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La Stampa Rassegna Stampa
09.08.2006 Il dibattito all'Onu sulla guerra tra Israele ed Hezbollah
la cronaca di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 09 agosto 2006
Pagina: 6
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Le ga raba all'Onu: cessate il fuoco e ritiro»
Da La STAMPA del 9 agosto 2006:

Alta tensione nell'aula del Consiglio di sicurezza per l'intervento dei rappresentanti della Lega Araba e di Israele sulla bozza di risoluzione Onu per la fine delle ostilità in Libano. Mentre dietro le quinte emergono i dissapori tra Parigi e Washington sulle modifiche da apportare alla risoluzione. Il primo a prendere la parola è stato Hamad bin Jassem Al Thani, ministro degli Esteri del Qatar membro non permanente del Consiglio di sicurezza, che innanzitutto si è detto «estremamente rattristato dal fatto che il Consiglio di Sicurezza si limiti a stare alla finestra, paralizzato, incapace di fermare il bagno di sangue che è diventato l'amaro destino quotidiano dell'indifeso popolo del Libano». Al Thani ha poi invocato il «cessate il fuoco immediato» chiedendo al tempo stesso di «accettare le modifiche richieste dal governo del Libano». «Se ciò non dovesse avvenire vi assumereste una pesante responsabilità - ha detto Al Thani - perché il Libano non ce la farebbe e finirebbe nella guerra civile». Dopo di lui a parlare per il Libano è stato Tarek Mitri, inviato speciale del Consiglio dei ministri di Beirut, reiterando la richiesta di un «ritiro totale di Israele» e le accuse a Gerusalemme di «crimini di guerra che fanno piangere il nostro popolo». E quindi rinnovando le modifiche che il premier libanese Siniora chiede al Consiglio di sicurezza: ritiro israeliano e consegna delle loro posizioni agli osservatori Unifil che in 72 ore le passeranno ai governativi, controllo Onu sulla zona contesa delle Fattorie di Shebaa e liberazione dei detenuti libanesi. Nessuno degli interventi arabi ha fatto riferimento agli attacchi degli Hezbollah contro lo Stato ebraico e quando la parola è passata all'ambasciatore israeliano, Dan Gillerman, la risposta è stata pungente: «Questa crisi non è una questione di territori ma di terrorismo - ha detto Gillerman - a causa degli attacchi portati dagli Hezbollah con armi ricevute da Siria e Iran e usate per uccidere civili ebrei, musulmani e cristiani nelle case, ospedali e scuole di Israele». L'affondo è stato contro gli Stati «sponsor del terrore»: «Così come gli Hezbollah lanciano i katiusha facendosi scudo dei bambini, anche Iran e Siria si fanno scudo degli Hezbollah per azioni terroristiche contro Israele». Sulle modifiche della risoluzione Israele non fa muri: «Ciò che conta è che serva a una pace duratura». Il teso botta e risposta fra Paesi arabi e Israele ha perlomeno consentito alla diplomazia di avere altro tempo per lavorare alle modifiche del testo franco-americano al fine, come ha detto l'ambasciatore francese Jean-Marc de La Sablière, di «tenere conto delle obiezioni libanesi». Per concordare una nuova versione del testo De La Sablière si è incontrato con il collega Usa, John Bolton, ma al termine di questo incontro sono emersi dei disaccordi su chi dovrà controllare la zona cuscinetto nel Libano del Sud. Il portavoce della Casa Bianca Tony Snow ha sottolineato l’«incapacità dell’esercito libanese di pattugliare le frontiere». E’ la prima volta che l’intesa franco-americana sulla risoluzione vacilla. A Tolone il presidente francese Jacque Chirac ha riunito il premier e il ministro degli Esteri per esaminare possibili cambiamenti al testo. Mentre gli Stati Uniti difendono il testo, la Francia tratta con la Lega Araba. L'arrivo al Palazzo di vetro del ministro degli Emirati Arabi Uniti, Sheikh Abdullah bin Zayed al-Nahayan, e del segretario della Lega Araba, l'egiziano Amr Mussa, ha intensificato le trattative e al termine della giornata l'ambasciatore britannico, Emyr Jones Parris, ha detto che il voto su un «nuovo testo» potrebbe avvenire domani o venerdì, fermo restando il dubbio sull'accettazione da parte di Gerusalemme delle modifiche apportate. E' Londra che preme maggiormente per arrivare al voto - come dimostrano i ripetuti appelli in questo senso giunti nelle ultime 48 ore dal premier Tony Blair - perché teme che una troppo prolungata trattativa diplomatica possa creare complicazioni. Una conferma in questo senso è venuta non solo dalle tensioni fra Francia e Stati Uniti, ma anche dal capovolgimento della posizione di Mosca. Se martedì l'ambasciatore all'Onu, Vitali Ciurkin, aveva chiesto alla Lega Araba di «accettare il testo esistente», ieri invece ha cambiato posizione: «Una bozza di risoluzione non accettabile al Libano non deve essere approvata perché comporterebbe soltanto un allungamento del conflitto». Anche la Cina, finora rimasta defilata nella partita in corso all'Onu, ha fatto un primo passo in avanti facendo arrivare a Damasco il proprio inviato per il Medio Oriente, Son Bijan, per esprimere un punto di vista «identico» a quello della Siria sull'«importanza del cessate il fuoco immediato senza condizioni».

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