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La Repubblica Rassegna Stampa
02.08.2006 Con la divisa infangata di un figlio la realtà del fronte entra nelle case israeliane
la testimonianza di Edna Calò Livne

Testata: La Repubblica
Data: 02 agosto 2006
Pagina: 6
Autore: Edna Calò Livne
Titolo: «Quante cose si possono capire dalla divisa infangata di un figlio»
Da La REPUBBLICA del 2 agosto 2006:

Sento un tocco leggero sulla spalla, mi giro e vedo Morli. E´ insegnante di medicina alternativa e qui nel villaggio si divide tra il servizio a tavola e massaggi di shiatzu e riflessologia. «Volevo dirti che domani sera ci vedremo nello spiazzo sul lago per una preghiera tutti insieme, porteremo un Deej, uno strumento australiano che si usa per chiamare alla raduno, proprio come il nostro Shofar, il corno, e cercheremo di inviare le nostre preghiere tutti insieme con l´augurio di aprire le porte del cielo. Domani è il 9 di Av, il giorno in cui fu distrutto il secondo Tempio di Gerusalemme nel 70 D. C. Ognuno di noi deve rafforzare il Grande Tempio dentro di sé. Trovare la pace dentro di sé. Pregheremo per i nostri ragazzi che ci fanno da guardia giorno e notte sul confine. Affinché tutte le energie del mondo li proteggano».
Anat, accanto a me sorride e mi racconta: «Ieri il mio soldato è arrivato a casa a notte tarda. Gli ho preparato subito qualcosa di buono come piace a lui ed è andato subito a dormire spossato e io sono rimasta lì con tutte le domande di madre che è proibito domandare. Ho aperto il suo zaino, con la biancheria che mi aveva chiesto di lavare. Mentre aprivo calzino dopo calzino cercavo di indovinare dove era stato in questi giorni mio figlio. Piccole spine, sassolini, tanta polvere... quanto aveva camminato? Ho cercato di indovinare i luoghi nei quali era passato attraverso la conoscenza di botanica e di geologia, tutto quel che avevo imparato nelle mie gite di gioventù. Poi ho preso in mano i pantaloni, ho visto che sul punto delle ginocchia erano pieni di fango ed erano strappati e mancavano dei bottoni. Ho provato ad immaginarlo mentre strisciava in terra o mentre cercava di nascondersi. E´ come se mio figlio fosse l´attore principale di un film di guerra, di quei film che non vedo mai!».
E intanto ha partorito anche Marat e oggi abbiamo portato Sigal sulla barca a pedali, era felice. «Chissà, può darsi che anch´io partorirò finalmente!».
Io non so quando tutto questo finirà. Ma ringrazio Dio ogni giorno, ogni santo giorno per la forza che ci dà.
Romana, abita in Israele dal 1975. Fondatrice del Rainbow Theatre e della Fondazione Bereshit la Shalom

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