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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
23.07.2006 Guerra terrestre e guerra di propaganda
due cronache di Davide Frattini

Testata: Corriere della Sera
Data: 23 luglio 2006
Pagina: 2
Autore: Davide Frattini
Titolo: «I tank israeliani entrano in Libano Preso un villaggio - Bimbe che scrivono sui razzi La rabbia araba corre sul web»
Dal CORRIERE della SERA del 22 luglio 2006, la cronaca di Davide Frattini sull'evoluzione della situazione militare nella crisi israelo-libanese.
Ecco il testo:


GERUSALEMME — Un carcere sul confine. Da costruire in fretta, così in fretta che il rabbino capo militare ha concesso che i soldati lavorassero di sabato. La prigione allestita in una base militare nel Nord d'Israele dovrebbe essere utilizzata per tenere i miliziani dell'Hezbollah, catturati dall'altra parte della frontiera. «Un progetto di questo tipo — spiegano fonti della sicurezza al sito
Ynet — dimostra che il governo si sta preparando a un'invasione di terra che potrebbe durare dei mesi».
Ieri sono continuati i combattimenti nel Sud del Libano. Le forze speciali di Tsahal, con l'appoggio di tank, elicotteri e blindati, hanno preso il controllo del villaggio di Maroun Al Ras, dove in questa settimana sei militari erano stati uccisi. «È un punto strategico, in cima a una collina — ha spiegato il generale Benny Gantz, comandante delle forze di terra —. Gli scontri sono stati lunghi e difficili, continueranno ancora. I combattenti sciiti hanno subito gravi perdite». Da Maroun Al Ras — spiegano gli ufficiali — partono molti dei Katiuscia che cadono sulle città israeliane: ieri 160 razzi hanno centrato le aree del Nord.
I portavoce dell'esercito ripetono che si tratta di operazioni mirate, che lo Stato maggiore sta ancora escludendo un'invasione che duri a lungo. Ma le truppe e i carri armati si stanno ammassando sul confine e per tutto il giorno sono stati lanciati volantini per la popolazione locale, perché lasciasse le case e fuggisse oltre il fiume Litani, a 20 chilometri dal confine. È l'area che Israele vorrebbe trasformare in una fascia di sicurezza, dopo aver eliminato le postazioni e gli arsenali degli Hezbollah.
I raid aerei hanno colpito ieri soprattutto le torri e i ripetitori usati dai canali televisivi (uccidendo il responsabile del centro per la tv Lbc) e dalle compagnie di telecomunicazioni: dopo l'attacco, i cellulari non funzionavano più nel Nord del Paese. L'esercito israeliano ha detto di aver bersagliato i trasmettitori di Al Manar, l'emittente dell'Hezbollah. Nella notte è stata anche bombardata una moschea sciita a Sidone. Tre i feriti secondo le prime stime.
Mentre il segretario di Stato Condoleezza Rice si prepara ad arrivare in Israele e nei territori palestinesi, il New York Times
scrive che gli Stati Uniti hanno accelerato la fornitura di bombe di precisione all'aviazione dello Stato ebraico. «Una decisione — spiega il quotidiano americano — che rischia di irritare i governi arabi e quelli di altri Paesi, perché offre l'impressione che la Casa Bianca stia aiutando gli israeliani in un modo paragonabile agli sforzi dell'Iran per sostenere gli Hezbollah». I missili inviati da Washington fanno parte di una vendita di armamenti conclusa l'anno scorso. «La richiesta di affrettare la consegna è inusuale — spiegano gli esperti — e dimostra che lo Stato maggiore ha ancora una lista molto lunga di obiettivi da colpire».
Sull'altro fronte della guerra, nella Striscia di Gaza, le fazioni palestinesi avrebbero raggiunto un accordo per un cessate il fuoco unilaterale e per fermare il lancio di razzi Qassam contro Israele. La Jihad Islamica ha smentito che ci sia stata un'intesa.

