Hezbollah uccide otto civili israeliani Israele fa il possibile per limitare i danni dei bombardamenti sul Libano
Testata: La Stampa Data: 04 agosto 2006 Pagina: 6 Autore: Aldo Baquis - Fiamma Nirenstein Titolo: «Israele, otto morti per i razzi Hezbollah - L asso dell'aviazione israeliana: seimila missioni. Abbiamo fatto il possibile per limitare i danni»
Da La STAMPA del 4 agosto 2006, la cronaca di un giorno di guerra, di Aldo Baquis:
Israele ha vissuto ieri la giornata più cruenta dall'inizio del conflitto con gli Hezbollah: i razzi sparati dal Libano hanno provocato la morte di otto civili, nelle città di Acco e di Maalot, in Galilea. Ad appesantire il bilancio delle vittime è giunta la morte di quattro soldati israeliani arsi vivi in un Merkavà colpito da un razzo anticarro nel villaggio di Rajamin, ad est di Tiro. I miliziani uccisi ieri dal fuoco israeliano sono valutati in decine. Sarebbero più di 300 dall’inizio della guerra secondo fonti israeliane, Hezbollah ne ammette 44. Immediata la risposta israeliana ai razzi in Galilea: nella notte Beirut è stata pesantemente bombardata. Colpiti in particolare i quartieri nel sud della città. Bombe anche nella zona del porto di Tiro: morti due civili. I raid notturni dell’aviazione israeliana arrivano dopo che ieri lo sceicco Nasrallah, dagli schermi della tv Al Manar, aveva minacciato esplicitamente che, se Israele fosse tornata a bombardare i rioni sciiti di Beirut, Hezbollah avrebbe colpito Tel Aviv. Il suo monito è giunto nella giornata in cui il suo principale tutore politico-militare, il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad, ha affermato che «il vero rimedio al conflitto in corso sarebbe l’eliminazione del regime sionista». Le parole di Ahmadinejad sono suonate molto attuali agli orecchi degli israeliani, in particolare fra i più religiosi. Ieri si osservava infatti la solennità del 9 del mese di Av: in quel giorno (587 a.C.) il persiano Nabuccodonosor distrusse il tempio di Salomone a Gerusalemme e ridusse in schiavitù il popolo ebreo. Dopo una mattinata relativamente tranquilla, nel pomeriggio di ieri gli Hezbollah sono tornati a tempestare di razzi la Galilea, giungendo a lanciarne oltre 150. Le vittime si sono avute in due località a popolazione mista, ebraica ed araba. Ad Acco (S. Giovanni d’Acri) cinque persone sono rimaste uccise sulla porta della loro abitazione quando si sono affacciate per rendersi conti delle conseguenze di un primo bombardamento. Un nuovo razzo li ha colti di sorpresa e le migliaia di biglie di ferro che esso conteneva li hanno crivellati di colpi. Una morte orrenda, davanti agli occhi atterriti dei vicini di casa, a due metri dal loro rifugio. Terribile anche la fine di tre pastori arabi diciottenni di Maalot-Tarshiha. I razzi di Nasrallah li hanno sorpresi mentre andavano ad accudire le capre. Anche l’avanzata dei 10 mila soldati nel Libano meridionale è tutt'altro che agevole. Dopo giorni di pressione, i militari si sono assestati lungo una fascia di sicurezza profonda circa 6 chilometri (ma il progetto israeliano è di arrivare fino a 30 chilometri oltre il confine libanese), al cui interno però operano ancora centinaia di guerriglieri di Nasrallah. Gli scontri più duri sono avvenuti nei villaggi di Rajamin-Shihin, a est di Tiro. Proprio da quella zona, da tre settimane vengono sparate centinaia di razzi verso le città israeliane. Secondo al tv israeliana è possibile che presto le forze di terra decidano di puntare anche verso Ras Bayada (una roccaforte Hezbollah) e la vicina Tiro, anche se un’operazione di tale portata richiede una decisione del consiglio di difesa del governo. Nasrallah ha detto agli spettatori di al Manar che i suoi uomini nel Libano sud dispongono ancora di moltissimi razzi anticarro e ha lodato la loro dedizione alla causa. Anche quando Israele lascia per loro libera la strada della fuga, preferiscono lottare fino all'ultimo colpo, ha affermato. Di conseguenza, ha proseguito lo sceicco, i guerriglieri sono riusciti a distruggere un numero notevole di blindati israeliani: solo per ragioni tecniche, ha lamentato, non è stato possibile mostrare le immagini di quelle «eroiche battaglie». Ormai è chiaro che, dal 2005 al 2006, mentre mentre in Galilea si costruivano pensioni turistiche, Hezbollah e i suoi consiglieri iraniani approntavano in Libano bunker e trasformavano i villaggi in fortini. Ed è appunto questa la ragione per cui, malgrado l’evidente difficoltà delle operazioni militari, in Israele la popolarità del premier Ehud Olmert e del ministro della difesa Amir Peretz è raddoppiata nelle ultime settimane.
