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La Stampa Rassegna Stampa
23.07.2006 "Hezbollah è come il nazismo"
intervista alla cantante israeliana pacifista Noa

Testata: La Stampa
Data: 23 luglio 2006
Pagina: 3
Autore: Francesca Paci
Titolo: «Noa: «Nasrallah come Hitler»»
Intervista alla cantante israeliana Noa sulla STAMPA del 22 luglio 2006:

«Hezbollah è uguale al nazismo, lo scriva. Bisogna cacciarli e liberare il Libano come la Germania mezzo secolo fa». Ospite alla terza edizione del premio giornalistico Mario Luchetta, la cantante israeliana Noa, i lunghi capelli ondulati e una grinta potente compressa nel corpo minuto, dedica la canzone «Shalom, shalom» ai bambini vittime di tutte le guerre, a cominciare da quella che, ancora una volta, coinvolge il suo paese. Prima di salire sul palco bacia i due figli Aieli di 5 anni ed Enea di 2 e si ferma qualche minuto a commentare le immagini della distruzione che avanza da Beirut ad Haifa, dove vive la sua famiglia.
L’intellighenzia israeliana di sinistra è insolitamente schierata con il governo nell'avventura libanese. Lei cosa ne pensa?
«Sono una militante pacifista da sempre critica con il mio paese sull’occupazione dei territori palestinesi. Ma stavolta è diverso. Un conto è la questione palestinese altra cosa Hezbollah. Difendevo il dialogo con Arafat, sostengo Abu Mazen, mi batto da gennaio perché ci si confronti anche con gli estremisti di Hamas, eletti dai palestinesi. Lì c’è una soluzione possibile: due popoli e due stati. Abbiamo avuto premier di superdestra tipo Bibi Netanyau e, come pacifisti, li abbiamo combattuti duramente. In democrazia c’è la libertà di criticare anche il primo ministro. Hezbollah è diverso. Un movimento nazista con il solo scopo di distruggere me, i miei figli, i miei amici, perfino i due bambini palestinesi uccisi ad Haifa. Non si può trattare con gli assassini».
Vuol dire che non c’è soluzione alla guerra?
«La guerra è atroce, sempre. Per questo io sostengo il cessate il fuoco da ambo le parti. E canto per i libanesi vittime delle bombe come i palestinesi e i miei connazionali. Basta sparare, basta immediatamente. Ma a una condizione: ci restituiscano i due militari rapiti e non pretendano scambio di prigionieri. I loro militanti in carcere in Israele sono criminali, terroristi. Hezbollah va disarmato e la difesa del Libano deve passare al suo legittimo governo. È una guerra atroce, è vero, ma non l’abbiamo voluta noi e al fronte non si indossano guanti bianchi».
In Europa e in Italia ci si divide sulle «proporzioni» della reazione israeliana. Molti, a sinistra come a destra, giudicano eccessiva la pioggia di fuoco rovesciata su Beirut con gravi perdite di civili. Cosa replica?
«Non vi capisco. Quando avevate il nazismo in casa avete bramato l’aiuto dei bombardieri stranieri dal cielo. E Dresda è stata rasa al suolo con parecchi dei suoi abitanti. Mostruoso, ma evidentemente per l’Europa era un prezzo da pagare per vincere il totalitarismo e non siete stati lì a questionare quanto fosse esagerato. Israele è stata attaccata. Se fosse successo a voi fareste di sicuro rilevare, per esempio, se nel crollo di dieci palazzi muoiono 40 persone. Molte, troppe, ma ragioniamo: cosa vuol dire? Che forse quei palazzi non sono completamente abitazioni civili, altrimenti ci vivrebbero almeno quattrocento persone. Sono arsenali, rifugi, sezioni di Hezbollah vigliaccamente incistate tra la gente».
Al governo e all’esercito israeliano non ha dunque proprio nulla da rimproverare?
«Figurarsi. Ho prestato servizio militare due anni come tutti in Israele ma sono pacifista. Siamo un paese perennemente in bilico tra vita e morte e a rischio guerra, la leva è una necessità. Ma noi artisti e i giornali e i partiti di sinistra vigiliamo e denunciamo errori, brutalità, eccessi. È la forza della democrazia. Spero nel cessate il fuoco bilaterale, lo ripeto, nonostante ritenga giusto aver risposto alla provocazione».
Mercoledì a Roma si riunirà il vertice internazionale promosso da Massimo D’Alema e Condoleezza Rice per discutere la crisi israelo-libanese. Ha fiducia?
«Ne ho per definizione, altrimenti sarei a priori favorevole a risolvere le tensioni con le armi. Credo nel dialogo e lo incoraggio. Ma attenzione, stavolta gli attori non sono tutti alla pari. Dialogo con i fratelli libanesi, cristiani, musulmani, laici. Linea dura invece con i nazisti di Hezbollah e del loro leader Nasrallah. Non si può trattare con loro altro che il cessate il fuoco. Poi la situazione passi in mano all'esercito libanese e a una forza multinazionale. L’ultima volta che Israele si è ritirata dal Libano sei anni fa Hezbollah, anziché mollare, è cresciuto come uno stato assassino nello stato. Ora non possiamo cedere più».

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