Siria e Iran dietro il no libanese all'Onu l'analisi di Maurizio Molinari
Testata: La Stampa Data: 07 agosto 2006 Pagina: 2 Autore: Maurizio Molinari Titolo: «Siria-Iran, il corto circuito della pace»
Da La STAMPA del 7 agosto 2006:
IL rifiuto opposto da Nabih Berri alla bozza di risoluzione Onu sulla fine delle ostilità tradisce la debolezza del premier libanese Fuad Siniora, svela l’influenza di Siria e Iran su Beirut, solleva interrogativi su possibili nuovi scenari militari e, soprattutto, conferma che è lo sceicco degli Hezbollah, Sayyed Hassan Nasrallah, a voler continuare i combattimenti giocando una partita tutta sua. Tanto al Dipartimento di Stato che al Palazzo di Vetro il passo a sorpresa del presidente del Parlamento libanese Berri legato a doppio filo con gli Hezbollah è stato interpretato come un momento di chiarezza perché ha fatto emergere le difficoltà in cui si trova Siniora: un premier chiamato a far accettare all’ala politica degli Hezbollah, parte del suo stesso governo con due ministri, il disarmo dell’ala militare. Durante i colloqui, a Roma come a Beirut, con il Segretario di Stato Condoleezza Rice, Siniora ha sempre assicurato che sarebbe riuscito in qualche maniera a far quadrare il cerchio ma quella promessa deve ora fare i conti con gli interessi regionali di Siria ed Iran, protettori degli Hezbollah, e con i disegni personali e strategici di Nasrallah. Il corto circuito a Beirut è avvenuto fra sabato mattina, quando Siniora e Berri chiedevano il cessate il fuoco al pari di Damasco e Teheran, e le prime ore di domenica, quando ha parlato solo Berri per rifiutare la risoluzione. «E’ difficile comprendere che cosa è avvenuto a Beirut nella notte fra sabato e domenica nei rapporti fra Siniora e Berri - osserva Judith Kipper, analista di Medio Oriente del Council on Foreign Relations molto ferrata sui dossier del Dipartimento di Stato - perché la risposta la conosce solamente Nasrallah, leader di un’organizzazione segreta che persegue obiettivi segreti». Da qui i due scenari che circolano a Washington sul veto di Nasrallah alla risoluzione Onu. Il primo ha a che vedere con le operazioni militari: l’entrata in campo delle truppe di terra israeliane ha inflitto dure perdite e sta obbligando gli Hezbollah a ritirarsi dal confine verso il fiume Litani, dove non hanno bunker e fortini. Dunque se il conflitto finisse in questa situazione riprendere le incursioni di terra in Israele sarebbe impossibile e lo scontro bellico si trasformerebbe in un boomerang, portando al drastico ridimensionamento della possibilità di lanciare attacchi, limitata al lancio dei katyusha. La seconda ipotesi invece è legata al ruolo di Siria e Iran: se Nasrallah accettasse l’idea di Siniora di trasformarsi in leader unicamente politico verrebbero meno le ragioni strategiche che portano Damasco e Teheran a finanziare ogni anno Hezbollah con milioni di dollari al fine di tenere aperto un fronte di attrito militare con Gerusalemme. Saranno i prossimi giorni a dire se Siniora riuscirà a far prevalere gli interessi nazionali del Libano su quelli personali di Nasrallah. Washington e Parigi lo spingono in questa direzione nella comune consapevolezza che la neutralizzazione degli Hezbollah rafforzerà la giovane democrazia di Beirut, garantirà sicurezza ad Israele e farà compiere un passo in avanti al progetto di Nuovo Medio Oriente uscito dal summit del G8 di Savannah nel 2004 in risposta alla sfida lanciata dal terrorismo l’11 settembre del 2001. \
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