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La Stampa Rassegna Stampa
10.08.2006 Israele decide di ampliare l'offensiva di terra
la cronaca di Fiamma Nirenstein

Testata: La Stampa
Data: 10 agosto 2006
Pagina: 2
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Israele accelera: via alla nuova offensiva»
Da La STAMPA del 9 agosto 2006:

Salvaguardare innanzitutto la vita dei soldati seguitando a usare l’aviazione, o cercare di vincere la guerra di terra e salvare così la vita dei cittadini di Israele? Questa è stata la domanda che dire drammatica è dir poco quella che Israele si è posta ieri. E quindi, è stata una decisione molto difficile per Israele quella presa dal Gabinetto di Sicurezza: allargare le operazioni di terra. Dopo sei ore di discussione nove su dodici ministri hanno votato a favore, mentre altri tre, Shimon Peres , Ofir Pines, Eli Ishai si sono astenuti. La decisione stabilisce che l’esercito avrà il permesso di addentrasi in Libano per trenta chilometri circa, fino al fiume Litani, in modo da liberare il terreno dalla presenza delle katiushe e dei missili che colpiscono Israele per quanto possibile spazzando via le basi degli hezbollah. Le prime due colonne blindate sono entrate ieri notte in territorio libanese con la copertura dell’aviazione.
Ma ieri Hassan Nasrallah, il leader di Hezbollah, è tornato a parlare dagli schermi della tv «Al Manar»: ha detto che la forza del Partito di Dio è intatta e ha invitato la popolazione araba di Haifa a lasciare la città. Ha minacciato: «Il Sud del Libano diventerà il cimitero degli invasori». Il leder sciita ha dato ironicamente il «benvenuto» agli israeliani, dicendo «vedrete, se Dio vuole, tutto il nostro coraggio». Sul dipiegamento dell’esercito di Beirut al Sud Nasrlallah è stato possibilista: «In passato ci siamo opposti al dispiegamento dell'esercito alle frontiere perché temevamo per la sua sicurezza; oggi siamo d'accordo, ma non nascondiamo la nostra preoccupazione perché l'esercito potrebbe essere distrutto in pochi giorni». Il leader sciita ha poi suggerito al governo di Beirut di insistere nella richiesta di un ritiro immediato di Israele dal Libano. Le milizie, ha assicurato il leader sciita, «continueranno a combattere a nome dei libanesi fino all'ultima granata nella zona del Libano che non può essere protetta dall'esercito nazionale di Beirut».
Mentre si svolgeva il voto alla Knesset, seguitavano a cadere su tutta la zona nord di Israele missili e katiushe. Ecco il perchè della decisione del governo israeliano: le incursioni aeree che sono state il nerbo delle prime settimane non hanno portato tanto lontano; i missili seguitano a costringere la popolazione del Nord nei rifugi, con distruzioni morti e feriti. Il governo ha risposto con la sua decisione al sentimento della gente, che è da una parte stanca e esasperate dalle perdite umane ed economiche e dalla distruzione della propria vita, ma dall’altra determinata nel chiedere una situazione in cui non si riproduca il disastro. «Non abbiamo nessuna possibilità di fermare gli Hezbollah altro che entrando sul territorio, scovando i lanciamissili e le altre armi che possiedono, impedendo loro di ristabilire continuamente le basi e le armi. Non abbiamo tuttavia nessuna intenzione di entrare in conflitto», dice il ministro Haim Ramon.
«La guerra contro i guerriglieri, non la si può vincere con gli aerei se non con stragi di cui noi abbiamo nessuna intenzione di compiere», spiega il generale delle riserve e stratega Jaacov Amidror «e io ho una critica severa a questa decisione: avrebbe già dovuto essere presa quattro settimane fa». La rimostranza è stata evidentemente condivisa in segreto anche dal Capo di Stato Maggiore Dan Halutz, se ieri il generale che comanda il fronte nord, Udi Adam, si è visto affiancare dal generale Moshe Kaplinsky nel compito inventato di «rappresentante del Capo di Stato maggiore».
Ci sono critiche anche da sinistra: Yossy Beilin sostiene che entrare è un errore, che una volta entrato nel «fango libanese» non si saprà più come uscirne, e Israele dovrà occupare per settimane un territorio straniero, ciò che gli creerà anche il problema del rapporto col consesso internazionale, che fino ad ora è stato abbastanza quieto.
E’ per questo che ieri era circolata l’idea che Olmert non avesse annunciato l’inizio dell’operazione, da una parte per proteggerla con la nebbia dovuta per le azioni militari, ma soprattutto per vedere che aria tirerà dopo la risoluzione dell’Onu. La verità profonda è che i soldati, che anche ieri hanno combattuto duramente in tutta la striscia a Nord del confine, a Ayata al Saab e a Dibel, sono la vera preoccupazione del governo: i giovani che lasciano ogni giorno la vita in Libano, figli di una così piccola popolazione, educati all’amore della vita, figli di famiglie appassionate, sono il pensiero fisso di questo governo. Anche ieri si sa che ne sono stati uccisi diversi dai missili Matisse, i missili antitank che gli Hezbollah sparano fino a un chilometro e mezzo di distanza e che seguitano a essere la loro migliore arma.
E sempre di più sarà difficile per i soldati dal momento che l’esercito si addentra in Libano: tuttavia, fin’ora, per esempio nel famoso villaggio in cui ancora si combatte, Bint Jbeil, la tattica era quella di entrare e uscire, e questo ha fatto sì che gli Hezbollah se ne approfittassero. Adesso non sarà più così: rimarrà per tutta la durate dell’operazione fino al Litani che potrebbe prolungarsi per qualche settimana. R resterà finchè una forza internazionale non venga a dargli il cambio. Inshallah.

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