In Libano dietro le quinte combattono altri eserciti i giornalisti e l'opinione pubblica: l'analisi di Federico Steinhaus
Testata: Informazione Corretta Data: 08 agosto 2006 Pagina: 0 Autore: Federico Steinhaus Titolo: «IN LIBANO, DIETRO LE QUINTE COMBATTONO ALTRI ESERCITI: I GIORNALISTI E L’OPINIONE PUBBLICA»
La guerra tra Israele e gli Hezbollah, che malauguratamente coinvolge un Libano colpevole di inettitudine se non di complicità e che provoca le massime sofferenze alle popolazioni civili israeliana e libanese si sta avvicinando alla conclusione. Sarà quello il momento in cui se ne potranno analizzare meglio le conseguenze politiche e la capacità delle istituzioni nazionali sovranazionali ed internazionali di gestire una minaccia globale alla libertà dei popoli.
Perché di questo si tratta: i collegamenti oramai evidentissimi tra le ambizioni smodate di un Iran estremista, una Siria debole ed incapace di delineare una propria politica autonoma, un movimento religioso sciita che con la violenza si vuole imporre in vari scenari del Medio Oriente (in Iraq innanzi tutto), e la più vasta rete di terrorismo globale a matrice religiosa che sia mai esistita, Al Qaeda, sono tali da investire tutti ed ognuno, senza eccezioni.
Nel frattempo possiamo occuparci brevemente di una guerra che non è letale come quella combattuta con le armi, ma ciò non di meno è altrettanto importante agli effetti di una vittoria o di una sconfitta.
GUERRA ASIMMETRICA
La percezione degli avvenimenti, il modo in cui si informa l’opinione pubblica di quanto accade, è fondamentale soprattutto quando la drammaticità degli eventi reali e la tragicità delle loro conseguenze sono tali da coinvolgere le capacità emotive delle persone non direttamente interessate.
La manipolazione dell’informazione è da sempre uno strumento che il potere politico , consapevole della sua importanza, ama gestire per realizzare i propri fini.
In una democrazia ciò è meno facile, a causa dei controlli che l’opinione pubblica può esercitare; il caso Abu Omar in Italia è un esempio classico non solamente della possibilità di verifica delle informazioni, ma anche della capacità della politica di confondere i fatti con inquinamenti incrociati. Un regime autoritario, al contrario, controlla ogni fase dell’informazione che arriva al pubblico in quanto ha la forza intrinseca per intimidire, minacciare o punire i media che non si prestino alla manipolazione e può contare sul complice silenzio di chi subisce.
ISRAELE E MONDO ARABO,
LA MANIPOLAZIONE PERFETTA
In Israele l’opinione pubblica è molto aggressiva ed impietosa nei confronti dei media e non perdonerebbe mai una manipolazione mirata a tacere
la realtà. I media e lo stesso potere politico ne sono pienamente consapevoli e l’impressione che se ne ricava è non solo di piena trasparenza ma spesso addirittura di confusione, di un eccesso di dibattiti e di una propensione irrefrenabile alla critica nei confronti di chi prende decisioni. Tuttavia, in pochissime occasioni della breve storia d’Israele si è manifestata una tale unanimità solidale dell’opinione pubblica con la scelta cruciale del governo di condurre una guerra definitiva contro la più grave minaccia alla propria esistenza (dietro gli Hezbollah spunta sempre l’Iran che vuole la bomba atomica per annientare Israele): questa condivisione è incrinata da critiche e da dubbi, che però mai toccano l’essenza della decisione presa.
Ben diverso è quanto avviene nel mondo arabo. La proliferazione di emittenti televisive modellate sulla americana CNN ha messo a disposizione dei regimi – tutti autoritari, tutti preoccupati della propria autoconservazione, tutti seppure con varie sfumature orientati contro Israele e contro gli Stati Uniti – uno strumento potentissimo di manipolazione dell’opinione pubblica e nessuno di questi regimi o di questi media si sottrae alla tentazione di farne un uso privo di scrupoli.
Il mondo arabo( anzi islamico perché non si possono escludere da questa analisi paesi come Iran, Pakistan, Afghanistan, in parte la Turchia, e marginalmente gli stati islamici dell’ex impero sovietico ) ha popolazioni poco inclini alla lettura dei giornali ma fortemente attratte dalla televisione. L’informazione globale nello stile della CNN diventa pertanto con la massima facilità una disinformazione globale.
