Gli inganni di Hezbollah a uso e consumo della stampa europea
Testata: Libero Data: 13 agosto 2006 Pagina: 10 Autore: Lorenzo Mottola Titolo: «Con queste foto gli Hezbollah ci prendono in giro»
Da LIBERO del 13 agosto 2006:
MILANO "Uso improprio del computer per ritoccare alcune foto". L'agenzia di stampa Reuters ha provato con queste parole a minimizzare quanto scoperto in questi giorni da un pugno di blogger americani sulle foto in arrivo dal Libano. In poche parole, le immagini venivano ritoccate ad arte, le informazioni venivano distorte e in alcuni casi del tutto inventate. Lo scandalo nasce da una banale foto scattata dal poco noto fotografo Adnan Hajj e riportata dalla Reuters. Per rendere più impressionanti gli effetti di un bombardamento sopra la capitale libanese alcune nuvole di fumo erano state maldestramente annerite con il computer. In poco tempo è cominciata la caccia alla foto taroccata: e l'inganno è stato scoperto. Decine di foto erano state visibilmente alterate sia nella forma che nei contenuti. LE MANIPOLAZIONI Una sequenza di foto, pubblicata dal New York Times, ritraeva "dei soccorritori intenti a estrarre un corpo dalle macerie di Tiro". Miracolo: lo stesso ragazzo appare in un'altra foto pochi minuti prima in piena forma. Facile immaginare che il ragazzo si sia prestato a un'assurda commedia ad uso e consumo dei media occidentali. Stesso procedimento è stato usato per l'ormai celebre "urlatrice". Il 22 luglio scorso il fotoreporter mediorientale Hussein Malla riprendeva una donna in lacrime davanti alle rovine di casa sua. Il 5 agosto lo stesso Malla scattava una foto alla stessa donna, ancora in lacrime davanti alle rovine di casa sua. Due soluzioni: o la donna aveva ricostruito casa in fretta e furia nel giro di due settimane, oppure, anche in questo caso, qualcuno ci sta prendendo in giro. Sempre la stampa americana è cascata nel tranello teso dal fotografo Adnan Hajj. La copertina del settimanale U.S. News riportava in copertina qualche il mese scorso una foto di un miliziano davanti alle rovine di Beirut in fiamme. Il problema è che a bruciare non era la capitale libanese, ma molto più semplicemente un cumulo di spazzatura di imprecisata origine. Eclatante infine il caso della bambina palestinese uccisa, secondo i genitori, dai missili israeliani e il cui cadavere è stato mostrato ai fotografi dell'Associated Press mercoledì scorso. La piccola, è stato scoperto pochi giorni dopo, era deceduta in seguito a una caduta qualche ora prima del bombardamento. Il padre, secondo la stampa israeliana, sarebbe un militante di Hamas. GLI AUTORI L'agenzia di stampa Reuters, pochi giorni fa, ha ammesso gli errori e ha dato il ben servito a Adnan Hajj. Nella migliore delle ipotesi, il fotografo libanese ha cercato di rendere più spettacolare il suo lavoro per mettersi in luce, ma sulla cosa pesano numerosi dubbi. Hajj, secondo numerose fonti, sarebbe da sempre un sostenitore del partito Hezbollah, così come il suo collega Hussein Malla. Difficile immaginare, infine, che i genitori della bambina morta nella striscia di Gaza non si fossero accorti prima del bombardamento che loro figlia era morta e che gli israeliani non c'entravano nulla. Il caso più scottante resta tuttavia quello del bombardamento della città di Qana. I missili israeliani in quel caso centrarono un palazzo facendo 51 morti e 17 feriti. Tra i morti vennero contati 27 bambini. Nelle immagini arrivate in Europa, però, si nota un particolare inquietante: uno dei presunti soccorritori, secondo la stampa tedesca, sarebbe, infatti, un membro del partito Hezbollah, accorso sul luogo, come già aveva fatto nel 1996, per dirigere le operazioni ma soprattutto per fare in modo che le foto e le riprese fossero il più cruente possibili. LA DIFESA Reuters e Associeted Press si difendono: la colpa principale di queste manipolazioni non risiede in loro, ma in chi cerca in tutti i modi di usare la stampa occidentale a fini propagandistici. Jason Fritz, un fotografo americano, intervistato dal quotidiano israeliano Jerusalem Post, commentava qualche giorno fa: «Se queste accuse verranno comprovate questo verrà ricordato come un giorno triste per tutti noi». «È ovvio - continua - che tutte le mattine anch'io compro i giornali per vedere il lavoro dei miei colleghi da entrambe le parti del fronte ed è altrettanto ovvio che ci sarebbero ben altre fotografie da fare, se solo i fotografi spendessero meno tempo ritoccando le loro brutte foto e camminando per le strade del Libano». Cliccare sul link sottostante per inviare una e-mail alla redazione di Libero segreteria@libero-news.it