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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
17.07.2006 Il G8 condanna l'aggressione Hamas e Hezbollah
e chiede il rilascio dei soldati israeliani

Testata: Corriere della Sera
Data: 17 luglio 2006
Pagina: 5
Autore: Ennio Caretto
Titolo: «G 8, le accuse più forti ad Hamas e Hezbollah»

Dal CORRIERE della SERA del 17 luglio 2006:

SAN PIETROBURGO — La restituzione dei soldati israeliani presi in ostaggio a Gaza e in Libano; la fine dei bombardamenti nel territorio di Israele; la sospensione delle operazioni militari israeliane; il rilascio dei parlamentari e dei ministri palestinesi arrestati: queste le quattro condizioni «per la duratura cessazione della violenza e la costruzione della pace» in Medio Oriente poste ieri dal G8 a tutte le parti in causa.
Le grandi potenze hanno trovato l'accordo per una dichiarazione unanime, «forte» come l'ha definita la cancelliera tedesca Angela Merkel, sul sanguinoso conflitto libanese, esprimendo un «crescente allarme per l'aumento delle vittime civili» e dichiarando il «pieno appoggio alla missione diplomatica dell'Onu nella regione». L'accordo è stato raggiunto al termine di 48 ore di aspri negoziati, e dopo che il gruppo aveva rischiato una clamorosa rottura. Mentre il vertice non è riuscito a fare nessun passo avanti sulla questione del nucleare iraniano.
IlG8 non ha chiesto a Hezbollah e Israele di deporre subito le armi, nel timore di una risposta negativa che ne avrebbe sminuito la credibilità, né ha varato una mediazione congiunta. Il vuoto è dovuto agli Stati Uniti, che si sono opposti a un intervento diretto nella crisi, insistendo che avrebbe prodotto solo una tregua di pochi giorni o settimane senza risolvere le cause del conflitto, come ha ammonito apertamente il segretario di Stato «Condi» Rice.
L'effetto della dichiarazione del G8 resta perciò dubbio. Se gli Stati Uniti, che ritengono che l'eliminazione dell'Hezbollah in Libano e di Hamas in Palestina sia nel loro interesse, non premeranno su Israele, difficilmente le ostilità cesseranno. Nonostante le proteste del presidente francese Chirac, il documento non giudica «sproporzionata» la reazione israeliana alla provocazione di Hezbollah.
La dichiarazione non ha segnato tuttavia un successo americano. Gli altri membri del G8 hanno abbracciato la posizione del presidente Bush che la crisi è colpa di Hamas ed Hezbollah.
Ma hanno rifiutato di denunciare la Siria e l'Iran quali loro sponsor, come Bush avrebbe voluto: il documento denuncia solo «gli elementi estremisti e coloro che li appoggiano», senza fare nomi. La Russia e la Francia, le più contrarie alle istanze americane, hanno inoltre imposto un richiamo a Israele a «impiegare la massima moderazione e a non destabilizzare il governo libanese». E hanno strappato una dura critica alla strategia israeliana a Gaza, un tema che Bush avrebbe preferito non sfiorare: i palestinesi riconoscano l'esistenza di Israele, scrive il documento, ma Israele si astenga da atti unilaterali. Putin, tra l'altro, ha fieramente dichiarato «di non essersi pentito di aver invitato i rappresentanti di Hamas a Mosca».
Nel punto politicamente più rilevante della dichiarazione, il G8 ha guardato al dopo crisi, invocando l'attuazione della risoluzione 1.559 del Consiglio di sicurezza dell'Onu, che prevede il disarmo dell'Hezbollah, e suggerendo l'invio di «una presenza internazionale di sicurezza e di monitoraggio» nel Libano meridionale, cioè un corpo di spedizione, in modo da rafforzare il governo libanese.
E ha chiesto il rilancio della «road map», il percorso di pace tra israeliani e palestinesi, con questo programma: fine del terrorismo da parte di Hamas; rispetto dei principi del quartetto Onu, Usa, Ue, Russia da parte di tutti; allargamento del gruppo dei donatori per i palestinesi; assistenza israeliana per loro; ripresa della cooperazione di sicurezza tra le due parti; ritorno al dialogo.
Nel braccio di ferro, Bush e il presidente russo Putin si sono scambiati velate accuse: Bush ha lamentato che in Medio Oriente «non si isolino gli estremisti e non si creino democrazie», Putin che «Israele persegua obiettivi più ampi che non la restituzione degli ostaggi». Il G8 ha faticato a ricucirsi. Il premier inglese Blair s'è schierato col presidente americano, attaccando «l'arco estremista» che attenta alla libertà in Libano, in Palestina e in Iraq, «ed è spalleggiato da Paesi come la Siria e l'Iran». Chirac ha ribattuto che andavano censurate «tutte le forze», quindi anche Israele, «che minacciano la sicurezza e sovranità libanesi». Le trattative si sono protratte più a lungo del previsto, costringendo i grandi a rinviare le loro conferenze stampa. Poi il compromesso che ha salvato il G8 dal disastro e forse aiuterà il Medio Oriente.

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