I razzi di Hezbollah fermano anche il gay pride era previsto a Gerusalemme, città "delle tre religioni", ma anche di tutti i suoi cittadini
Testata: Libero Data: 09 agosto 2006 Pagina: 19 Autore: Angelo Pezzana Titolo: «I razzi di Nasrallah hanno spento anche il gay pride»
Da LIBERO del 9 agosto 2006:
Riflettori spenti sul prossimo Gay World Pride di Gerusalemme. Senza la parata gay non esiste Pride. E giovedì prossimo la grande parata mondiale non ci sarà. Quel che non era riuscito alle autorità super ortodosse che rappresentano un potere non indifferente in un paese pur così modernamente laico come Israele, è riuscito ad Hezbollah che da una ventina di giorni scarica sul nord dello Stato ebraico una pioggia continua di missili, causando morte e diperazione in una popolazione che vive praticamente nei rifugi. Di fronte a questa situazione il movimento gay ha annullato a data da destinarsi la parata, dimostrando a chi li aveva definiti animali,pervertiti e altri epiteti sul genere di essere dei cittadini con un profondo senso dell’appartenenza a questo paese, solidali e partecipi mentre si trova sotto attacco. Era già successo lo scorso anno, quando, sempre in agosto, Israele si era ritirato da Gaza, dando origine ad un mese nel quale tutto il paese si trovò coinvolto da una ondata di proteste e di commossa partecipazione per il destino che stavano per affrontare più di ottomila israeliani, sradicati dalle loro case perchè Gaza passava sotto autorità palestinese. Anche lo scorso agosto il Pride venne annullato, non si può festeggiare quando il paese piange morti e distruzioni. In una regione nella quale anche le religioni hanno più di un motivo per contendersi competenze esclusive, grazie al Pride hanno aderito come per un miracolo ad un fronte unito e deciso, quello dell’omofobia. Il mullah sottoscrive la protesta dei rabbini super ortodossi, l’ex rabbino capo di Israele Meir Lau scrive addirittura al Papa chiedendo la sua collaborazione per impedire la “ dissacraazione della città santa “, tutti insieme appassionatamente per impedire a qualche migliaio di persone di manifestare pubblicamente per le strade il diritto di vivere apertamente la propria identità sessuale. Senza nessuna esibizione, molto più semplicemente con la volonta di rendere visibile quello che ancora molti sono obbligati a vivere nascondendosi. Nel quartiere ortodosso di Mea Shearim sono apparsi manifesti nei quali si offre un premio di 20.000 shekel (4000 euro) a “chiunque ucciderà un cittadino di Sodoma e Gomorra”. Come si vede chi ritiene di possedere la verità sessuale non va per il sottile. Gli eventi culturale, a metà tra il serio e il faceto, ci saranno comunque. Tra i primi un seminario che vedrà la partecipazione di religiosi gay di diverse fedi che discuteranno sulle tradizioni omofobiche delle chiese. Saranno ospitati dall’ Hebrew Union College, l’Istituto ebraico di studi sulla religione, una delle istituzioni reliose più importanti della capitale. “Reclamiamo la nostra fede e la libertà di essere noi stessi” è il titolo della due giorni di dibattito. Ci saranno concerti con ogni genere di musica, così come non mancheranno spettacoli di drag queens, una forma di autoironia gay di presa internazionale. E’ curioso notare come in una città, cosmopolita come Gerusalemme, in un paese dove l’omosessualità gode di una condizione di visibilità e rispetto che non ha nulla da invidiare a Olanda o Stati uniti, tanto per fare i primi due nomi che ci vengono in mente, si faccia un passo indietro quando si tratta di Gerusalemme, la cui tradizione è piùstorica e politica che religiosa, almeno per l’ebraismo. Questa storia della città santa, alimentata a dismisura da quando la si è definita delle “ tre religioni” l’ha come incaspulata in una veste che rischia di soffocarla. Amenta il numero degli ortodossi, a Gerusalemme, si badi bene, non in Israele (il loro numero rappresentato alla Knesset è identico a quello del 1948, il 20%), per fortuna c’è la Corte Suprema che ogni tanto provvede a ricordare, per esempio al sindaco super ortodosso della capitale Uri Lupolianski, che lui è il sindaco di tutti, gay compresi, e l’ha condannato per non avere finanziato negli ultimi tre anni le iniziative del movimento gay così come fa con tutti gli altri. C’è questo di bello in Israele, non è che l’illecito non venga commesso, ma in genere si può avere fiducia nell’intervento della giustizia che rimette le cose a posto. E che Nasrallah la smetta di interferire, così prima o poi la parata arriva.
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