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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
24.07.2006 Forza multinazionale in Libano?
purché serva a disarmare Hezbollah

Testata: Corriere della Sera
Data: 24 luglio 2006
Pagina: 3
Autore: Davide Frattini
Titolo: «Olmert dice sì a una forza europea in Libano»
Da Israele un sì a una forza di interposizione multinazionale nel sude del Libano.
Purché il suo mandato sia chiaro e i suoi poteri reali.
Ecco il testo della cronaca di Davide Frattini:


GERUSALEMME — Una forza della Nato ai suoi confini. Che garantisca la sicurezza nel Nord d'Israele. Lo Stato ebraico è pronto ad affidare la difesa dei suoi cittadini a truppe multinazionali. «Preferiremmo che nel Sud del Libano venisse schierato l'esercito regolare di Beirut. Sappiamo che è troppo debole, così siamo disponibili a discutere di una presenza internazionale, con un mandato forte», dice il ministro della Difesa Amir Peretz. E spiega a Frank-Walter Steinmeier, ministro degli Esteri tedesco, quel che significa «forte»: «La missione deve avere dei poteri reali e non si deve accontentare di redigere dei rapporti».
La fascia di sicurezza immaginata dal governo di Ehud Olmert va dalla frontiera al fiume Litani, circa venti chilometri all'interno del territorio libanese: in queste aree Israele non è più diposto a consentire la presenza di miliziani dell'Hezbollah. Anche il premier è favorevole a una forza multinazionale guidata da Paesi dell'Unione Europea e chiede che «controlli i valichi tra il Libano e la Siria». Le truppe internazionali — scrive il Washington Post — sarebbero composte da 10-20 mila uomini e potrebbero essere comandate da un contingente francese o turco. L'Italia ha già offerto la sua disponibilità e la presenza dei nostri soldati è data per certa da Ben Caspit su Maariv.
Nel novembre 2005, l'allora primo ministro Ariel Sharon aveva accettato che l'Unione Europea dispiegasse 70 osservatori nella Striscia di Gaza, al confine con l'Egitto. La squadra — guidata dal generale dei carabinieri Pietro Pistolese — ha il compito di monitorare la frontiera di Rafah per evitare che vengano contrabbandate armi per imiliziani palestinesi.
L'idea di una forza Nato è sostenuta dagli Stati Uniti. «E' un'ipotesi nuova che valuteremo molto seriamente — commenta John Bolton, ambasciatore alle Nazioni Unite —. La missione potrebbe essere autorizzata dal Consiglio di Sicurezza, ma non può essere costituita da caschi blu. Non si può permettere che gli Hezbollah ritornino sul confine a minacciare Israele». I soldati delle Nazioni Unite pattugliano il Sud del Libano dal 1978 con l'Unifil, ma la Casa Bianca considera fallita la loro missione per ristabilire l'autorità del governo di Beirut.
I francesi — commenta il ministro della Difesa Michèle Alliot-Marie — sono convinti che «tutti i Paesi di buona volontà e che si augurano la stabilità del Libano saranno pronti a partecipare». Il sì di Parigi è certo «se c'è un accordo e vengono garantite le condizioni perché la missione sia efficace».
«E' improbabile che gli americani facciano tornare i loro soldati in Libano», commenta Josh Bolten, capo dello staff alla Casa Bianca. Anche Condoleezza Rice aveva escluso una presenza di truppe statunitensi: l'impegno in Iraq e Afghanistan sarebbe già troppo pesante per il Pentagono. Il segretario di Stato arriva oggi a Gerusalemme: incontra il premier Ehud Olmert, il ministro degli Esteri Tzipi Livni, per poi spostarsi a Ramallah per un colloquio con il presidente palestinese Abu Mazen. Mercoledì è a Roma per la conferenza a cui partecipano — tra i Paesi arabi — libanesi, egiziani, sauditi, giordani. Prima della partenza, Rice ha ribadito che non si può dichiarare un cessate il fuoco che riporti la situazione a prima della guerra: «L'obiettivo è far applicare la risoluzione 1559 dell'Onu, che porti al disarmo dell'Hezbollah». Secondo
Haaretz, lo Stato maggiore israeliano è convinto di poter continuare le operazioni fino a domenica prossima e di avere fino ad allora un via libera implicito dagli Stati Uniti.
Il «partito di Dio», guidato dallo sceicco Hassan Nasrallah, sembra per la prima volta disposto ad accettare un negoziato condotto dal governo di Fuad Siniora. «L'Hezbollah vuole che sia lo Stato libanese a condurre le trattative per uno scambio di prigionieri», spiega Nabih Berri, presidente del Parlamento. I due soldati rapiti — dice il ministro degli Esteri Fawzi Salloukh — sarebbero in «buona salute e tenuti in posto sicuro». Ehud Olmert ha spiegato, durante il consiglio dei ministri, che Fuad Siniora è considerato un partner per il dialogo: «Non siamo in guerra con il popolo libanese».

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