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Il Giornale Rassegna Stampa
21.07.2006 Combattimenti terrestri in Libano
scenari e analisi militari

Testata: Il Giornale
Data: 21 luglio 2006
Pagina: 7
Autore: Gian Micalessin - Dan Vittorio Segre
Titolo: «L'esercito di Israele pronto a invadere il Libano - Gli Hezbollah come i vietcong: nascosti in un reticolo di tunnel - Agire in fretta per evitare il rischio Vietnam»
Dal GIORNALE del 21 luglio 2006, un articolo di Gian Micalessin:

Ora Amir Peretz non lo nasconde più. L'invasione di terra del sud del Libano e forse anche la riconquista di Beirut non sono solo ipotesi, ma piani concreti. Piani pronti a scattare nei prossimi giorni e destinati a concludersi soltanto dopo la totale neutralizzazione di Hezbollah e della sua struttura di comando. La conferma arriva per bocca dello stesso ministro della Difesa durante una visita alle comunità assediate di Kiriat Shmona e Safed, sul versante nordorientale del confine israelo-libanese. «Non vogliamo occupare il Libano, ma se dovremo mettere a segno delle operazioni e dimostrare di esser pronti a colpire ovunque - ripete il ministro ai cittadini in piedi nei rifugi - lo faremo senza esitazioni». Poche ore dopo quelle dichiarazioni devono far i conti con la difficile situazione del fronte di Maroun Ras. Lì, tra colline e boscaglie, le truppe israeliane già in territorio libanese incontrano una durissima resistenza. La battaglia in corso da 48 ore sul versante nordorientale della frontiera, tra il villaggio israeliano di Avivim e la cittadina libanese Maroun Ras, è ormai uno scontro serrato dal bilancio confuso. Le fonti di Tsahal in serata ammettono la morte di otto soldati e il ferimento di altri 9 e si attribuiscono l'uccisione di almeno quattro guerriglieri del Partito di Dio. Sul fronte libanese Al Jazeera e alcune emittenti libanesi parlano di almeno tre soldati israeliani uccisi e di un elicottero abbattuto. La guerra ha sicuramente già ucciso la verità, ma da questo miscuglio di propaganda e censura militare emergono almeno due certezze La prima, inconfutabile, è che tra le colline di Maroun Ras si combatte una battaglia durissima. La seconda riguarda la capacità militare e il livello di addestramento dei guerriglieri sciiti. Entrambi, a giudicare da questo primo assaggio di guerra, superano le più pessimistiche previsioni dei generali ebraici. E le centinaia di raid aerei israeliani non sembrano in grado di poter mettere a tacere i missili di Hezbollah. Anche ieri, dopo otto giorni d'incursioni, almeno trenta razzi hanno colpito Tiberiade, Kiryat Shmona, Carmiel, Safed, Nahariya e altre località della Galilea. Amir Peretz ieri mattina non lo può sapere. Si è svegliato in mezzo ai missili palestinesi per correre in mezzo a quelli del Partito di Dio. La sveglia gliela danno, come lui stesso racconta, i Qassam lanciati dai palestinesi sulla cittadina di Sderot, dove lui continua a vivere. «L'allarme anti-Qassam di Sderot è suonato alle 6.14, un'ora e mezzo dopo ero a colloquio con il comandante del fronte settentrionale, e mentre guidavamo uno sbarramento di missili colpiva la zona», racconta compiaciuto il ministro della Difesa ai cittadini assediati dalle katiuscia. «Non ho più dubbi, questa battaglia ha unito ancora di più lo Stato d'Israele e tutti i suoi cittadini dal nord al centro, al sud del Paese». I toni sono più da maresciallo che da ex sindacalista di sinistra. «Il nostro governo è responsabile di tutti i cittadini d'Israele - tuona Amir Peretz -, quello di Beirut se vuole essere veramente sovrano deve essere in grado di dimostrare lo stesso livello di responsabilità». Parole interpretate da qualcuno come la minaccia di un possibile, imminente, ritorno delle truppe di Tsahal nella capitale libanese. E alle quali in serata fanno eco quelle del suo omologo libanese: «Se Israele invade, il nostro esercito è pronto». Anche la lettera indirizzata dal capo di stato maggiore generale Dan Halutz ai soldati non fa sperare in una soluzione vicina o immediata. «I combattimenti nel nord si aggiungono a quelli in Giudea, nella Samaria e a Gaza, e potrebbero continuare per un lungo periodo. La nostra forza morale e ideologica si rifletterà sul Paese e contribuirà alla nostra capacità di fronteggiare le minacce interne. Sarà una prova per tutti noi», scrive il generale con il tono di chi prepara le sue truppe a una lunga e non facile guerra. Del resto c'è poco da illudersi. Nasrallah, il leader di Hezbollah, ha ripetuto anche ieri che lui libererà i soldati israeliani rapiti solo in seguito a uno scambio di prigionieri. E i rapporti in arrivo nella sala comando dal fronte apertosi tra Avivim e il villaggio Maroun Ras parlano chiaro. I combattimenti assumono una brutta piega sin dalla mattina, quando un carro armato Merkava viene colpito da un razzo. Tre uomini dell'equipaggio sono feriti e uno appare subito in gravi condizioni. Mentre gli incursori fanno quadrato per proteggere l'evacuazione, un altro blindato viene colpito, e la risposta israeliana uccide due guerriglieri di Hezbollah. La battaglia intorno al reticolo di gallerie, avamposti e piazzole di lancio per i missili continua per tutto il pomeriggio. In questa seconda strenua fase dello scontro il numero dei soldati israeliani feriti raggiunge i nove. Ma i combattimenti sono così serrati e a distanza così ravvicinata da rendere difficile persino l'intervento degli elicotteri. Per Dan Halutz e per i generali riuniti nella «situation room» quella battaglia diventa l'immagine in scala ridotta di quanto dovranno affrontare se daranno il via all'offensiva di terra su tutto il fronte.

