La strategia di Condoleezza Rice nell'analisi di Maurizio Molinari
Testata: La Stampa Data: 27 luglio 2006 Pagina: 1 Autore: Maurizio Molinari Titolo: «I tempi di Condi»
Da La STAMPA del 27 luglio 2006:
AL termine di una missione romana di 21 ore Condoleezza Rice torna a Washington con un triplice risultato: l'accordo internazionale per lo schieramento di un contingente militare nel Libano del Sud, un rafforzato assedio diplomatico alla Siria e una rinnovata partnership con l'Italia nella costruzione del Nuovo Medio Oriente. Pianificato meticolosamente da un team di sherpa arrivati a Roma prima del segretario di Stato, il blitz si presentava tutto in salita a causa della richiesta dei Paesi arabi, sostenuta da Parigi e Madrid, di un cessate il fuoco «immediato» cui Washington si oppone perché vuole prima creare le condizioni sul terreno affinché sia duraturo. Ed a ciò si aggiungevano le incertezze legate al debutto del nuovo goverCome è nel suo stile la Rice ha affrontato i rischi giocando d’anticipo: martedì sera nei bilaterali con il Segretaro generale dell’Onu Annan e il premier libanese Siniora così come ieri mattina nel faccia a faccia con D’Alema ha messo assieme i tasselli di un approccio teso a «rafforzare il Libano» su ogni fronte, umanitaro, economico e militare. La Rice ha spiegato con chiarezza che l’origine dell’attuale crisi non è una ramificazione del conflitto arabo-israeliano ma l’impossibilità del governo di Beirut di esercitare la sovranità nel Sud, dove spadroneggiano gli Hezbollah, un gruppo terrorista sostenuto dalla Siria e armato dall’Iran. Da qui l’espressione «one gun, one authority in Lebanon» - un solo fucile e un solo governo in Libano - fatta propria da Annan per sottolineare la necessità del disarmo di tutte le milizie, come già previsto dalla risoluzione 1559 ed invocato dal G8 di San Pietroburgo. Forte del consenso di Annan, Siniora e D’Alema - co-presidente della Conferenza - la Rice ha trovato l’assenso di tutti i Paesi partecipanti allo scheriamento di una forza multinazionale che l’Onu è chiamata ad approvare «urgentemente». Il voto del Consiglio di Sicurezza potrebbe arrivare a inizio agosto e sono già iniziate le consultazioni fra le capitali che potrebbero fornire il maggior numero di truppe - Parigi, Roma, Ottawa, Ankara e Il Cairo - per una missione ad alto rischio perché destinata a svolgersi in zona di guerra. È stata la stessa Rice a sottolineare i termini dell’intesa: «Sarà una forza internazionale sotto mandato Onu che avrà capacità robuste per portare la pace e porre fine alle violenze». Il termine «robuste» cancella il precedente degli osservatori Unifil e si richiama all’esempio dell’Isaf: il contingente multinazionale, sotto comando Nato, che in Afghanistan affianca le truppe governative contro i taleban alleati di Al Qaeda. Se impostando la Conferenza come un «sostegno al Libano» la Rice ha incassato il sostegno di Gordania, Egitto e Arabia Saudita, l’intesa sulla formazione in tempi rapidi della forza di intervento per il disarmo degli Hezbollah contiene un forte segnale alla Siria. «Per Damasco è arrivato il momento di scegliere» ha detto la Rice rinnovando, con il sostegno politico della Conferenza, la richiesta consegnata 48 ore prima al leader sciita libanese Nabih Berri: Bashar Assad non ha più di dieci giorni di tempo per troncare il sostegno agli Hezbollah. Washington aumenta la pressione su Assad perché vuole obbligarlo a scegliere in fretta fra la comunità internazionale e l’alleanza con l’Iran. Il capo della diplomazia Usa, durante il volo che dall'Italia la stava portando in Malaysia, ha infine avvertito i regimi di Teheran e Damasco di non cercare di «silurare» i tentativi di mediazione in atto per far interrompere i combattimenti tra le forze israeliane e le milizie sciite libanesi. Incassato il doppio risultato su forza internazionale e isolamento della Siria, nelle ultime due ore della Conferenza la Rice aveva duellato con l’omologo francese Philippe Douste-Blazy respingendo la sua richiesta di un «imminente» cessate il fuoco che, se fosse passata, avrebbe contraddetto l’intera impostazione del summit, imponendo subito lo schieramento di una forza internazionale che ancora esiste solo sulla carta. Senza l’«imminente» la Rice dà invece altro tempo alle operazoni militari israeliane contro Hezbollah, che servono anche a facilitare la missione al contingente internazionale che verrà. Lasciata la Farnesina, sulla via del ritorno verso l’aeroporto, fra gli sherpa della Rice le conclusioni di Roma venivano riassunte come «un buon inizio ed una chiara strada per procedere in avanti sul Libano» pur nella convinzione che «molto altro dovrà essere fatto presto», a cominciare dalla composizione del contingente. E la soddisfazione per il passo avanti compiuto si univa al giudizio positivo sulla partnership con il capo della Farnesina, riuscita in quanto auspicato: un testo scritto, con versione in inglese, che apre la strada all’invio di truppe sotto egida Onu. Nei confronti di chi a Washington aveva dubitato sulla possibilità di lavorare con il governo di centrosinistra la Rice può ora affermare di essere riuscita, grazie al suo approccio multilateralista, a coinvolgere l’Italia nella costruzione politica del Nuovo Medio Oriente sul quale l’amministrazione Bush scommette la vittoria di lungo termine nella guerra al terrorismo: se Berlusconi partecipò inviando le truppe in Iraq ed Afghanistan, Prodi ora è pronto a farlo schierandole a garanzia di indipendenza e sovranità della giovane democrazia libanese. no italiano nelle vesti di anfitrione diplomatico.
Cliccare sul link sottostante per inviare una e-mail alla redazione della Stampa lettere@lastampa.it