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La Repubblica Rassegna Stampa
19.07.2006 La tragedia della guerra in Israele e in Libano
due testimonianze

Testata: La Repubblica
Data: 19 luglio 2006
Pagina: 2
Autore: Edna Calò Livne - Lina Khoury
Titolo: «I bambini vanno al sud e Haled sta chiuso in casa - La rivoluzione della guerra sulle vite dei bambini»
Due testimonianze sulla guerra. Quella dell'israeliana Edna Calò Livne e quella della libanese Lina Khoury, pubblicate da La REPUBBLICA del 19 luglio 2006:

 I kibbutzim vicino a Gerusalemme hanno proposto di aiutarci. Ora è il loro turno di accogliere i bambini in pericolo. Accompagno il mio piccolino, Or, all´autobus. «Hai portato il sacco a pelo?», domanda Tal, una bambina vispa che sei giorni fa ha chiesto alla mamma perché non la smettevano con i fuochi d´artificio, che le fischiavano le orecchie e le faceva male la testa. «Ci porteranno a vedere Israele in miniatura, e la grotta delle stalagmiti di Bet Shemesh», dice a Or con gli occhi scintillanti. La sua mamma e´ una di quelle che ha organizzato questo viaggio: è stato molto difficile quando Tal e le sorelline hanno scoperto la vera natura di quei rumori assordanti. Finalmente sembrano respirare, questi bambini, dopo giornate intere e notti insonni chiusi nei rifugi. A un certo punto non sai più a che giocare, che raccontare. Tutti i discorsi sugli aspetti negativi della Tv finiscono al vento… perché è difficile d´estate, con 38 gradi all´ombra, tenere tuo figlio chiuso tra quattro mura di cemento armato 24 ore su 24.
A casa mia si è rotto un tubo dell´acqua. Chiamo Haled, l´idraulico del kibbutz, arabo mussulmano di Jish, un villaggio a 5 km da noi. Le sue figlie fanno parte del mio teatro dell´Arcobaleno. Una persona stupenda. «Mi dispiace Edna - mi dice con un filo di voce -. Abbiamo ordini di bloccare tutti i lavori, non si può andare in giro, è pericoloso». «Dimmi Haled, dormite nei rifugi li?». «Macché rifugi, in tutto il paese ce ne saranno tre, passiamo la notte sulla terrazza… Tanto non si può dormire». Ebrei e Arabi della Galilea, siamo tutti uniti nello stesso destino e nella stessa paura. Gli dico per incoraggiare sia me che lui: «Finirà presto. Fra poco metteranno fuori uso le basi dei Katyusha». «Ma che fuori uso! - mi risponde –. Non è neanche l´inizio. Sono furbi. Aspettano che entrino i soldati, e se entreranno il prezzo sarà alto». Sento che mi mancano le forze. Non ce la faccio ad immaginare nuovi tranelli, mine, ordigni, morti, feriti, mutilati, vedove, orfani, lacrime.
Ieri sera è arrivata la notizia: un razzo Katyusha è caduto proprio a Jish, non lontano da casa di Haled.
Edna Calò Livne
Romana, vive in Israele dal 1975. È fondatrice del «Rainbow Theatre» e della Fondazione «Bereshit la Shalom».

In questi giorni ho pensato a lungo a quando ero piccola e in Libano c´era la guerra civile: allora noi bambini non capivamo molto. Quando le scuole rimanevano chiuse, ed accadeva spesso, per noi era una festa. Erano belle anche le ore passate nei rifugi: eravamo tutti insieme, noi bambini, c´era sempre qualcuno a raccontarci storie e a farci giocare, quasi non ci accorgevamo di quello che succedeva fuori. Quanto è diverso oggi! Io e i miei amici passiamo ore davanti a radio e televisioni a cercare di capire cosa sta facendo il governo, come agirà la comunità internazionale, dove vuole arrivare Hezbollah e quale sarà il prossimo obiettivo degli israeliani. Una cosa però è uguale al passato: oggi come durante la guerra civile, di bambini in strada non se ne vede nessuno, tutti sono chiusi in casa o nei rifugi.
Non so cosa capiscano i bambini di oggi di quello ci è piombato addosso così improvvisamente: molto dipende dalle famiglie, da quanto i genitori parlano davanti ai figli, da quanto lascino la tv accesa in casa. Penso che molto dipenda anche dalla condizione economica delle famiglie. Chi è ricco può passare molto tempo in una casa grande e avere a disposizione cibo e generatori per l´energia: molte persone benestanti hanno lasciato le città per ritirarsi nelle più isolate case di montagna. Ma chi è più povero non può contare su grandi scorte di cibo e non ha un posto dove rifugiarsi: molte persone, dal sud del Libano o dalla periferia di Beirut, hanno lasciato le loro case e sono andate nelle scuole, che sono state trasformate in centri di accoglienza. I miei amici a Beirut mi dicono che ci sono molti bambini nelle scuole: pensano di organizzare dei piccoli spettacoli teatrali per distrarli e non farli pensare ai bombardamenti. Se tutto andrà bene, inizieranno nei prossimi due o tre giorni: voglio andare anche io con loro. Penso che presto lascerò il villaggio dei miei genitori e tornerò a Beirut: non c´è nulla che possa fare qui per aiutare chi sta soffrendo per colpa di questa guerra. In città almeno posso mettere a frutto il mio lavoro per dare una mano a chi è dovuto scappare.
Lina KhouryDrammaturga libanese, autrice di Haki Niswan, versione araba dei Monologhi della vagina

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