Hezbollah dice di no alla Rice e alla pace intanto in Libano arrivano gli aiuti americani
Testata: La Stampa Data: 25 luglio 2006 Pagina: 7 Autore: Maurizio Molinari Titolo: «La rice riparte da Beirut a mani vuote»
Dalla STAMPA del 25 luglio 2006:
Condoleezza Rice è arrivata a sorpresa a Beirut consegnando a Nabih Berri le condizioni per il cessate il fuoco: gli Hezbollah devono liberare i due soldati israeliani rapiti e ritirarsi ad almeno 20 km dal confine. Ma la risposta di Berri è stata un immediato e secco «no». Il Segretario di Stato americano ha cambiato i piani della missione, decidendo di iniziare facendo tappa nella capitale libanese dove è arrivata in elicottero da Cipro ed è poi rimasta cinque ore muovendosi con un corteo di auto blindate sorvegliato dai marines. La prima sosta è stata dal capo del governo, Fuad Siniora, che la Rice ha abbracciato e baciato sulle guance rendendo omaggio a «coraggio e determinazione» dimostrate nella gestione della crisi iniziata con il sequestro dei due soldati israeliani da parte degli Hezbollah e la seguente decisione di Gerusalemme di attaccare in grande stile. Siniora ha chiesto a Washington un impegno per l'immediato cessate il fuoco - come fatto da Ryad e Il Cairo - e la Rice poco dopo è entrata nella residenza di Nabih Berri per farne conoscere le condizioni agli Hezbollah. Berri è il presidente del Parlamento, un leader sciita veterano dei delicati equilibri libanesi nonché considerato oggi un alleato politico degli Hezbollah. Proprio in quest'ultima veste il Segretario di Stato si è rivolto a lui, in una mossa diplomatica destinata a far sapere con chiarezza a Hassan Nasrallah quale è la posizione americana, pur senza avere contatti diretti. «La situazione lungo il confine non può tornare quella precedente il 12 luglio», ha esordito la Rice facendo capire che il cessate il fuoco potrà esservi solo se «la situazione cambierà in maniera duratura». Da qui le due richieste destinate ai guerriglieri filo-iraniani: rilasciare i soldati ed arretrare di almeno 20 km dal confine ovvero rinunciare all'enclave fortificata adoperata per lanciare razzi contro la Galilea. Washington non solleva obiezioni alla trasformazione di Hezbollah in partito politico ma a patto che la struttura militare venga smantellata. Un collaboratore di Berri, citato dalla tv Al Arabiya, ha definito «molto negativo» il colloquio, anche perché la Rice avrebbe consegnato anche un messaggio per Damasco: se entro dieci giorni non fermerà gli Hezbollah sarà considerata co-responsabile della crisi. Sempre secondo Al Arabiya Berri avrebbe rifiutato con un secco «no» le condizioni della Rice ma saranno i prossimi giorni a svelare le contro mosse di Siria ed Hezbollah. Il caloroso incontro con Siniora e le difficoltà con Berri descrivono l'approccio della Rice alla missione che l'ha portata ieri sera in Israele per gli incontri odierni con Ehud Olmert e, a Ramallah, con il presidente palestinese Abu Mazen, prima di sbarcare a Roma dove domani parteciperà alla conferenza sul Libano. Da un lato la Rice punta a rafforzare il governo di Beirut liberandolo dal condizionamento di Damasco mentre dall'altro vuole rendere inoffensivi gli Hezbollah, privando l'Iran dello strumento armato per ostacolare la Road Map fra israeliani e palestinesi. Prima di sbarcare a Beirut la Rice ha riassunto ai giornalisti al seguito i propri intenti con la formula «aiuti umanitari e condizioni per il cessate il fuoco». Gli aiuti umanitari sono stati autorizzati dal presidente George W. Bush subito dopo l'incontro Rice-Siniora e prevedono l'impegno di elicotteri e navi per far arrivare da Cipro tonnellate di medicinali e strutture di assistenza alla popolazione intrappolata dagli scontri, dando così manforte a Siniora. «Stiamo lavorando con Israele e Libano per aprire corridoi umanitari» ha confermato il portavoce della Casa Bianca, Tony Snow, secondo il quale il Pentagono inizierà oggi le consegne ai civili «riconoscendo che sono gli innocenti i primi a subire le conseguenze». Per quanto riguarda le condizioni del cessate il fuoco quelle consegnate a Berri sono il risultato di un approccio che ha due pilastri: gli accordi di Taif del 1989 sul ritiro siriano e la risoluzione 1559 dell'Onu che «costituiscono una solida base per un Libano democratico, libero da forze straniere ed in pieno controllo di tutto il territorio, in grado di esercitare la sovranità», come ha riassunto la Rice anticipando un approccio alla conferenza di Roma teso a cementare un'intesa forte fra europei e arabi che metta in luce l'isolamento degli Hezbollah ed obblighi la Siria a cessare di sostenerli. Aprendo così la strada allo schieramento di una forza internazionale.
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