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Il Foglio Rassegna Stampa
03.08.2006 La Francia boicotta l'Onu e aiuta l'Iran
le tentazioni antioccidentali di Parigi

Testata: Il Foglio
Data: 03 agosto 2006
Pagina: 1
Autore: la redazione
Titolo: «Parigi boicotta l’Onu, pensa a guidare una sua forza internazionale per il Libano e (ri)dà credito all’Iran»
Dal FOGLIO del 3 agosto 2006:

Parigi. Al Palazzo di vetro delle Nazioni Unite aleggia il ricordo dei tempi degli scontri franco-americani sulla guerra in Iraq. Cambiato l’oggetto del contendere, i protagonisti e il copione sono sempre gli stessi. Gli Stati Uniti indicano una strada per risolvere la crisi israelo-libanese, il Regno Unito, con un ispiratissimo Tony Blair in California, la rilanciano, e la Francia fa manovre per mettersi di traverso. Così Parigi ha deciso di boicottare una riunione tecnica convocata per oggi pomeriggio dal segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, per definire l’assetto e il mandato della forza internazionale di pace in Libano che tutti dicono di volere. L’annuncio è arrivato nella mattinata di ieri: l’incontro “è prematuro”, ha fatto sapere il ministero degli Esteri francese, e ieri sera è stato annullato del tutto l’incontro. E’ già la seconda volta in quattro giorni. Infatti il vertice avrebbe dovuto tenersi già lunedì, poi l’ambasciatore Jean-Marc de La Sablière aveva espresso le perplessità di Parigi, secondo cui “le condizioni per il dispiegamento della forza non sono presenti e dunque questo incontro è prematuro”. Annan ha passato la giornata di ieri a far rassicurazioni, l’obiettivo era quello di discutere di “aspetti tecnici” – mentre il mandato e la composizione della forza “verranno dal Consiglio di sicurezza”, aveva dichiarato il portavoce onusiano Ahmed Fawzi – ma la Francia si è arroccata sulle sue posizioni, fino a imporre un altro rinvio. Questa volta le anonime fonti francesi sono più esplicite sulle reali ragioni che stanno dietro al boicottaggio: la riunione sulla forza internazionale “rafforzerebbe la posizione degli Stati Uniti” e la Francia “non vuole mandare in Libano una missione che porti avanti il lavoro iniziato dall’esercito israeliano”. Ufficialmente la diplomazia francese difende il piano in tre tappe, esplicitato dal presidente Jacques Chirac a poche ore dalla conferenza di Roma della scorsa settimana. Se Washington e Gerusalemme avevano individuato una soluzione rapida attraverso un cessate il fuoco contestuale all’invio di una forza internazionale per garantire Israele e disarmare Hezbollah, la controproposta di Chirac prevede un percorso più lungo: prima l’Onu decreta il cessate il fuoco, poi si lavora a un accordo politico tra le parti – Hezbollah incluso – e, soltanto alla fine, la comunità internazionale può decidere il dispiegamento di una missione di peacekeeping con un mandato meno “robusto” di quello auspicato da Stati Uniti e Israele. Queste tre condizioni figurano nel progetto di risoluzione che la Francia ha sottoposto ai suoi partner dell’Onu. “La priorità oggi – dicono al Quai d’Orsay – è discutere” la risoluzione e il cessate il fuoco. La posizione francese “è di buon senso – spiega Daniel Vernet sul Monde – perché nessuno stato accetterà di impegnare i suoi soldati se non c’è cessazione dei combattimenti”. Tra i paesi che stanno valutando l’opportunità di partecipare alla forza, l’Italia ha già detto che nessuna decisione sarà presa prima della fine delle ostilità, mentre la Germania vuole ottenere l’accordo anche di Hezbollah. Ma il piano di Chirac – aggiunge Vernet – “è una confessione di debolezza