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Il Foglio Rassegna Stampa
18.07.2006 Mediazioni europee, forze di interposizione dell'Onu:perché non possono funzionare
soltanto Bush ha saputo indicare il vero problema

Testata: Il Foglio
Data: 18 luglio 2006
Pagina: 1
Autore: la redazione - Giorgio Israel
Titolo: «La grande impotenza - Israel ricorda a Sansonetti i Qassam.»

Dal FOGLIO del 18 luglio 2006:

 Bruxelles. “De-escalation” è la nuova parola d’ordine della comunità internazionale per mettere fine alla guerra tra Israele e Hezbollah. Bisogna fare tutto il possibile per “arrivare a una de-escalation della situazione e non entrare in una dinamica di azione-reazione”, ha detto l’alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea, Javier Solana, appena rientrato da un viaggio a Beirut, dove gli ha dato il cambio il premier francese, Dominique de Villepin. I ministri degli Esteri dei Venticinque – con l’eccezione di Massimo D’Alema, assente al Consiglio affari generali di ieri – hanno ascoltato il resoconto dell’incontro con il primo ministro libanese, Fouad Siniora. Solana ha avvertito del rischio di “iranizzazione” dell’insieme dell’area a causa “dell’uso sproporzionato della forza da parte di Israele”. Le sue parole hanno trovato eco nelle conclusioni del Consiglio che, su iniziativa francese, ha chiesto “un’immediata cessazione delle ostilità” a entrambe le parti, senza porre ulteriori condizioni. Il capo della diplomazia europea è impegnato in uno dei tanti tentativi di mediazione provenienti dall’Europa in queste ore e usa gli stessi strumenti diplomatici che hanno permesso all’Iran di prendere in giro l’occidente sull’arricchimento dell’uranio e la corsa all’atomica. Il ministro degli Esteri spagnolo, Miguel Angel Moratinos, ha proposto ai suoi colleghi l’invio di una “missione diplomatica di alto livello” che includa nelle sue tappe Teheran e Damasco. Secondo la commissaria alle Relazioni esterne, Benita Ferrero-Waldner, “ci sono molte parti in medio oriente che hanno influenza” e bisogna “coinvolgerle tutte”, compresi i mullah contattati da Romano Prodi. Il presidente del Consiglio ieri ha continuato la diplomazia del doppino con una chiamata serale al premier israeliano Ehud Olmert e un’altra al suo omologo libanese Siniora. Nessuna decisione formale è stata presa dall’Ue, ma tra gli strumenti ipotizzati “per contribuire a una riduzione della tensione” il più citato è l’invio nel sud del Libano di una forza internazionale. “L’Ue o l’Onu potrebbero avere un ruolo di peacekeeping”, ha dichiarato il ministro degli Esteri finlandese e presidente di turno dell’Ue, Erkki Tuomioja. L’idea – bocciata da Israele – è partita dal vertice del G8 di San Pietroburgo, dove il primo ministro britannico, Tony Blair, ne ha parlato come “unico modo” per “creare le condizioni necessarie alla cessazione delle violenze”. Il presidente francese, Jacques Chirac, ha tracciato le linee guida di questa missione: le azioni israeliane sono “aberranti” e la situazione “esige un intervento esterno: repressione e sorveglianza attraverso una forza internazionale e un cordone sanitario”. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si è riunito ieri sera per consultazioni durante le quali è stato deciso di definire i dettagli per introdurre una presenza internazionale di monitoraggio. Dall’Italia è arrivato un sostegno entusiasta all’invio di diecimila soldati con “un mandato robusto: è il momento che l’Ue dimostri la sua forza e che si assuma i suoi compiti e responsabilità di fronte alla storia”, ha dichiarato Prodi in una conferenza stampa al termine del G8. La rude schiettezza di Bush La storia tuttavia impone altri insegnamenti. Chirac ha ricordato che “abbiamo già avuto in passato” una forza internazionale e “non era andata male”. Il presidente francese – come gli altri leader europei – forse ha scordato la fuga nella primavera 1984 della Forza multinazionale in Libano, impotente di fronte alla guerra civile e mortalmente colpita dagli attentati orchestrati da Iran e Siria. Allo stesso modo, l’Ue finge di ignorare l’attuale presenza dell’Onu nel sud del Libano. Creata nel 1978, composta da duemila militari (compreso un contingente italiano) e 400 civili e comandata dal generale francese, Alain Pellegrini, la Forza temporanea dell’Onu (Unifil) ha il mandato di “confermare il ritiro delle forze israeliane dal sud del Libano (già completo nel 2000), restaurare la pace e la sicurezza internazionale e aiutare il governo libanese a restaurare la sua autorità nell’area”. Ma l’Unifil “serve solo a proteggere gli Hezbollah”, come aveva spiegato al Foglio un portavoce dell’Idf, due settimane prima che le milizie sciite attaccassero Israele. Nel 2000, la forza onusiana era rimasta coinvolta nel rapimento di tre soldati israeliani da parte delle milizie sciite con uniformi e targhe dell’Unifil. Hezbollah ha l’abitudine di installare i suoi avamposti al fianco delle postazioni dell’Onu per evitare le reazioni israeliane, mentre il governo libanese ha usato l’Unifil come alibi per non inviare il suo esercito alla frontiera. Il suo mandato scade il 31 luglio e gli europei vogliono che il Consiglio di sicurezza ne rafforzi il contingente come deterrente agli attacchi di Israele contro Hezbollah. “L’ironia – come ha detto ieri George W. Bush a Tony Blair davanti a una bruschetta al burro – è che quello che devono fare (gli europei) è persuadere la Siria a convincere Hezbollah a fermare questa merda. Ed è finita”. (18/07/2006)

