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Libero Rassegna Stampa
18.07.2006 La verità di George W. Bush
scambiata per gaffe da chi pensa che la jihad possa essere fermata dalla diplomazia

Testata: Libero
Data: 18 luglio 2006
Pagina: 1
Autore: Glauco Maggi - Andrea Morigi
Titolo: «Bush: "Uffa che merde" - Le truppe israeliane entrano in Libano»

Ieri il sito di REPUBBLICA denunciava come enensima "gaffe" di Bush le frasi sulla della crisi libanese dette da George W. Bush a Tony Blair, parlando a microfoni accesi senza saperlo.
Giustamente sulla prima pagina di LIBERO del 18 luglio 2006 Glauco Maggi nota che quella pronunciata da Bush, sgradevole e rude quanto si vuole, è soltanto la verità.
Ed'è un bene che finalemente sia stata pronunciata.
Ecco il testo:
 

Viene da pensare che quel microfono, a San Pietroburgo, l'abbia tenuto acceso la Provvidenza. Nessun comunicato, né di alcuno degli Otto Grandi, né tantomeno il testo sottoscritto da tutti per chiedere all'Onu di metterci una pezza, poteva rendere più concretamente della "merda di Bush" il senso dell'attuale "casino" (ci adeguiamo per solidarietà linguistica) internazionale. L'Onu, si sa, ha i suoi tempi e i suoi vetichecristallizzano le crisi,emaile risolvono. Tantomeno, al Palazzo di Vetro, si dicemaiterrorista al terrorista. «La cosa ridicola è che ciò che devono fare è di dire alla Siria di costringere Hezbollah a fermare questa merda, e tutto finisce qui», ha invece banalmente sussurrato il presidente americano seduto al tavolo mentre mangiucchiava qualcosa, al collega di cui più si fida, Tony Blair, in piedi accanto a lui. È al di fuori dei momenti ufficiali, quelli dei sorrisi, delle strette di mano e dei meeting "on the record", che i leader si scambiano le confidenze vere, le convinzioni non mediate. Per questo le frasi "rubate" al protocollo dalla distrazione di un microfono non spento durante il pranzo sono importanti. E il tentativo di trasformarle in gaffe perché il linguaggio è quello che è, colorito dalla parolaccia, è irresponsabile più che risibile. Gli anti Bush non tengono vergogna: c'è in ballo una guerra mondiale con gli avamposti militari dell'Iran, il cui presidente proclama che vuole distruggere Israele, i quali bombardano di razzi per l'appunto Israele e rapiscono soldati israeliani, e questi che cosa fanno? Chirac e D'Alema dicono che la reazione di Tel Aviv è «aberrante» e «sproporzionata». E Prodi, che è riuscito a mancare persino la fotografia d'addio del gruppetto dei big perché stava telefonando, s'è prima vantato di aver parlato con il leader del Libano, che contameno del due di picche, e quindi ha combinato un pasticcio facendo credere e poi smentendo di aver avuto la pensata giusta: un trillo ai leader di Teheran per fare da "mediatori". Mandanti e mediatori insieme. Anche l'appeasement esige una sua dignità, e invece lo sbandamento del nostro primo ministro, che magari non dice cacca a tavola, è senza freni. Ora pare che il mantra sia «la forza di interposizione» al confine tra Israele e Libano, dove mandare i soldati dell'Onu, anche marines imperialisti Usa e carabinieri ex Nassirya, cioè quelli che i nostri prodi di sinistra vogliono ritiraredaIraq e Afghanistan. Ma, si sa, salvare la pelle e gli arsenali di Hezbollah val bene una missione "pacifista". La merda di Bush è musica. Perché è la