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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
13.08.2006 Il proclama antisemita di Jostein Gaarder
noto scrittore norvegese

Testata: Corriere della Sera
Data: 13 agosto 2006
Pagina: 8
Autore: Maria Serena Natale
Titolo: «Proclama antisemita dello scrittore Rivolta contro Gaarder il pacifista»
Dal CORRIERE della SERA del 13 agosto 2006:

Il mondo di Jostein va in frantumi. Aveva conquistato i lettori con la favola della piccola Sofia che sotto i cieli bianchi di Norvegia impara a stupirsi dell'umano e di ogni soffio del creato; ha passato anni a studiare e far conoscere gli incroci tra le rotte del pensiero e dello spirito; ora smette le vesti dell'uman-pacifista per soccombere alle accuse di antisemitismo militante.
Tutto in poche ore. Sabato 6 agosto il quotidiano norvegese Aftenposten pubblica un'aspra critica alla condotta israeliana in Libano intitolata Il popolo eletto. Firma illustre, lo scrittore-eroe nazionale Jostein Gaarder, autore de Il mondo di Sofia
(in Italia Premio Bancarella '95). Tradotti in inglese e tedesco, estratti dell'articolo fanno il giro del web e innescano la miccia. Gaarder spara a zero sugli ultimi trentanove anni di politica israeliana, condannandone la carica ideologica: «Israele vuole di più. Più acqua, più terra. E per raggiungere il traguardo, nello Stato ebraico c'è chi non disdegnerebbe una soluzione finale del problema palestinese».
La prima a scendere in campo è la giornalista Mona Levin, ebrea norvegese «laica e contraria alla politica israeliana»: «Come resistere a tentazioni reazionarie? Quello di Gaarder è lo scritto più osceno che abbia incontrato dal Mein Kampf.
L'autore si dichiara amico degli ebrei. Con amici così, non abbiamo bisogno di nemici».
I giornali tedeschi riportano i passaggi più roventi. La Berliner Zeitung traduce: «Il Medioevo è ormai alle spalle. Fanno ridere certe pretese da popolo eletto di avere mandato divino all'assassinio». E commenta: «Per Gaarder sarà naturale riprendere lo stile del Profeta Amos ma, come i toni del Vecchio Testamento tremila anni dopo, anche le sue parole possono risultare di difficile comprensione». La stampa israeliana rincara la dose. Il sito web del quotidiano progressista Haaretz scrive indignato: «Per Jostein Gaarder Israele ha perso il diritto di esistere. L'intellettuale paragona il governo israeliano al regime talebano in Afghanistan e alla politica dell' apartheid in Sudafrica. E ne profetizza la fine». Sui fiordi è tempesta. «Se avessi letto l'articolo prima della pubblicazione — riflette l'esperta di Medio Oriente Hilde Henriksen Waage — avrei dato a Gaarder un consiglio: trovati una scorta, prenditi un avvocato e lascia il Paese».
«Sono uno scrittore — risponde Gaarder al Corriere —, ho il diritto di criticare scelte politiche e alzare la voce quando il mondo brucia. Amos profetizzò il castigo che Jahve avrebbe inflitto a Israele corrotta. Oggi è l'aggressività della macchina da guerra israeliana il primo pericolo per Gerusalemme.
Non possiamo tacere di fronte alle stragi di civili. È Israele ad aver tradito i principi sui quali fu fondata nel 1948. Il concetto fondamentale del mio scritto era il riconoscimento: non riconosco questa
Israele. Lo Stato del 1967 non è lo stesso del 1948». Potenza terribile della parola, in una terra dove l'interpretazione conta più del fatto.
«Gaarder gioca con il linguaggio in modo irresponsabile — attacca Odd-Bjørn Fure, professore di Storia e direttore del Centro studi sull'Olocausto sorto un anno fa a Oslo, in quello che tra 1940 e '45 fu il quartier generale del governo collaborazionista —. Lamenta di essere stato frainteso? Il passo da "Non riconosco più Israele" a "Israele non esiste" è breve. Aggiornamenti lessicali come "soluzione finale della questione palestinese" sono intollerabili ».
Sul forum di Aftenposten, strali di lettori furiosi. «Come fa un giornale serio a pubblicare questa roba?». «Quando ho letto l'articolo non sapevo se ridere o piangere: per un presunto intellettuale incapace di leggere il mondo e un minuscolo popolo bersaglio di idioti e bigotti».
Mentre il telefonino di Mona Levin ribolle sotto il fuoco degli sms: «Israele dovrebbe essere rasa al suolo»; «Gaarder ha ragione. Come Hitler».
Lei commenta esausta: «Non avrei mai pensato di dare il via a tutto questo».
Intanto il testo è passato a giornali e siti web arabi.
«Ho contattato Gaarder per chiedergli l'autorizzazione a tradurlo ma non ho avuto risposta — spiega lo scrittore Walid al-Kubaisi, rifugiato iracheno in Norvegia —. Mi sono sentito in dovere di inviarne una versione a Iraq, Egitto, Libano, Siria, Giordania. Gli arabi devono sapere che un grande intellettuale figlio di una società luterana soffre con loro. Un giorno i norvegesi si meraviglieranno della loro reazione».
Nelle valli fuori Oslo, Gaarder non smette di pensare all'incendio. «L'articolo non doveva uscire dal Paese. Posso solo tradurlo personalmente e diffonderlo. Resto un umanista, convinto che il limite alle azioni dell'uomo sia l'uomo stesso».

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