Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Farian Sabahi prova ancora a rassicuraci sull'Iran ma non ci convince
Testata: Corriere della Sera Data: 22 agosto 2006 Pagina: 9 Autore: Viviana Mazza Titolo: «Il misticismo di Ahmadinejad? Ahmadinejad?«Solo una mossa demagogica»»
In un'intervista a Viviana Mazza (che la conduce in modo piuttosto acritico) pubblicata dal CORRIERE della SERA del 22 agosto 2006, Farian Sabahi ripropone la sua minimizzazione della minaccia iraniana (la nostra critica alle sue tesi, già espresse in un precedente articolo, si trova qui) Ecco il testo:
Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad si è presentato al mondo e al suo popolo come un uomo profondamente credente, per il quale la religione è al di sopra di ogni cosa. Vive in modo austero, fa generosamente beneficenza. Grande privilegio, sarebbe entrato in contatto con il Mahdi, che per gli sciiti è il Messia destinato a portare giustizia eterna sulla Terra. Ma forse tutta questa esagerata devozione non è che una mossa demagogica. Lo suggerisce Farian Sabahi, docente di Islam e Democrazia all'Università di Torino e autrice di Storia dell'Iran. Sabahi sposa la tesi dell'hojatoleslam Mohsen Kadivar, che il 23 settembre sarà ospite della manifestazione «Torino spiritualità». «Kadivar ritiene che quello di Ahmadinejad sia un bluff. Chi è davvero credente non lo mostra così tanto. Chi ha il raro privilegio di incontrare il Mahdi non va certo a dirlo in giro». Le scelte di vita di Ahmadinejad dimostrano che è «pio»: quando era sindaco di Teheran vendette la nuova casa che gli fu data e diede i soldi in beneficenza. Ma sono anche scelte politiche. «È sposato con la figlia dell'ayatollah Jannati, capo del Consiglio dei Guardiani che verifica l'aderenza ai principi islamici sia dei candidati alle elezioni (presidenziali e politiche) sia delle leggi promulgate dal Parlamento, su cui ha diritto di veto. Il suocero di Ahmadinejad è molto potente. Si sa che Ahmadinejad è un uomo devoto ma non è detto che non si tratti solo di un modo per attirare le simpatie del pubblico». Perché ne ha necessità? «Perché non è un Seyed, un discendente del Profeta. Non ha le credenziali di Khatami, l'ex presidente, che essendo un Seyed indossava il turbante nero. E non è un membro degli ulema, i religiosi. Le sue uniche credenziali sono di essere il figlio di un umile fabbro diventato presidente, a dimostrazione che gli ideali della rivoluzione sono veri. Ma la religione ha una sua importanza agli occhi della gente in Iran». Però nel libro «Confronting Iran», Ali Ansari sostiene che la secolarizzazione del Paese è inarrestabile e che Ahmadinejad si illude se crede di conquistare gli iraniani con il suo misticismo. «Indubbiamente, essendo la religione imposta dall'alto, molti non hanno voglia di praticarla e le moschee sono spesso vuote. Ma è anche vero che la Teheran borghese ha abitudini diverse dal resto del Paese. Sicuramente c'è un movimento laico, ma c'è anche una religiosità diffusa». Crede che grazie alla sua religiosità Ahmadinejad abbia conquistato consensi? «Non è questa la ragione del suo successo, che deriva dalla minaccia esterna nei confronti del Paese. Ahmadinejad è stato eletto perché l'Iran era sotto pressione, già nel giugno 2005. È il risultato della crisi interna (corruzione, disoccupazione e inflazione reale al 25%) e della questione nucleare. Da una parte la gente è arrabbiata perché non ha cambiato le sorti del Paese. Dall'altra, sta conquistando consensi difendendo il diritto dell'Iran al nucleare. Non è la sua devozione, sono le pressioni internazionali a rendere Ahmadinejad popolare».
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