Il contesto della crisi israelo-libanese l'analisi di Federico Steinhaus
Testata: Informazione Corretta Data: 25 luglio 2006 Pagina: 0 Autore: Federico Steinhaus Titolo: «Il contesto della crisi israelo-libanese»
In questi giorni drammatici e densi di eventi non sempre di facile comprensione la stampa (i media elettronici non hanno molte possibilità di approfondimento) propone chiavi di lettura che variano a seconda, anche, degli schemi ideologici o partitici dei quali il giornale è portavoce. Non mancano poi individui (come Sergio Romano e Sandro Viola per non fare nomi) che interpretano gli avvenimenti con un loro paraocchi particolare, piegando talvolta fatti storici alle loro tesi costruite sulle simpatie ed antipatie personali. E’ opportuno pertanto mettere un po’ d’ordine nelle cose per non rischiare di confondere le cause con gli effetti. Proviamo, nelle righe che seguono, a dare conto di quanto pensano alcuni prestigiosi analisti di fama internazionale; non diamo per scontato che essi abbiano ragione, ma la loro visione è concorde e chiara. Sul piano della strategia geopolitica globale si va delineando una contrapposizione sempre più marcata fra la Russia di Putin e gli Stati Uniti, tale da ricreare forse il bipolarismo dell’epoca sovietica. Putin si erge a difensore delle pretese iraniane nell’aspirazione a divenire potenza nucleare e con ciò stesso della sua rete di alleanze e strategie regionali – inclusa la sua strettissima relazione politico-militare con Hezbollah. Di riflesso, ma non marginalmente, anche l’alleanza dell’Iran con la Siria e la loro congiunta protezione di Hamas rientrano nella sfera degli interessi primari della Russia. Il fatto che la Russia sia oramai il fornitore di energia di cui l’Europa intera non può più fare a meno colloca questa strategia su un livello di attenzione particolare, e potenzialmente contribuisce ad ampliare il ventaglio di divergenze fra l’Europa e gli Stati Uniti. A livello regionale assume pertanto una rilevanza speciale quanto costituisce lo sfondo politico del conflitto in corso fra Israele ed Hezbollah. Il 16 giugno (ne abbiamo data notizia in questa rubrica) Iran e Siria hanno sottoscritto un patto militare che, un mese dopo, rivela per intero la sua importanza ed il suo vero significato. L’Iran si è impegnato, con quel trattato, a difendere la Siria da attacchi israeliani, a fornirle armi acquistate in Russia Ucraina e Cina, ed a dotarla di artiglieria, munizioni, veicoli militari e missili. La Siria per parte sua ha accettato di consentire ai mezzi di trasporto militari iraniani di attraversare liberamente il suo territorio per arrivare in Libano. Lo scorso 12 luglio il segretario del Supremo Consiglio della Sicurezza Nazionale iraniano, Ali Larijani, si è incontrato con Javier Solana che premeva per avere una risposta all’ultimatum del Consiglio di Sicurezza relativo allo sviluppo della tecnologia nucleare, ed ha affermato che questa riposta arriverà solamente il 22 agosto. Nello stesso giorno Hezbollah ha assaltato su suolo israeliano un’ unità militare : questa aggressione, che è costata la vita a 9 soladti ed ha consentito a Hezbollah di rapirne due, ha scatenato la reazione militare e politica di cui stiamo vedendo le conseguenze. Una pura coincidenza? Vi è chi afferma che in politica non esistono coincidenze casuali, in particolare fra eventi così fortemente significativi e legati fra loro. Un solo giorno dopo, il 13 luglio, il direttore del quotidiano Kayhan, Hossein Shariatmadari, sostenitore del leader iraniano Khamenei, ha scritto che “L’attacco di Hezbollah è l’inizio di un nuovo capitolo nella lotta contro Israele, che cambierà l’equilibrio regionale dei poteri a favore del mondo islamico…Altri attacchi porteranno presto all’annientamento di questo piccolo regime (sionista)”. Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha poi confermato (IRNA, 18 luglio) che “il mondo è alla vigilia di grandi mutamenti, e la vittoria musulmana sugli aggressori è imminente”. Il 23 luglio (IRNA) egli ha precisato che “attaccando il Libano il regime sionista ha provocato la propria estinzione”. Di fatto i legami dell’Iran con Hezbollah non sono solamente religiosi ma anche strategici, e Hezbollah è il braccio armato delle mire di dominazione regionale che l’Iran non può gestire direttamente per non compromettere l’opzione nucleare. Per l’Iran, Hezbollah è “un caposaldo della propria sicurezza strategica”, “la prima linea di difesa contro Israele e contro l’Occidente” (Al-Sharq Al-Awsat, 11 maggio 2006). Se dunque diamo come provato che questo conflitto apparentemente circoscritto al problema della sicurezza delle città di confine