Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Un esempio di critiche legittime a Israele intervista a Malcolm Rifkind, ex ministro degli Esteri inglese
Testata: Corriere della Sera Data: 07 agosto 2006 Pagina: 5 Autore: Orsola Riva Titolo: ««Israele ha ragione, ma sbaglia a colpire il Libano»»
Dal CORRIERE della SERA del 7 agosto 2006 un intervista all'ex ministro degli Esteri britannico, il conservatore Malcolm Rifkind. Rifkind probabilmente trascura, nel suo giudizio sulle operazioni militari isrealiane in Libano, la necessità di impedire i rifornimenti di armi a Hezbollah dalla Siria e il trasferimento dei soldati rapiti, che spiega i bombardamenti sulle vie di comunicazione. Soprattutto, Rifkind sembra non tenere conto della compenetrazione sempre più evidente tra Hezbollah e stato libanese, manifestatasi da ultimo nel modo più chiaro con il rigetto della risoluzione Onu tra Francia e Stati Uniti e con la presentazione di un contro-piano che sempra prodotto direttamente dal "Partito di Dio" Tuttavia, condivisibili o meno che siano, le sue critiche a Israele sono legittime: perché riconoscono a Israele lo stesso diritto all'autodifesa di ogni altro stato, senza negarlo all'atto pratico con il ricorso a concetti indefinibili o perversi (perché, tradotti in una regola di condotta precisa, implicherebbero che il governo israeliano accettasse un aumento dei morti civili tra i suoi cittadini )come quello di "proporzionalità", perché riconoscono la necessità per Israele di non trattare con organizzazioni terroristiche che vogliono distruggerla, così come gli Stati Uniti non trattano con Al Qaeda, e infine perché riconoscono la minaccia esistenziale rappresentata dall'Iran, senza negarla o minimizzarla colpevolmente. Una risposta a quanti difendono i loro giudizi sommari chiedendo se possano mai esistere critiche a Israele che non debbano automaticamente essere considerate antisraeliane. Ecco il testo:
LONDRA — Non usa mezzi termini, Malcolm Rifkind, ex ministro degli Esteri conservatore, per definire la situazione in Medio Oriente. «Un disastro». Parlando al telefono dalla sua casa di Edimburgo, parte con il suo cavallo di battaglia, l'Iraq. «Che sbaglio. Quello è stato l'errore principale di Bush e di Blair. Se distruggi un regime, anche un regime malvagio come quello di Saddam, si crea un vuoto di potere. E quel vuoto lo ha riempito Al Qaeda. Volevano fermare il terrorismo ma hanno finito per moltiplicarne la forza». Ma cosa c'entra Al Qaeda con Hamas o con l'Hezbollah libanese che sono al centro dell'attuale crisi mediorientale? «Niente, sono istanze diversissime l'una dall'altra. Ma i terroristi si guardano e si copiano l'un l'altro. L'esempio di Al Qaeda ha dato un incoraggiamento ai guerriglieri di Hezbollah». E viceversa. Le ultime apparizioni in video del vice di Osama Al Zawahiri servivano a mettere cappello sui successi delle milizie sciite di Hezbollah. «Ripeto. Al Qaeda e l'Hezbollah sono e restano movimenti terroristi separati, sciiti da una parte, sunniti dall'altra. Ma pensi ai kamikaze: i primi risalgono al Libano e adesso iniziano ad esserci anche in Afghanistan dove non era mai successo prima». Per quel che riguarda il fronte interno israeliano, pensa che sia stato un errore da parte europea qualificare il movimento di Hamas come terrorista rifiutando ogni dialogo con i suoi leader? «No, quelli sono dei terroristi e nessun dialogo è possibile finché non rinunciano alla violenza e non si pongono su un piano politico». Quanto al fronte di guerra col Libano, non solo l'ex ministro degli Esteri laburista Straw ma anche alcuni rappresentanti del suo partito hanno parlato di un uso sproporzionato della forza da parte di Israele. «La reazione israeliana era assolutamente giustificata. Sono sette anni che Hezbollah attacca Israele. Lo sbaglio è stato colpire le infrastrutture civili e bombardare Beirut. Non ha senso parlare di uso proporzionato o sproporzionato della forza. Non è una questione etica, ma strategica. Israele deve fare tutto quello che può per difendersi. Ma colpire le infrastrutture economiche non danneggia l'Hezbollah, danneggia il Paese e il suo governo». Cosa pensa del compromesso faticosamente raggiunto da Stati Uniti e Francia in seno al Consiglio di Sicurezza? «Penso che rappresenti un progresso. Ed è giusto che la Francia, che dovrebbe dare il maggior contributo alla futura forza di interposizione internazionale, abbia voce in capitolo». Quindi lei è d'accordo con il vice di Annan, Mark Mallock Brown, che aveva consigliato a Blair di tenersi in una posizione più defilata, stante la sua impopolarità in sede internazionale. «Blair si è fatto la fama di una persona che non persegue una politica estera indipendente da Bush. Il problema anche in questo caso non è di integrità politica ma di buon senso. Il primo ministro si è comportato da incompetente, preferendo seguire i suoi istinti invece di ascoltare i consigli dei suoi uomini al Foreign Office». In questa crisi c'è un convitato di pietra, Teheran. Molti osservatori ormai definiscono il conflitto israelo-libanese come una «guerra per procura» fra Stati Uniti e l'Iran. Crede che si debba dialogare con i mullah? «Assolutamente no. L'Iran è la questione su cui mi sento più in sintonia con Bush e Blair. Attualmente costituisce la maggiore minaccia per la sicurezza mondiale, ben più dell'Iraq. Anzi, quello che rimprovero agli Stati Uniti è proprio l'eccesso di disattenzione per l'Iran a causa della guerra in Iraq. Con l'aggravante che, dopo il disastro iracheno, ora che Bush e Blair lanciano giustamente l'allarme sull'Iran nessuno gli crede più». Pensa che una forza multinazionale dispiegata nel Libano meridionale abbia possibilità di successo? «Penso di sì. Purché però limiti le sue ambizioni a presidiare una zona cuscinetto a nord del confine con Israele. Se invece si porrà obiettivi più ambiziosi, come disarmare l'Hezbollah, allora credo proprio che non avrà successo. Se non ci è riuscito Israele...».
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