Fiamma Nirenstein intervista un ufficiale dell'aviazione israeliana sui bombardamenti in Libano e sulle vittime civili:
In questa giornata terribile per Israele, con otto civili uccisi dai missili e tre soldati morti in battaglia, mentre i botti letali scuotono ancora tutto il Nord, entrare nella base aerea di Hazor, vicino a Ashdod, è quasi un vacanza, nel verde degli eucalipti. Gli aerei da guerra F16 riposano negli hangar il muso affusolato e il pensiero di Cana è nell’aria. Ci aspetta il capo della base, il colonnello “Alef”, di cui sappiamo tuttavia che ha 41 anni, tre figli e una mamma sopravvissuta alla Shoah. E’ alto, riservato e tuttavia comunicativo. Con estrema semplicità affronta il tema della responsabilità, il principale che gli abbiamo posto, verso i suoi e gli altrui cittadini quando deve ordinare un’azione come quella di Cana, o le tante altre che sono state compiute. Colonnello, si sentirà forse un po’ sollevato nel sapere che anche dal Libano dicono che a Cana sono perite 28 persone e non 52. «No, per niente. Tre sarebbero troppe, 52 è male proprio come tre. I morti civili sono per noi sempre un lutto. Vorrei che per tutti fosse così: non ho avuto la sensazione che i nostri morti, ormai circa sessanta, abbiano avuto la stessa attenzione dell’opinione pubblica internazionale, che qualcuno abbia condannato l’assassinio dei nostri otto ferrovieri di Haifa». Colonnello, perché avete commesso l’errore di Cana, e quello dell’Onu? Si possono compiere errori in cui restano uccisi degli innocenti? «Purtroppo in guerra è sempre accaduto. Oltretutto, la guerra è sempre circondata da una nebbia che si cerca di dissipare con le informazioni, con la conoscenza, e non sempre ci si riesce. Se decidi di combattere una guerra asimmetrica, in cui il nemico fa uso dei civili, devi affrontare la sofferenza di compiere errori. Comunque, se lei pensa che abbiamo compiuto in queste tre settimane circa seimila azioni in volo, capirà che abbiamo limitato i danni quanto abbiamo potuto». Colonnello, come è andata la vicenda di Cana? «Il villaggio era un centro molto importante degli Hezbollah, da là erano già stati lanciati centinaia di missili da svariati edifici compreso quello. Avevamo già cercato di fermarli con vari interventi. Credevamo che la popolazione civile se ne fosse andata tutta. Non ci aspettavamo che ci fossero ancora dei civili». Perché avete bombardato una casa? «Spevamo che quella casa era usata per lanciare i missili». Scusi, proprio quella casa? Da là dentro partivano i missili? «Ci sono vari tipi di missili. Quelli grandi vengono immediatamente identificati e, dopo la prima volta, non sparano più. Eliminiamo in un minuto la rampa di lancio. Tutti gli altri, sono piccoli, a volte piccolissimi. Si sparano con lanciamissili che si spostano in macchina o in camion o a spalla. Gli Hezbollah li portano nelle case, in garage e magazzini coperti e sfruttano la gente per poter sparare. Le mostro un video per capire: vede, uno, due, tre missili. Li lasci fare? Se lasci che sparino di nuovo, fra un minuto un altro bambino dei nostri può essere ucciso, la gente può essere fatta a pezzi in tutte le città del Nord». Non c’è fra i suoi piloti una reazione amara per quello che è accaduto? Non si crea una mancanza di fiducia, una volontà di verificare meglio gli ordini? «Prima della missione, e anche dopo, c’è sempre una discussione. Ma la fiducia dei piloti negli ordini è intatta: noi combattiamo una guerra per la casa, per la pace e ognuno di noi è consapevole del fatto che Hezbollah ci vuole morti e ci ha attaccato proditoriamente. I miei piloti si fidano e io di loro e della loro motivazione». Ha cancellato qualche operazione in questa guerra a causa di civili in zona? «Sì, diverse volte. I piloti stessi possono farlo anche quando sono già in volo. E’ accaduto qualche giorno fa con un giovane pilota: gli ho detto che aveva fatto bene. Penso che la forza morale alla fine sia la chiave della vittoria. Ma se lei avesse cento missili puntati sui suoi bambini e un nemico che usa i civili per impedirle di intervenire me lo dica, che farebbe? Non sparerebbe? Noi non vogliamo niente da nessuno, non aggrediamo nessuno, ma la difesa è la cosa moralmente più giusta del mondo». Perché avete bombardato per la seconda volta il quartiere di Dahia a Beirut? «Forse lei non sa che il quartiere di Dahia aveva un recinto intorno guardato da blocchi militari degli Hezbollah, era una capitale nella capitale, piena di armi, di centri di addestramento, di basi di Nasrallah. La scelta comunque è una scelta politica». E i quattro dell’Onu? «E’ stato un errore, ripeto, e gli errori possono capitare, comunque, mi sono veramente molto molto arrabbiato quando Kofi Annan ci ha accusato di aver fatto apposta. Questo significa veramente non aver capito nulla di ciò che siamo, di come agiamo. Noi combattiamo contro il terrorismo e basta. Per il resto, abbiamo dimostrato di cercare la pace».
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