La stessa CNN nei giorni scorsi ha trasmesso alcune indagini sul campo confrontando come la medesima notizia sul conflitto veniva data da media israeliani ed arabi, ed ha evidenziato che, ad esempio, le immagini di Olmert che parla alla Knesset venivano modificate nei telegiornali arabi inserendo una svastica sulla manica del primo ministro israeliano e dipingendogli i baffetti alla Hitler. Una manipolazione infantile – chi, in gioventù, non ha avuto voglia di fare queste cose sui manifesti dai quali politici o personaggi dello spettacolo parevano invitarci all’uso del pennarello? – ma efficace per colpire l’immaginazione.
DAL LIBANO MOLTE BUGIE
Alcuni esempi di quanto avviene in queste settimane in Libano possono arricchire il già vasto dossier delle manipolazioni (ricordate il caso RAI/Cristiano nella Palestina di Arafat?).
La Reuters ha sospeso da ogni collaborazione un giornalista libanese che le aveva fornito fotografie manipolate dei bombardamenti di Beirut, che erano stati resi molto più impressionanti e distruttivi mediante i file di correzione, ed ha dovuto inviare a tutti i media una mail di scuse; successivamente l’agenzia ha anche sospeso un proprio collaboratore libanese che aveva minacciato un suo collega americano “Taglieremo la gola a tutti i sionisti”.
La CBS e la CNN hanno denunciato pubblicamente nel contesto di una indagine del Daily Telegraph che gli Hezbollah avevano sequestrato i passaporti a molti giornalisti stranieri allo scopo di controllare il loro operato , e che le immagini che
la stessa CNN e CBS trasmettevano venivano visionate in precedenza dagli Hezbollah, che le dovevano autorizzare.
Infine, è stata scoperta una colossale manipolazione fotografica che aveva per oggetto bambini uccisi nel bombardamento di Cana: lo stesso personaggio che già nel 1998 aveva fornito ai media fotografie orripilanti di bambini decapitati compare in una serie di fotografie mentre, travestito da soccorritore, finge di estrarre dalle macerie di Cana alcuni bambini uccisi. Le sequenze riportano l’ora esatta in cui è stata scattata ogni fotografia, evidenziando con molta chiarezza che questi cadaveri di bambini sono stati “estratti” più volte, in luoghi diversi, dopo essere stati resi più impressionanti con qualche artificio. Il fatto che sia sempre uno ed uno solo l’uomo che li espone ai fotografi e cineoperatori non fa che rafforzare l’impressione di uno scenario costruito ad arte.
In questo modo si creano leggende che malgrado siano state smentite (a Cana, ad esempio, le autorità libanesi,
la Croce Rossa Internazionale e le NGO umanitarie hanno confermato in 28 il numero totale delle vittime, contro le 60 denunciate dagli arabi) diventano una realtà mediatica ed attraverso la ripetitiva accusa di crimine contro l’uamnità o di deliberata strage (Jenin, e prima ancora Mohammed Al-Doura) si sostituiscono all’informazione oggettiva.
CHI VINCE E CHI PERDE
Sicuramente nel breve periodo vince questa guerra nascosta chi sa manipolare con maggiore sfrontatezza le informazioni, chi ha la capacità di minacciare i giornalisti, e la perde chi non è in grado di controllare e gestire le informazioni. Un giornalista che gira liberamente per il paese e parla con chi vuole, come avviene in Israele, non potrà mai essere complice di una disinformazione organizzata come chi, al contrario, deve farsi accompagnare da guide ed interpreti che filtrano ogni passo ed ogni parola, riferendole poi a chi ha il potere di arrestare od espellere l’incauto.
Spesso i nostri media sono solamente l’eco - incapace di autocontrollo o di autocritica - di quanto ricevono da fonti esterne. Chi sente il telegionale o legge il quotidiano non lo sa, a meno che non verifichi da dove parla o scrive il giornalista. L’esempio banale per avvalorare quanto abbiamo scritto è fornito dalla cronaca quotidiana: in Libano ci sono solo massacri, bombardamenti massicci, popolazioni civili in fuga e ridotte alla fame; invece in Israele “piovono” quasi fossero innocua acqua estiva i missili, che sono definiti razzi quasi fossimo a Capodanno, mentre le case distrutte e le persone uccise non vengono mostrate e citate ed un milione di persone che da un mese vive nei rifugi, 300.000 mila profughi rimasti senza casa, sono realtà marginali di cui non vale la pena parlare.