israeliane ha in sé i semi di un nuovo ordine politico-militare nel Medio Oriente, se non addirittura quelli di un confronto globale, riusciamo a capire meglio la “sproporzione” fra l’offesa subìta da Israele e la sua reazione. L’espansione di Al Qaeda in Africa (denunciata qualche settimana fa in questa rubrica) si lega alle ambizioni iraniane di diventare la potenza dominante nell’Islam ed esportare la propria rivoluzione integralista; queste a loro volta sono unite da vincoli solidi alla visione strategica della Siria ed a quella religiosa di Hezbollah e Hamas. Il nemico di tutti costoro è, simbolicamente, Israele, ma in seconda battuta lo sono gli Stati Uniti e l’Occidente tutto. Le ripetute minacce iraniane di estendere la guerra totale a tutti gli interessi economici e politici occidentali, americani, israeliani esistenti nel mondo intero ne sono la conferma. Nel recente vertice della Lega Araba abbiamo visto che paesi come il Sudan, l’Algeria, lo Yemen ed il Qatar sono orientati a sostenere l’Iran e la Siria; una rilevanza del tutto particolare assume in questo per ora breve elenco il Qatar, sede di Al Jazeera, la televisione che già ora porta la voce dell’Iran in tutto l’Islam. Ma questa frattura all’interno del mondo arabo potrebbe non durare più a lungo del conflitto fra Israele e Hezbollah, per trovare poi nuove linee di demarcazione comuni verso il mondo non arabo. E Hezbollah quanto conta in realtà? Le sue milizie sono state addestrate in Iran per anni, sono molto efficienti ed audaci, oltre che bene armate, e pertanto non sono confrontabili con le capacità di combattimento dei palestinesi basate sul “colpisci di sorpresa e fuggi”. Questo spiega le difficoltà che incontrano i soldati israeliani sul campo e le rilevanti perdite che subiscono nei combattimenti. Ma la pericolosità di questa milizia fortemente ideologizzata, che dispone di mezzi economici e militari inesauribili e di notevole capacità tecnologica, è collocata anche su un diverso piano di percezione. Intendiamo alludere all’opera costante, massiccia e sofisticata di indottrinamento e di educazione all’odio che Hezbollah cura con attenzione maniacale ed alla quale dedica rilevanti risorse. L’emittente televisiva di Hezbollah, Al Manar, che alcuni mesi or sono era sul punto di ottenere dalla Francia il benestare a servirsi di ripetitori europei, trasmette regolarmente cartoni animati dedicati ai bambini in cui si esalta il destino dei “martiri” che danno la loro vita per Allah (“…il tuo sangue profuma la terra della tua patria, il tuo nome sarà scolpito sulle porte del paradiso, io giuro la mia fedeltà a te Al Aqsa, giuro la mia fedeltà a te, Gerusalemme…Il bambino ha esaudito il proprio desiderio ottenendo l’onore del martirio, chi muore per la sua patria non è considerato morto…”). Come molte altre emittenti del mondo arabo anche Al Manar ha trasmesso ripetutamente uno sceneggiato in cui si racconta la storia di ebrei che, guidati da un rabbino, sgozzano bambini cristiani per impastare con il loro sangue le azzime pasquali. Ugualmente, Al Manar trasmette messaggi che richiamandosi al Corano istigano all’uccisione di ebrei ; lo scorso 19 agosto 2005, ad esempio, il vicedirettore dell’Associazione Ecclesiastica Palestinese nel Libano, Muhammad Ali, ha affermato: “Il Profeta ha predetto: la Resurrezione non verrà fintanto che i musulmani non combattano contro gli ebrei ed uccidano gli ebrei, e la pietra e l’albero diranno “O musulmano, servo di Allah, ecco lì un ebreo…vi è un ebreo nascosto dietro di me, vieni ed uccidilo”. Noi entreremo (in Israele) da conquistatori secondo la volontà di Allah…in quanto la Hadith afferma “I musulmani li uccideranno”…”. Queste sono le trasmissioni che la Federazione Internazionale dei Giornalisti giudica professionalmente meritevoli di protezione. Come è già stato documentato in questa rubrica con citazioni testuali, il ministro degli Esteri Mahmud Al-Zahar e quello dell’Interno Saed Siam del governo palestinese di Hamas , ma anche il membro del Consiglio Legislativo Palestinese Fathi Hamad (Hamas) e Sheikh Halid Al-Batash (Jihad Islamica), tra marzo e maggio del 2006 hanno sostenuto in articoli ed interviste l’opportunità di ricorrere al rapimento sistematico di soldati israeliani allo scopo di proporre scambi con prigionieri detenuti nelle carceri israeliane. Si tratta di una tattica ideata e sperimentata da Hezbollah nel corso dei molti anni di predominio nel Libano meridionale, a danno di israeliani ma anche di americani. Il suo utilizzo contestuale nel nord e nel sud d’Israele costituisce una ulteriore prova logica della collusione fra Hamas e Hezbollah, e per riflesso fra Iran e Siria.