Leggo ogni giorno su la Repubblica la testimonianza di Angelica Edna Calò Livne, Diario dalla Galilea.
Le sue sono parole vibranti, note piene di profondo sentimento.
Sembra che sia qui, vicino a me, la mia cara amica, autentica persona di pace, che vorrebbe organizzare uno spettacolo di ragazzi israeliani e libanesi e non si rassegna al fatto che ci sia chi, nella sua nera cultura della morte, lo impedisce.
Ho inviato un messaggio e mail di affetto ad Angelica, nei giorni scorsi, mi ha ringraziato di cuore; ma stasera le ho telefonato. Ho composto il numero con una certa apprensione: come parlare ad una persona che si trova in una zona di guerra? D'accordo, tutti noi siamo in guerra col terrorismo, ma la situazione in Israele è ben diversa che qui!
Dopo pochi squilli, ecco la sua voce argentina, come un ruscello di montagna.
La linea era un poco disturbata, ma ho percepito benissimo la sua grave preoccupazione, la paura di chi si sente non compresa dal mondo. Pensa, dice, c'è chi mi scrive, afferma di avermi letto sul giornale, poi osserva: adesso Voi vi vendicate...Non capiscono la situazione in cui ci troviamo, oggi sono caduti dei Katiusha qui vicino, è bruciato tutto...una cosa tremenda! Come potremo scovare le migliaia di missili nascosti dovunque, a cominciare dal sottosuolo....
Eh certo, ribatto io, da quando Voi ve ne siete andati da là, la comunità internazionale, a cominciare dall'ONU, ha finto di non vedere che stava crescendo la cittadella dell'orrore, ben foraggiata dai noti burattinai.
Cara Angelica, vorrei essere il Segretario generale dell'ONU per aiutarvi a disinnescare tutto quell'odio armato fino ai denti!
All'improvviso mi chiede: come state?
Lei è una delle poche persone che, l'anno scorso, hanno conosciuto i gravi problemi di salute che hanno afflitto sia mio marito che me. Ci siamo, a suo tempo, scritte e telefonate.
Quel pensare a noi, da parte di chi deve difendersi dai razzi, oltre che far giocare bambini traumatizzati e tentar di consolare genitori che non dormono più perché i figli sono nell'infermo a combattere, mi ha lasciato senza parole.
L'ho rassicurata. Mi ha risposto: è importante, questo.
Preghiamo per tutti Voi, io di rimando; e le ho rivolto l'augurio che lei mi fece poco prima del mio intervento chirurgico: che D-o Vi metta una mano sulla testa....
Se lo rammentava e ha aggiunto, in tono forte e chiaro, se ho ben compreso: questo vale specialmente per stanotte.
Non ha detto altro, né io le ho chiesto precisazioni a riguardo.
Una cosa è certa: non la lascerò sola, nei prossimi giorni.
Mara Marantonio Bernardini (Bologna)