Sempre di Gian Micalessin, un'analisi sulla strategia di Hezbollah:

Dovevano far saltare un tunnel e un deposito di munizioni. «Una postazione abbandonata dopo i bombardamenti», recitano le istruzioni ricevute mercoledì notte nell'ultimo briefing prima dell'infiltrazione. La sorpresa arriva alle prime luci dell'alba. La piccola unità delle forze speciali israeliane è pronta a entrare in azione. Gli scout individuano l'entrata del deposito sotterraneo a sud di Maroun Ras. Poi entrano. Sulle prime non trovano resistenza, ma non appena dentro il tunnel capiscono. Qualcosa non va. Quella non è una semplice trincea, sembra un labirinto, una ragnatela scavata nella foresta e ramificata in profondità. La sorpresa peggiore è nascosta nelle gallerie, zeppe di nemici. I guerriglieri del Partito di Dio non hanno mai abbandonato le postazioni di Maroun Ras. Sono tutti rintanati là sotto. La base estesa per chilometri comprende trincee, bunker e postazioni di lancio per i missili sfuggiti alle telecamere dei drones, gli aerei telecomandati in volo sul Sud del Libano. Quando il comando settentrionale riceve le informazioni i generali cadono dalle nuvole. In sei anni di lavoro gli Hezbollah hanno costruito una rete di tunnel simile a quella utilizzata dai vietcong per sorprendere con micidiali attacchi dalle retrovie le truppe americane in Vietnam. Le successive comunicazioni radio con l'unità ai piedi delle colline di Maroun Ras confermano i peggiori timori. Il nemico ha individuato gli incursori, ha aperto un fuoco di sbarramento per impedirne la ritirata e li attacca da due lati. L'unità israeliana ha due morti e otto feriti colpiti da cecchini nascosti nella radura circostante. Quando una squadra di tank Merkava parte in loro soccorso i generali si accorgono di aver sottovalutato per la seconda volta il nemico. Un carro viene immobilizzato da una carica esplosiva, attaccato con un lancio di granate non appena l'equipaggio tenta di riparare il danno. Il disegno ora è chiaro. Dopo il ritiro israeliano del maggio 2000 gli Hezbollah e i consiglieri militari iraniani hanno trasformato il sud del Libano in una grande trappola. Le strade sono minate. Gli avamposti sono collegati da corridoi sotterranei alle basi principali interrate in bunker invisibili. All'intersezione dei corridoi sono raccolti i depositi di munizioni e di missili. Una parte del reticolo è connesso alle piazzole di lancio mimetizzate tra la boscaglia o riparate da tettoie utilizzate per lavori agricoli. La struttura segreta ha funzionato anche durante gli intensi combattimenti di giovedì quando, nonostante i drone e gli elicotteri in volo, gli hezbollah hanno lanciato un centinaio di missili in poche ore. E ora generali e governo devono decidere cosa fare. Per espugnare quella fortezza segreta non basteranno gli aerei e il costo in vite umane di un'invasione rischia di rivelarsi insopportabile.