sostanza che conta, e il mondo che oggi può sentire lo sboccacciato George senza filtro è bene che rifletta sui concetti e sui giudizi espressi da un leader frustrato dall'inazione dei suoi soci, anzichè trastullarsi con il galateo del comunicatese. Che cosa ha detto il cowboy texano? Per fermare il conflitto bisogna fermare gli aggressori. E poiché l'aggressione è venuta dai fondamentalisti del Partito di Dio, bisogna bloccarli, bisogna impedire che insistano in questa merda. Non si può essere più netti di così, anche perché la risoluzione 1559 dell'Onuprevedeva ildisarmo elo smantellamento delle milizie di Hezbollah da quando Israele ha accettato di ritirarsi dal Libano. E si è visto che cosa è successo. L'America sa di avere un ruolo centrale e non si sottrae. L'ha già fatto con la mappa della pace che doveva partire dai ritiri unilaterali israeliani (che ci sono stati, infruttuosi) e proseguire con lo smantellamento delle fazioni terroristiche palestinesi (chenonè mai avvenuto). Ora, il presidente sta pensando ad una delegazione di alto rango: «Penso che Condi Rice andrà in Medio Oriente abbastanza presto», ha confermato al premier inglese: i dettagli del viaggio sono in via definizione ma ci si aspetta che la missione avverrà dopo il ritorno degli inviati dell'Onu che dovranno fare un primo esame della situazione in loco. Ma chi sono i soggetti non nominati nel "fuori onda", che dovrebbero stoppare gli attacchi terroristici a Israele? Parlando a Blair e dicendo «loro», Bush si riferisce un po' a tutti. Chi non sa che sono la Cina e la Russia, che armano Teheran ed hanno relazioni privilegiate con i fondamentalisti di Hamas, i primi ad avere in mano le chiavi della pace? Lo sfogo verbale del presidente tradisce la sua insofferenza per l'intrinseca ipocrisa della situazione diplomatica internazionale. Sedersi a tavola con Putin, e sapere che Mosca ha già messo i bastoni tra le ruote sull'affare delle centrali nucleari che il regime iraniano vuole costruirsi in barba alle pressioni dell'Onu, degli Stati Uniti e dell'Europa, deve far andare di traverso il salmone. La nuova crisi provocata in Isreale dal braccio armato degli sciiti iraniani e siriani, le milizie Hezbollah, esaspera ora la frustrazione della Casa Bianca contro l'asse Teheran-Damasco-Mosca. Nelle ore caldissime del G8, significativamente il ministro degli Esteri iraniano Manuchehr Mottaki, a Damasco per una breve visita, ha consegnato una lettera indirizzata dal presidente Mahmud Ahmadinejad al suo collega siriano Bashar al Assad, nella quale si esprime appoggio alla Siria «contro qualsiasi minaccia». E solo una settimana fa sempre lo stesso Ahmadinejad ha minacciato una «dura risposta» se Israele attaccherà la Siria. Quanto a Kofi Annan, anche lui è entrato nella dichiarazione galeotta. «Gli voglio dire di prendere il telefono e chiamare Assad (il capo del governo siriano, ndr), perché faccia qualcosa ».Egli europei? Parolai. Parlano e parlano. Sarà un cowboy impaziente, ma dopo tanti meeting Bush ha imparato a conoscere bene lo stile dei politici della Vecchia Europa. «Non ho certo intenzione, io, di fare un lungo discorso come gli altri», ha confidato a Blair. «C'è certa gente qui al summit che parla davvero troppo». Poi Blair s'è accorto del microfono e l'ha spento. Ma scommettiamo che Bush ha continuato «...e non combinano un c.».

