Ore convulse e forse decisive queste per il prosieguo delle schermaglie tra Israele ed Hezbollah. Due le notizie rilevanti: la prima è che l’esercito di Gerusalemme ha dato indicazione alla popolazione del centro del paese di preparare i rifugi, la seconda riguarda le trattative tra il governo libanese e il “partito di Dio” per la sostituzione della milizia con truppe regolari dell’esercito libanese.
Il messaggio è passato la mattina tramite il canale prioritario di Tsahal e ha raggiunto immediatamente i cittadini israeliani, ancora assopiti nella convinzione che il raggio d’azione delle katiusce dei terroristi Hezbollah si limitasse al Nord d’Israele; l’intelligence militare sembra aver appurato che gli Hezbollah siano dotati di missili (molto probabilmente forniti da Teheran) con gittata fino a 200km, capaci in pratica di colpire quasi tutte le principali città israeliane, Tel Aviv in primis. La notizia ha suscitato forti apprensioni nella popolazione israeliana riportandola con la mente a 15 anni fa, quando fu costretta a rifugiarsi nelle cantine dagli Scud di Saddam. Al momento non si sa fino a che punto e con che intensità gli Hezbollah siano in grado di colpire Tel Aviv e la sua area metropolitana, resta il fatto che ciò potrebbe alterare significativamente gli equilibri e il livello dello scontro, fino ad arrivare ad un situazione di guerra generalizzata, nella quale Israele si vedrebbe costretto a combattere su più fronti (Libano, Siria, Palestina, Iran), così come non accadeva dal 1973.
La notizia di un possibile avvicendamento tra Hezbollah forze regolari libanesi apre nuovi orizzonti sul futuro degli scontri; se questo accadesse infatti, Israele non troverebbe più quella palese legittimità all’autodifesa che una guerra agli Hezbollah gli garantisce (perlomeno agli occhi degli Stati Uniti), ma si troverebbe a dover fare alcuni passi indietro, dovendo probabilmente rinunciare a chiudere i conti in tempi brevi con la milizia sciita. Un eventuale intervento dell’esercito libanese, finora incapace di avere monopolio della forza all’interno del proprio territorio, potrebbe aprire due scenari: nel primo, assai poco probabile, assisteremmo ad uno scontro politico-militare tra governo-esercito libanese ed Hezbollah, il cui scopo sarebbe quello di ridurre l’influenza del movimento sciita sul paese dei cedri; nel secondo, più probabile, l’esercito libanese farebbe un’operazione di facciata contro Hezbollah, smorzandone gli attacchi contro Israele, ma di fatto lasciandone intatte le capacità operative, così che Israele sia costretto ad interrompere la propria offensiva militare. Allo stesso tempo è necessario tenere l’occhio vigile su quanto accade a Teheran, dal momento che il regime degli ayatollah (principale finanziatore degli Hezbollah) è probabilmente il grande burattinaio di questa crisi. Sembrerebbe infatti che il governo estremista di Ahmadinejad, dopo aver azionato gli Hezbollah a fini provocatori, voglia usufruire dell’escalation attuale per convincere la comunità internazionale che il vero problema del Medio Oriente non sia tanto lo sviluppo del proprio programma nucleare , quanto l’innata bellicosità dell’ “entità sionista”.
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