suicidio. Con la conquista di Gerusalemme, il 15 luglio 1099, cominciò una nuova fase della storia del mediterraneo. Anche il giudaismo fu costretto a voltare pagina. L’odio che aveva decimato le comunità renane metteva fine alla relativa quiete religiosa dell’alto Medioevo.Nei secoli successivi, gli ebrei d’Europa, e in particolar modo quelli tedeschi, sarebbero stati costretti a sviluppare anche l’identità negativa del martirio. Giulio Busi Il Sole 24 Ore |
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