perché, per essere messa in opera, presuppone che il problema sia a metà risolto”. “Douste-Blazy è il nuovo Daladier” Alcuni analisti ritengono che all’origine dell’ostruzionismo di Parigi alle Nazioni Unite ci siano ragioni tattiche. Gli Stati Uniti vorrebbero affidare alla Turchia la guida della missione, ma la Francia rivendica il suo “droit de regard” sul Libano e, forte dei contatti privilegiati con il governo di Fouad Siniora, userebbe le armi dilatorie onusiane per ottenere il comando della forza internazionale. Parigi sta giocando una partita antiamericana anche su un altro fronte. In visita a Beirut lunedì, il ministro degli Esteri, Philippe Douste-Blazy, ha incontrato il suo omologo iraniano Manouchehr Mottaki. L’Iran gioca “un ruolo importante di stabilizzazione della regione”, ha detto Douste-Blazy, invocando la partecipazione di Teheran “alla ricerca di una soluzione”. Il riavvicinamento francese ai mullah ha una funzione ben precisa: “Se vogliamo pesare in Libano, dobbiamo giocare la carta dell’Iran”, dicono al Quai d’Orsay. La frase è rivelatrice della perdita di influenza nel paese dei cedri, da quando Chirac ha dato l’ordine di evitare qualsiasi contatto con il regime siriano coinvolto nell’omicidio dell’ex premier libanese Rafiq Hariri. Corteggiando la Repubblica islamica, la Francia spera invece di ritrovare il suo protagonismo sulla scena mediorientale. I mullah ricompensano Chirac con i soliti annunci di guerra: gli Stati Uniti subiranno “un colpo distruttivo” per il loro appoggio ai “sionisti” in Libano, ha minacciato ieri il grande ayatollah, Ali Khamenei, esortando tutti i musulmani a “combattere il lupo cattivo del sionismo e l’aggressione del Grande Satana” americano. In Francia, l’ex giornalista del Monde Luc Rosenzweig accusa Douste-Blazy di essere il nuovo Daladier – “per fortuna manca un Chamberlain per far trionfare la viltà” – mentre sul fronte libanese la sua realpolitik rafforza Hezbollah. Ma il ministro degli Esteri ieri ha ribadito: “L’Iran ha una parte di responsabilità nel conflitto in Libano e quindi deve contribuire a pacificare la regione”. In Europa e negli Stati Uniti c’è stupore per le peripezie della nuova politique chiracchiana. Sembrano finiti i tempi della “French connection” tra Parigi e Washington – frutto della complicità tra il consigliere di Chirac, Maurice Gourdault-Montagne, e il consigliere alla Sicurezza nazionale, Stephen Hadley – che aveva portato alla risoluzione 1.559 sul disarmo di Hezbollah e a una posizione più dura degli europei sull’Iran nucleare. “A cosa giocano i francesi? L’Iran contro la Siria? E’ molto pericoloso”, dice un diplomatico. L’appoggio del delfino Juppé C’è anche una spiegazione di tattica franco-francese. “Queste turpitudini hanno per effetto di far risalire la quota di popolarità presidenziale in caduta libera”, spiega Rosenzweig. “Una tensione persistente (in Libano) potrebbe essere una manna per Jacques Chirac o Dominique de Villepin, che non sono mai stati tanto popolari quanto quando presero la testa del campo della pace durante la crisi irachena”, aggiunge Ivan Rioufol sul Figaro. La situazione internazionale potrebbe “imbrogliare l’ordinamento delle presidenziali”, dice Rioufol. Tanto più che Chirac ha mobilitato i suoi cani da guardia contro Nicolas Sarkozy, che ha dichiarato che “Israele ha il diritto di difendersi dall’aggressore Hezbollah”. I media stanno ipermediatizzando Douste-Blazy, mentre – dal suo blog – il delfino Alain Juppé ha bollato come “moralmente inaccettabile quello che Israele fa in Libano”.

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