A pagina 5 un articolo su come una fotografia,  che riprendeva una scena prodotta dell'esasperazione della popolazione civile israeliana bersagliata dai razzi di Hezbollah ,sia stata utilizzata , anche con manipolazioni e menzogne, dalla propaganda antisraeliana per alimentare l'odio.
Anche alcuni quotidiani italiani hanno partecipato all'operazione, per esempio il MANIFESTO, che ha pubblicato in prima pagina la fotografia con il titolo "Cessate il fuoco".
Ecco il testo:

GERUSALEMME — «Una società rischia di perdere la sua anima, quando ai bambini viene insegnato che armi e guerra significano giustizia e progresso». Il
Philadelphia Inquirer ha pubblicato due foto, una a fianco all'altra. Da Israele: le ragazzine di Kiryat Shmona, al confine nord, disegnano la bandiera bianca e azzurra dello Stato ebraico sui proiettili di artiglieria, dove si legge «Per Nasrallah con amore». Dal Libano: una madre tiene in braccio il figlio appena nato, lo ha chiamato Raad, come i missili che gli Hezbollah sparano sulle città israeliane, tra cui Kiryat Shmona, dall'altra parte della frontiera. «Preghiamo — continua il quotidiano americano — che il piccolo Raad cresca e diventi un pacifista, assieme a quelle ragazzine al suo fianco».
Le immagini di Kiryat Shmona, scattate dal fotografo Sebastian Scheiner dell'Associated
Press, sono state rilanciate sul Web dai siti arabi per dimostrare che gli israeliani educano i loro figli alla violenza. Haitham Sabbah, un giordano-palestinese che vive in Bahrain, ha pubblicato le foto sul suo blog, accompagnate dal commento «Odio, disgusto... non so quali parole possano descrivere questa scena. E dicono che siamo noi a insegnare ai nostri piccoli a disprezzare gli israeliani. Grazie, bimbi israeliani, abbiamo ricevuto i vostri doni. Vedete?». E mostra il cadavere di un bambino libanese tra le macerie. Haitham è stato tra i primi a riprendere le immagini e il suo blog ha ricevuto così tante visite che per qualche ora è rimasto inaccessibile.
«Ho queste foto (decine di persone me le hanno mandate) da diversi giorni. Ho esitato prima di pubblicarle. Volevo verificare la fonte. Non potevo crederci, chiamatemi ingenuo. Non potevo credere che avrebbero consentito ai bambini di scrivere messaggi sulle bombe. Ebbene sì. Come possono osare parlare di pace?», scrive Asad nel suo sito personale,
Arabo Arrabbiato.
Per molti, le foto hanno rappresentato una risposta agli scatti dei piccoli palestinesi che imbracciano un Kalashnikov giocattolo o indossano una finta cintura da kamikaze. «Alla fine sviluppiamo una sorta di apatia verso le immagini scioccanti — scrive Roba Al-Assi, giordana — perché ai bambini arabi non vengono nascoste. Siamo cresciuti con loro e sono parte delle nostre vite: in televisione, su giornali, nelle campagne pubblicitarie. Ma questa foto è qualcosa di più grave».
La Columbia Journalism Review ha dedicato un editoriale alla polemica. «Per quelli che già odiano Israele, è solo una conferma alle loro peggiori fantasie — scrive Gal Beckerman —. Molti siti Internet hanno scritto che le ragazzine israeliane stavano scrivendo un messaggio ai bambini libanesi, come se fosse un fatto accertato. La realtà è sempre più complicata della propaganda». La rivista, pubblicata dalla Columbia University a New York, offre la ricostruzione delle ore precedenti a quegli scatti fatta da Lisa Goldman, una blogger-giornalista di Tel Aviv, che ha intervistato Shelly Paz, una reporter di Yedioth Ahronoth,
presente quando le foto sono state prese. «I messaggi erano tutti diretti a Nasrallah e scritti dai genitori — è la testimonianza raccolta da Lisa —. Il problema è che nessuno di loro, dopo giorni passati sotto le bombe, nei rifugi, isolati e impauriti, si è fermato a pensare "proiettili uguale morte di altri esseri umani". E hanno lasciato che anche i bambini si avvicinassero a disegnare le bandiere». «È stata un'idea stupida lasciare che le ragazzine si facessero fotografare vicino alle bombe — commenta Goldman nel suo sito — ma le persone sotto stress emotivo possono fare cose stupide. Mi spaventa il clima di odio che spinge a guardare una foto e a ricavarne subito la conclusione che gli altri, la società dall'altra parte, rappresenta il male assoluto».

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