Un'immagine distorta della guerra di Hezbollah contro Israele quella fornita dai media
Testata: Il Foglio Data: 25 luglio 2006 Pagina: 1 Autore: la redazione Titolo: «Ecco il prezzo che Israele paga a essere sotto un attacco asimmetrico»
Dalla prima pagina del FOGLIO del 25 luglio 2006:
Roma. Il primo ministro israeliano, Ehud Olmert, dice che l’attuale crisi in medio oriente non è descritta in maniera equa dalla stampa internazionale. Lo ha spiegato domenica, in occasione del suo incontro con i ministri degli Esteri di Francia e Germania: “Mi spiace che la malignità, la cattiveria e la brutalità assassina di Hezbollah non siano interamente mostrate sugli schermi televisivi al di fuori di Israele. C’è un’immagine distorta in cui la vittima è dipinta come l’aggressore”, ha dichiarato, dopo aver chiesto ai due politici europei se i loro rispettivi paesi tollererebbero lanci di razzi sulle proprie città. Olmert ha raccontato che per oltre due settimane un milione di israeliani (su una popolazione di quasi sette milioni di abitanti) ha vissuto rinchiuso nei bunker antimissile. L’equivalente – ha spiegato il premier – di sette milioni di francesi e di dodici milioni di tedeschi. Perfino al ministro degli Esteri francese, Philippe Douste-Blazy, è toccato correre al riparo in un rifugio nella città di Haifa, dove si trovava in visita domenica, quando le sirene hanno suonato, indicando la presenza di katiuscia nell’aria. Il capo dell’intelligence militare israeliana, Amos Yadin, ha detto che, dall’inizio dell’offensiva in Libano, Tsahal ha distrutto circa 2.200 missili delle milizie sciite del partito di Dio (che secondo gli analisti militari all’inizio dell’operazione erano in possesso di circa 12 mila unità). Secondo il ministro della Difesa, Amir Peretz, all’incirca lo stesso numero di razzi è stato lanciato da Hezbollah sulle città a nord d’Israele, nelle ultime due settimane. Gli obiettivi più colpiti sono stati la città costiera di Haifa, Tiberiade, Nahariya, centro ormai fantasma dove sono caduti almeno 150 katiuscia, Safed, l’alta Galilea, alcuni villaggi drusi, Nazareth, in cui sono morti due bambini arabo-israeliani. Il costo che Israele paga ad avere un esercito sul confine nord, armato da Iran e Siria, che attacca e mira alla sua distruzione, e un fronte aperto da Hamas, al sud, nella Striscia di Gaza, non è soltanto quello economico, dovuto all’ingente sforzo bellico e alla paralisi dell’industria e del commercio. Dall’inizio dei combattimenti a Gaza e dall’apertura del nuovo fronte libanese, Israele è stato colpito da oltre 2.200 katiuscia a nord, mentre da Gaza non si è fermato mai il lancio di Qassam sulle città del Negev. Sono 19 i civili israeliani uccisi, 19 i soldati morti, tre quelli fatti prigionieri. La stampa israeliana parla di città fantasma nel nord del paese, di scuole, uffici e negozi chiusi, di abitanti assiepati all’entrata dei rifugi antimissile e di altri dislocati nei centri del sud. Secondo la Reuters, se la guerra contro Hezbollah fosse limitata nel tempo, non più di un mese, la robusta economia israeliana, per la quale si prevedeva una crescita del 5,2 per cento nel prossimo anno, non dovrebbe essere intaccata in maniera critica (il dato però scenderebbe al 4,7-4,8 per cento). Ma gli imprenditori israeliani parlano di una perdita giornaliera di 500 milioni di shekel (112 milioni di dollari) causata dalla totale o parziale chiusura di 1.500 aziende nel nord del paese e al duro colpo ricevuto dall’industria del tursimo.
Le condizioni per un cessate il fuoco Ieri, lo stesso giorno in cui Condoleezza Rice, segretario di stato americano, è arrivata a Beirut per discutere un piano diplomatico, 80 razzi sono stati lanciati su Israele, le forze di Tsahal e Hezbollah hanno continuato a darsi battaglia nel sud del Libano. Nel tentativo di disarmare le milizie sciite, l’offensiva israeliana contro le infrastrutture di Hezbollah e sulle sue roccaforti ha causato la morte di almeno 380 civili e il dislocamento di 700 mila libanesi. Gli Stati Uniti hanno definito l’operazione “una parte della lotta contro il terrorismo”, garantendo a Israele ancora qualche giorno prima di chiedere un cessate il fuoco. Peretz, venerdì, in vista di una più vasta offensiva di terra, ha richiamato tremila persone. Molti altri sono stati richiamati per sostituire in diverse zone del paese le truppe che andranno in Libano. Dall’inizio della seconda Intifada, nel 2000, sono morti quasi mille civili israeliani (fino al 2005). Nel 2006 gli attacchi non si sono fermati e 19 persone sono rimaste uccise. In quattro anni di conflitto, l’economia del paese ha perso dai 35 ai 45 miliardi di dollari. I palestinesi morti, invece, secondo dati che vanno fino al 2005, sarebbero circa 3.200, il 55 per cento dei quali appartenenti a milizie armate.
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