Di seguito, l'analisi di Vittorio Dan Segre:

Il capo di stato maggiore israeliano, generale d'aviazione Haluz, in un messaggio alle truppe ha avvertito che la guerra potrà essere lunga e che gli Hezbollah si sono sbagliati sulle capacità di risposta di Israele. Quello che non ha detto è che molti gli rimproverano di non essersi preparato ad affrontare le tattiche che il braccio armato del «partito di Dio» aveva appreso soprattutto dai vietcong: bombe azionate a distanza contro mezzi pesanti nemici; reti di tunnel sotterranei per lo stoccaggio delle armi e la protezione dei combattenti dai bombardamenti aerei. A questo si aggiunge l'utilizzo delle abitazioni civili per nascondere le rampe di lancio dei missili. Questo spiega perché Israele ha bombardato il quartiere cristiano di Beirut, i cui abitanti si consideravano più al sicuro che in altre zone della capitale ed erano potenzialmente favorevoli all'eliminazione del dominio di un partito armato filo-siriano sullo Stato libanese. Significativamente ieri, dopo che gli israeliani avevano avvertito la popolazione del Libano meridionale di evacuare la zona in previsione di attacchi aerei, gli hezbollah obbligavano con le armi i civili a restare. Altro fatto interessante: ieri per la prima volta salve di missili sono state lanciate sul Golan, le alture siriane occupate sparsamente da insediamenti israeliani. Lo scopo era di far credere che provenissero dal territorio siriano con la speranza che Israele reagisse in quella direzione. La strategia degli hezbollah si rivela rivolta a prolungare la lotta per tre scopi. Anzitutto perché la sopravvivenza per un'organizzazione terroristica rappresenta di per sé una vittoria, anche se pagata a prezzo carissimo, e quali che possano essere i risultati del conflitto difficilmente Israele potrà ottenere l'eliminazione del «partito di Dio» dal Libano; poi perché con la continuazione della guerra aumenta su Israele la pressione internazionale, mentre le immagini televisive dei bombardamenti aerei accendono le folle contro i governi arabi sunniti ostili all'Iran sciita e per questo esitanti a intervenire. Infine perché gli hezbollah, unitamente alla Siria e all'Iran, sono convinti dell'incapacità israeliana di sostenere una lunga guerra che costa - calcolando le perdite all'economia - cento milioni di dollari al giorno. C'è dunque una convergenza di vedute fra il Capo di stato maggiore israeliano (molto criticato in Israele per la sua impreparazione a questo tipo di guerra) e il capo degli hezbollah (trasformatosi in una figura eroica nel mondo islamico) sulla necessità di prolungare lo scontro. Paradosso che può essere risolto solo dall'impiego di truppe di terra, che Israele sperava di poter evitare per non invischiarsi nel pantano libanese una volta di più.

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