Gli Usa appoggiano Israele, Germania e Gran Bretagna evitano la richiesta da parte della Ue di un cessate il fuoco che sarebbe inevitabilmente provvisorio la cronaca di Maurizio Molinari
Testata: La Stampa Data: 02 agosto 2006 Pagina: 3 Autore: Maurizio Molinari Titolo: «L’Ue divisa sul cessate il fuoco»
Dalla STAMPA del 2 agosto 2006:
La Casa Bianca dà luce verde alle operazioni israeliane contro gli Hezbollah nella Valle dela Bekaa mentre al Palazzo di Vetro si prepara il summit di domani sulla creazione della forza di stabilizzazione e da Bruxelles l’Ue chiede l'«immediata cessazione delle ostilità» senza tuttavia usare l’espressione «cessate il fuoco» su richiesta di Londra e Berlino. Ad evidenziare il sostegno di Washington per Gerusalemme è stata un’intervista alla tv Fox del presidente americano, George W. Bush, nella quale ha detto che «fermare le bombe tanto per fermarle va anche bene, eccetto per il fatto che così non si affrontano le radici del problema». Per «radici del problema» Bush intende il disarmo degli Hezbollah ovvero lo stesso obiettivo che il premier israeliano Ehud Olmert punta a raggiungere con l’offensiva di terra che vuole smantellare le roccaforti nella Valle della Bekaa. Incontrando alla Casa Bianca il Segretario di Stato, Condoleezza Rice ed il consigliere per la Sicurezza Stephen Hadley, Bush ha ribadito di guardare «al di là del cessate il fuoco» ovvero ad una conclusione della crisi che vada oltre la fine delle ostilità e modifichi la situazione sul terreno: impedendo agli Hezbollah di nuocere, bloccando le interferenze di Iran e Siria in Libano, rafforzando l’autorità del governo di Fuad Siniora. Il presidente Usa guarda al conflitto Israele-Hezbollah in chiave regionale, nell’ambito del più ampio scontro «fra le forze del terrore e della libertà» e dunque punta ad infliggere in Libano una sconfitta politica - proprio come Israele vuole infliggerla militare - a Teheran e Damasco. Di questo ha parlato la Rice con il vicepremier israeliano, Shimon Peres, facendo il punto tanto sulle manovre diplomatiche sulla risoluzione Onu che sulle operazioni militari poche ore prima dell’assalto alle basi Hezbollah nella Valle della Bekaa. I due alleati puntano a coordinare i tempi dei differenti fronti d’azione per far coincidere il voto del Consiglio di Sicurezza sul cessate il fuoco con l’avvenuto ridimensionamento Hezbollah, per facilitare lo schieramento della forza di stabilizzazione. «Il centro di gravità dell’azione diplomatica adesso si è spostato su New York» dice Sean McCormack, portavoce del Diprtimento di Stato. Ed a New York il Segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, ha convocato per domani la prima riunione fra tutti i Paesi pronti ad offrire contingenti di truppe per la forza di stabilizzazione. Durante una colazione con gli ambasciatori dei Paesi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza (Usa, Gran Bretagna, Francia, Russia e Cina) Annan ha auspicato che «le differenze vengano messe da parte» al fine di evitare il ripetersi delle tensioni che si ebbero nel 2003 sull'Iraq. Sui fronti opposti vi sono la Francia, favorevole a schierare le truppe solo dopo il cessate il fuoco ed un «accordo di principio» permanente israelo-libanese, e gli Usa che invece vorrebbero accorciare i tempi. Per armonizzare le differenze potrebbe servire qualche giorno di tempo e ciò non dispiace agli Usa perché va incontro alla tabella di marcia delle operazioni israeliane. Parigi intanto ha già fatto conoscere il proprio interesse a guidare il contingente mentre a discutere della composizione del contingente vi saranno anche Argentina, Cile, Germania, Grecia, Irlanda, Italia e Turchia. Ad evidenziare le tensioni diplomatiche sul Libano è stata anche la riunione dei ministri degli Esteri dei 25 Paesi della Ue, conclusa con un appello per l’«immediata cessazione delle ostilità» senza un riferimento al «cessate il fuoco» su richiesta di Londra e Berlino. «La cessazione delle ostilità non è la stessa cosa del cessate il fuoco - ha detto il ministro tedesco Frank-Walter Steinmeier - perché quest’ultimo può anche essere raggiunto in seguito e dovrà essere duraturo, l’unica cosa che possiamo fare è chiede all’Onu di non perdere tempo». Il capo della Farnesina, Massimo D’Alema, ha chiesto a Gerusalemme di «tenere conto dell’appello dell’Unione Europea». «Israele deve capire che ha una grande opportunità, è la prima volta che la comunità internazionale si assume la responsabilità di garantire la sua sicurezza, assieme alla stabilità del Libano» ha detto D’Alema, sottolineando però che ciò potrà avvenire solo «se cessano immediatamente le ostilità perché altrimenti non sarà possibile dispiegare e neanche decidere la forza di pace internazionale». La posizione italiana appare così in sintonia con quella di Parigi, altrettanto timorosa di andare incontro ad una missione di combattimento
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