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La Stampa Rassegna Stampa
21.08.2006 Siniora accusa Israele di crimini di guerra
ma la realtà è ben diversa

Testata: La Stampa
Data: 21 agosto 2006
Pagina: 3
Autore: Yariv Gonen
Titolo: «Siniora: Israele colpevole di crimini contro l'umanità»
Di seguito dalla STAMPA del 21 agosto 2006, un articolo di Yariv Gonen, che correttamente riporta le accuse di Fuad Siniora a Israele, ma anche le spiegazioni a  suo tempo fornite dal quest'ultimo sulla necessità militare dei bombardamenti sui quartieri sciiti di Beirut, come pure le valutazioni di Tsahal sul numero dei morti libanesi che facevano parte di Hezbollah.
Non altrettanto corretto il titolo, riservato alle calunnie di Siniora.
Ecco il testo:


Accompagnato dal presidente del parlamento Nabih Berri, il primo ministro libanese Fuad Siniora ha ieri compiuto un primo sopralluogo nei rioni a Sud di Beirut rasi al suolo da sistematici bombardamenti israeliani e ha accusato lo Stato ebraico di essersi macchiato di crimini di guerra. «Quel che vediamo qua - ha detto Siniora rivolto alle telecamere - è l’immagine dei crimini compiuti da Israele. Non c'è altra definizione che quella di un atto criminale che dimostra l'odio che Israele nutre nei nostri confronti».
In Israele quei bombardamenti sono stati spiegati con la necessità di neutralizzare un complesso sistema di bunker scavati, con l'aiuto di esperti iraniani, da Hezbollah, la milizia - di Hassan Nasrallah - più forte del Libano, più forte stessa dell'esercito nazionale. Sui bunker sono stati costruiti alti edifici, aggiunge Israele, per impedire possibili bombardamenti avvenuti solo dopo che la popolazione è stata costretta a fuggire.
Mentre Siniora e Berri si facevano strada fra le macerie del rione Dahya, il ministro della difesa Elias Murr ha lanciato un deciso avvertimento a chiunque in Libano pensasse per ragioni disparate di proseguire la lotta contro Israele, ignorando la risoluzione 1701 delle Nazioni Unite. «Ogni violazione della tregua - ha detto Murr in una conferenza stampa - sarà considerata un atto di collaborazione col nemico, perché offrirebbe a Israele il pretesto per nuove aggressioni». «Visto che la Resistenza (Hezbollah ndr) si è impegnata a non lanciare altri razzi - ha ragionato - ogni lancio su Israele sarebbe considerato un tradimento e i responsabili saranno deferiti alla Corte marziale».
Negli ultimi giorni, ha riferito ieri il giornale «an-Nahar», le forze nazionali libanesi si sono dislocate non solo nel Libano Sud per la prima volta in 30 anni ma anche lungo il confine fra Libano e Siria per impedire possibili consegne di armi a Hezbollah. Proprio per impedire eventuali consegne, Israele ha lanciato nella notte di venerdì un blitz a Budai (Baalbek) che si è concluso con un aspro scontro a fuoco. Fra Libano e Siria, afferma «an-Nahar», ci sono almeno 60 valichi da dove potrebbero passare armi per la guerriglia, in contrasto con la richiesta internazionale di un embargo.
Nel Libano del Sud i miliziani Hezbollah, molto più efficienti delle strutture statali, sono già impegnati a distribuire migliaia di dollari agli abitanti che hanno perso la loro casa nei combattimenti con Israele e a tornare a organizzare il loro sistema avanzato di villaggi-bunker a ridosso della Galilea. Per il momento i caschi blu delle Nazioni Unite sono ancora in fase organizzativa e dunque nessuno disturba i lavori di costruzione. Murr ha inoltre detto agli Hezbollah che il disarmo di quella milizia potrà essere affrontato solo quando avranno trovato soluzione altre questioni impellenti rimaste sul tavolo: il ritiro dei soldati israeliani dalla estremità meridionale del Libano, la liberazione dei libanesi detenuti in Israele e dei due soldati israeliani tenuti in ostaggio dagli Hezbollah e infine la soluzione delle contese «Fattorie Sheba», un fazzoletto di terra alle pendici del Monte Hermon nel Golan siriano.
Gli Hezbollah sanno che almeno nei prossimi mesi nessuno cercherà seriamente di disarmarli. Ieri alcuni guerriglieri hanno condotto un inviato di «al-Jazeera» all'interno di Ayta a-Shaab, un villaggio del Libano Sud a pochi chilometri dalla Galilea dove per giorni sono infuriati duri combattimenti con i soldati israeliani. Hanno mostrato i bunker scavati sotto le case e i sistemi di comunicazione allestiti nel villaggio.
Non lontano, a Deir Quanun, roccaforte Hezbollah, si sono svolti intanto i funerali di alcuni miliziani uccisi in guerra. Il movimento sciita ha colto l’occasione per una nuova prova di forza, con grande sventolio di bandiere. Secondo la stampa libanese, in un mese di guerra sono stati uccisi 1287 libanesi, fra cui 74 guerriglieri Hezbollah, 17 di Amal, 43 militari e agenti di polizia libanesi e il resto civili. Israele sostiene che in realtà i caduti di Hezbollah sono oltre 530.

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