Di seguito, riportiamo l'analisi di Andrea Morigi sulla situazione in Libano e sul pericolo delle iniziative diplomatiche per fermare gli scontri (che è quello che alla fine la forza militare di Hezbollah sia preservata e possa dar vita a nuove aggressioni).
Ecco il testo:


Oltre 60 raid aerei hanno colpito il porto della capitale causando 43 vittime. Smantellate le strutture militari, distrutti i depositi di carburante e le stazioni radar Olmert: i soldati rapiti sono vivi, la nostra offensiva non si fermerà fino al loro rilascio. Ma presto scatterà il cessate il fuoco per evitare di colpire il premier francese de Villepin BEIRUT Circondati gli hezbollah, il loro capo Hassan Nasrallah bloccato a Hermel, vicino al confine siriano, chiuse tutte le vie di fuga dei terroristi verso l'estero, i carri armati con la stella di Davide irrompono in Libano attraverso la frontiera meridionale. C'è ancora poco tempo per far scattare l'offensiva di terra contro le basi dei terroristi islamici sciiti che si trovano alla frontiera con Israele e da dove vengono lanciati i razzi contro le città nel nord dello Stato ebraico. Secondo Israele, gli Hezbollah disporrebbero di una ventina di missili con una gittata tra i cento e i duecento chilometri. Almeno uno, a lungo raggio, di fabbricazione iraniana, in grado di raggiungere Tel Aviv, in dotazione agli Hezbollah, è stato distrutto in un raid aereo israeliano. Ma occorre fare in fretta per distruggere tutto l'arsenale di chi vuole cancellare Israele. E per salvare i due soldati israeliani rapiti in Libano, Ehud Goldwasser e Eldad Regev. Sono vivi, ha riferito domenica sera alle floro amiglie il primo ministro israeliano Ehud Olmert, in una telefonata. Manca solo qualche ora, prima che la macchina della diplomazia si metta in moto per impedire a Tsahal di far piazza pulita. Poi scatta un cessate- il- fuoco di fatto, per evitare di colpire per errore il primo ministro francese Dominique de Villepin, arrivato a bordo di un elicottero a Jamhour, nella periferia est di Beirut. Viene a portare il messaggio pacifista, antioccidentale e filoislamico del suo presidente della Repubblica, Jacques Chirac, che ieri da San Pietroburgo, in chiusura della riunione del G8, ha definito « aberrante » l'offensiva israeliana in Libano, sollecitando l'avvio di negoziati. Si dice ottimista un professionisti della mediazione, come Vijay Nambiar, consigliere politico del segretario delle Nazioni Unite Kofi Annan, a capo della missione Onu inviata in Libano: « Abbiamo fatto promettenti primi passi in avanti. Il mio gruppo ha discusso idee concrete con le autorità libanesi » . Il team andrà tra breve in Israele per presentare « queste idee per un'ulteriore discussione » . Nambiar ha chiesto però prudenza nel prospettare la possibilità a breve di un cessate il fuoco tra le due parti: « Devo sottolineare che questi sono i primi passi e molto lavoro diplomatico deve essere ancora fatto » . Molto e difficile, perché Olmert è contrario all'invio di una forza internazionale nel Libano meridionale, avanzata ieri da Annan. Gerusalemme vuole che siano le forze regolari libanesi a prendere il controllo dell'area e che Hezbollah sia disarmata. Casomai, ha spiegato Mark Regev, portavoce del ministero degli Esteri israeliano, il suo Paese « accoglierebbe favorevolmente un sforzo internazionale più energico e decisivo per giungere all'immediata e piena realizzazione delle risoluzioni 1559 e 1680 dell'Onu » , che chiedono il disarmo di Hezbollah. Altrimenti, l'operazione militare potrebbe concludersi con un nulla di fatto. Nel 1967, almeno, la vittoria militare di Israele era stata netta, anche se in soli sei giorni. Nelle circostanze attuali, non sembrano sufficienti. È da mercoledì scorso, infatti, che un centinaio di caccia dell'aviazione israeliana sta smantellando le strutture militari del Paese dei Cedri. Ieri ne hanno fatto le spese 43 persone, morte durante gli oltre 60 raid aerei che hanno colpito il porto della capitale libanese, i depositi di carburante nei quartieri settentrionali e la periferia meridionale. Distrutte anche due postazioni dell'esercito libanese sulla costa settentrionale, uccidendo almeno sei soldati. Nella zona si troverebbero stazioni radar utilizzate dai terroristi per colpire venerdì la nave militare israeliana al largo di Beirut. Israele ha smentito ieri pomeriggio che uno dei suoi aerei sia stato abbattuto sopra Beirut, come affermato da una televisione libanese. « Nessun aereo o elicottero risulta mancante, nessun apparecchio israeliano è stato colpito sopra Beirut » ha affermato un portavoce militare. Eppure tutti gli sforzi bellici rischiano di andare in fumo, con una settimana scarsa a disposizione per mettere in ginocchio gli esecutori degli ordini di Iran e Siria. In realtà, i loro complici possono ancora dirsi fortunati. Come quel Michel Aoun, ex generale dell'esercito libanese, cristiano maronita che punta alla presidenza della Repubblica e ha stretto un accordo politico con gli Hezbollah. Israele non ha infierito sulle zone cristiane del Paese, evitando anche i quartieri cattolici e ortodossi nelle città a maggioranza sciita. Se si sono salvati lo debbono a quei cristiani come Samir Geagea, contrario all'intesa come del resto anche il druso Walid Jumblatt. Ma il fronte antisiriano sembra ancora troppo debole per disarmare i terroristi. Ma a mano a mano che i bombardamenti proseguono, va perdendo forza anche il governo libanese di Fuad Siniora. Il colpo finale glielo potrebbero dare forse non gli israeliani, ma i sauditi, che appoggiano Saad Hariri, figlio di Rafiq, l'ex premier assassinato, e leader del partito Mustaqbal ( Futuro). A. M

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