Una vittima del pacifismo Michele Brambilla sull'omicidio di Angelo Frammartino
Testata: Libero Data: 12 agosto 2006 Pagina: 1 Autore: Michele Brambilla Titolo: «Sì, Angelo ucciso dal pacifismo»
Da LIBERO del 12 agosto 2006:
Lo scrivo subito per evitare di essere frainteso: per Angelo Frammartino, il giovane volontario della Cgil ucciso l'altro ieri a Gerusalemme, non provo soltanto pietà, ma anche ammirazione. Sì, lo ammiro perché era generoso e coraggioso, e non riesco - per quanto sia banale - a non fare paragoni con tanti suoi coetanei che buttano via la giovinezza inseguendo miti imbecilli e stordendosi con le pasticche fuori dalle discoteche. Tutto questo però non m'impedisce di ricordare una frase che, quando andavo all'oratorio, mi ripeteva sempre il prete: «La prima carità è la verità». E qual è, qui, la verità? È che la morte di Angelo Frammartino ci dimostra purtroppo quanto sia illusorio applicare le nostre categorie di pensiero a gente che nell'occidentale vede il nemico sempre e comunque, anche quando l'occidentale è uno, come Angelo, che va lì per aiutarli; dimostra quanto sia inutile, oltre che pericoloso, illudersi di predicare la non-violenza a chi crede che la guerra sia santa per volere di Dio. Noi di Libero ieri questa verità l'abbiamo sintetizzata, anzi solo abbozzata, con questo titolo: "Volontario Cgil ucciso dai suoi amici arabi". Non mi pare offensivo. E sfido chiunque a trovare una sola riga irriguardosa o polemica negli articoli sulla morte di questo povero ragazzo. Eppure, solo per quel titolo, ieri la Cgil e le Acli hanno mandato in agenzia una nota in cui ci accusano di «facile populismo » e, quel che è peggio, di «strumentalizzazione a favore dell'odio anti-islamico e antipalestinese ». Secondo loro noi strumentalizziamo il «gesto di un singolo». Un singolo? Ma che cosa accadde a Enzo Baldoni? E alle due Simone? Badate bene, non parlo degli italiani uccisi a Nassiriya, che pure erano là per aiutare la povera gente: si può sempre obiettare che erano militari, e quindi visti come nemici. No, parlo di Baldoni e delle due Simone: volontari, pacifisti, di sinistra, apertamente pro-arabi e pro-palestinesi. Eppure, che fine hanno fatto? Possiamo ancora parlare, visti questi precedenti, di «un gesto di un singolo»? Oppure è il caso di prendere atto che un certo pacifismo va ripensato? Holasciato fuori dall'elenco don Santoro, il prete ucciso in Turchia. Non è stata una dimenticanza. Anche lui era là per aiutare ed è stato ucciso. Ma quel che muoveva don Santoro è molto diverso da quello che muove tanto volontarismo politicizzato. Don Santoro seguiva il Vangelo: porgi l'altra guancia, e a chi ti costringe a camminare un miglio con lui, tu cammina per due con lui. Don Santoro credeva nelle parole di Gesù, «il mio regno non è di questo mondo», non si illudeva di costruire la giustizia qui e ora, e la ricompensa l'attendeva nell'aldilà. Ciò che muoveva Frammartino, Baldoni e le due Simone è invece la convinzione che là ci sono i buoni (i palestinesi e gli arabi in generale) e i cattivi (Israele e gli americani), e che bisogna stare là per aiutare i buoni. I quali però i nostri aiuti non li vogliono. Perché per la loro cultura gli occidentali sono tutti cattivi. È istigazione all'odio questa affermazione? E allora come mai ieri la Farnesina - non Libero! - ha ricordato che in quei Paesi gli occidentali sono tutti a rischio «solo perché occidentali»? Aveva ragione Messori quando ricordava che è assurdo pensare di interpretare quanto accade in Medio Oriente con le nostre categorie di pensiero, che sono quelle della politica, della trattativa, dell'affidamento all'Onu, dei tavoli di pace e così via. Noi ragioniamo con una testa laica, diceva Messori, ma là le motivazioni sono totalmente religiose. Israele è convinto che la sua terra debba essere quella e solo quella; l'islam divide il mondo in "territori di Allah" e "territori di guerra", cioè da conquistare, tanto più se quei territori (come è nel caso di Israele) fino a pochi anni fa erano musulmani. Intromettersi con le prediche sul dialogo non serve a niente. "La prima carità è la verità" vuol dire ricordare pure un'altra cosa: Angelo Frammartino era un giovane generoso e coraggioso, ma nel suo concetto di non-violenza c'è qualcosa che non va. Aveva scritto pochi mesi fa sul giornale locale di Rifondazione Comunista: «Dobbiamo riconoscere che la non-violenza è un lusso per molti angoli del mondo, noi infatti non chiediamo di abrogare la legittima difesa. Mai (!), mai mi sognerei di condannare la Resistenza, il sangue del pueblo vietnamita, la riscossa dei popoli colonizzati e le fionde dei ragazzi palestinesi della prima intifada». Dicono niente queste parole a quelli della Cgil e soprattutto a quelli delle Acli, che sono cattolici? Dietro quelle parole c'è la convinzione, ripeto, di un mondo diviso tra buoni e cattivi, di una violenza sbagliata e di una giusta. Questo non è odio e razzismo, ad esempio contro americani ed ebrei? Ripeto: pietà per Angelo Frammartino. Ma quelle sue idee erano sbagliate. Sono incoerente? Rispondo con le parole con cui don Camillo rispose a un Peppone stupito per gli auguri di Natale. «Auguri a me? A uno scomunicato? Questa sì che è coerenza!», ridacchiò Peppone. «Bisogna odiare il male ma amare il malato», rispose don Camillo.
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