Così gli israeliani affrontano il dramma della guerra prosegue il "Diario dalla Galilea" di Edna Calò Livne
Testata: La Repubblica Data: 05 agosto 2006 Pagina: 11 Autore: Edna Calò Livne Titolo: «Meno male che ci sono gli angeli»
Da La REPUBBLICA del 5 agosto 2006:
Sono un po' iper in tutto: iperattiva, ipersensibile... ma in questi giorni ho toccato livelli mai raggiunti. I genitori del villaggio mi chiamano "energizer", i bambini arrivano alla fine della giornata esausti dopo i giochi, le simulazioni teatrali e tutte le altre attività che creiamo per loro insieme ad un team infaticabile. Mi rendo conto della stanchezza solo quando arrivo finalmente al letto e sento tutti i muscoli indolenziti e gli occhi che mi bruciano. Ma non c'è nulla di paragonabile allo sguardo colmo di gratitudine di una madre che non ha più la forza di inventare fiabe per i propri figli, non c'e nulla che possa darti più energia della consapevolezza di aver aiutato a migliorare, seppure di un minimo, la sensazione di chi hai intorno.
Parlo con tutti, ascolto, chiedo, prego i miei amici, e a volte gente appena conosciuta, di raccontarmi cosa provano in questo momento. Molti mi guardano imbarazzati: non tutti sono abituati a raccontare i propri sentimenti; alcuni provano a descrivere la loro nostalgia per i propri figli soldati, ma non riescono a finire la prima frase perché l'emozione li soffoca lasciandoli senza respiro, alcuni confidano la loro paura e la loro ansia ed è come se un macigno scenda dalle loro spalle.
In questi tempi di guerra è come se gli angeli ti stiano accanto per renderti forte, per poter dar forza a chi hai intorno. Come al Kibbuz Mishmar Ha Emek, dove sono ospiti tutti i bambini di Sasa con i propri genitori e dove la generosità ha raggiunto l'apice con 1.200 persone, membri del kibbutz, che organizzano turni per aiutare nei bagnetti dei neonati, per preparare le torte dello Shabbat, e venire incontro ad ogni minimo bisogno dei propri ospiti. Sono miracoli che avvengono qui davanti ai nostri occhi, mentre suonano le sirene che ti strappano le viscere, mentre ascolti alla radio che è morto un altro civile o un altro soldato e mentre il mondo sembra disintegrartisi addosso. Il mio primogenito mi dice: "Mamma, l'abbiamo già persa questa guerra... dal momento che è morta la prima persona l'abbiamo persa". Ho un nodo alla gola e sento che anche questo è un miracolo perché sono fiera di questo mio figlio soldato per cui la vita vale più di ogni altro bene.