Di seguito, una lettera al direttore di Giorgio Israel:

Al direttore - Scrive il direttore di Liberazione Piero Sansonetti a Furio Colombo ed Emanuele Fiano di non capire perché ignorino che “questa crisi è nata dall’attacco israeliano a una spiaggia di Gaza”. Dato che si dice che Sansonetti sia un giornalista non si capisce perché ignori che, ben prima della vicenda dei civili uccisi sulla spiaggia di Gaza – vicenda peraltro tutta da appurare e che è probabilmente una delle tante viscide montature mediatiche anti-israeliane – ci sono più di mille missili Qassam lanciati da Gaza contro città israeliane come Sderot e Ashqelon, quelle che stanno dietro i confini antecedenti il 1967. Il nostro avverte ancora con supponenza Colombo e Fiano che “il giorno che avrete voglia di pronunciare le parole occupazione militare e illegalità internazionale il discorso tra noi sarà molto più facile”. Per l’intanto, Sansonetti, di “legalità” parla come e quando gli fa comodo: è legale sparare missili su Israele o sequestrarne i soldati sul suo territorio, è legale l’agire di Hezbollah e illegale sparare contro i terroristi, gli assassini e quelli che hanno come articolo costituzionale la distruzione di Israele e i Protocolli dei Savi di Sion. D’altra parte, non dimentichiamo trattarsi di persona che ha dimostrato la sua sensibilità tacciando di razzismo chi deplorava la devastazione delle sinagoghe dopo il ritiro da Gaza. Forse Sansonetti più che porre condizioni per il dialogo dovrebbe rendersi conto che è difficile che possa essere degno di saluto chi scrive cose come quelle che è capace di scrivere lui. E il presidente Bertinotti dovrebbe rendersi conto che i suoi tripli salti mortali dialettici non bastano a includere roba del genere nel quadro di una sinistra presentabile. Voler tenere tutto assieme è un’antica regola che dovrebbe essere abbandonata da chi dice di aver rotto i ponti con i precetti dello stalinismo. Giorgio Israel

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