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La Stampa Rassegna Stampa
16.07.2006 Israele deve difendersi dall'attacco jihadista
intervista di Fiamma Nirenstein all'analista Eran Lerman

Testata: La Stampa
Data: 16 luglio 2006
Pagina: 2
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Non possiamo lanciare caramelle»
Da La STAMPA del 16  luglio 2006, un'intervista di Fiamma  Nirenstein  all'analista israeliano Eran  Lerman.
Ci sembra che il titolo scelto dalla redazione "Non possiamo lanciare caramelle" non renda il senso delle parole di Lerman.
E' fuori contesto, perché viene omesso il riferimento dell'analista alle "caramelle" con le quali l'Europa affrontò la minaccia hitleriana, e sembra, soprattutto in fondo a due pagine dedicate alla drammatica situazione del Libano e ai morti civili, un'afefrmazione spietata.
Ma Lerman dice molte altre cose: anzitutto  spiega perché  una risposta militare  all'aggressione di Hezbollah é necessaria, poi ribadisce che il fuoco israeliano è mirato, ma che è impossibile evitare del tutto errori.
S poteva dunque operare nel titolo una sintesi più corretta, più fedele allle parole di Lerman e più attinente alla realtà.
Ecco il testo:


Eran Lerman, dopo essersi distinto nei servizi segreti dell’esercito, è oggi un analista molto consultato e il direttore dell’American Jewish Committee (Ajc) in Israele. Anche lui, come tutti, ha ricevuto in questi giorni l’avviso che potrebbe essere richiamato nel servizio di prima linea, nell’Intelligence. E si prepara.
Dottor Lerman, ad Israele viene soprattutto da parte europea - anche dal mio Paese - l’accusa di stare usando la forza nel territorio libanese in maniera sproporzionata. C’è del vero?
«Mi sembra un’accusa senza senso: ci troviamo di fronte a un forte nemico che vive per distruggere, che è armato e finanziato dall’Iran ed è legato alla Siria, che usa il territorio di uno Stato sovrano, il Libano, per mettere in atto le sue ambizioni assassine. E lo fa con l’uso di armi numerose e potenti, seminando distruzione dentro i nostri confini senza nessun’altra ragione che quella del suo odio. E come lo dovremmo fermare? Con un lancio di caramelle, come fece l’Europa con Hitler nel 1943? Chi ascolta oggi attentamente le parole di Nasrallah o legge l’articolo 22 della carta di Hamas, che ci promette la distruzione totale, capirà che qui è in corso una guerra antitotalitaria che non ammette chiacchiere. Se la dovessimo perdere, se il Libano restasse nelle mani degli Hezbollah, noi seguiteremo a essere minacciati da una milizia iraniano-siriana sul confine».
Ci sono molti morti fra i civili libanesi. È proprio necessario, in una guerra contro gli Hezbollah?
«Un intero apparato militare, dotato di armi moderne e sofisticate, è nascosto in edifici privati e infrastrutture mirate a costruire una rete di scudi umani. Noi sappiamo bene dove sono, miriamo alle armi, e non è un caso che fino a quest’ora in questa giornata su di noi siano stati lanciati 70 missili, contro i 350 di ieri. Peres ha chiesto alla popolazione a contatto con gli Hezbollah di spostarsi».
Ma Beirut? Le piste aeree? La strada fra Beirut e Damasco?
«Il nostro uso del fuoco è mirato, cerca di evitare i civili, anche se errori ci possono essere. Anche nel quartiere di Dahia, dove c’è la principale base terrorista, abbiamo avvertito prima la popolazione. Gli altri obiettivi servono a impedire che l’Iran ricostruisca in fretta e furia l’arsenale di Nasrallah».
Nasrallah ha lanciato su una nave israeliana a largo di Beirut un missile C102, teleguidato, molto sofisticato. Inoltre ha raggiunto Tveria, sul lago di Tiberiade: cos’è questa escalation?
«Il missile è l’ennesima impronta digitale dell’Iran, che manda le sue armi via Siria. Ma dubito che i due vogliano entrare nel conflitto, se non a parole. L’Iran è preso dal suo programma nucleare; e in Siria Bashar Assad sa che quella sarebbe la fine del suo regime, già pericolante».
Oggi avete bombardato molto vicino al confine Siriano.
«No, era dentro il Libano. Ma Assad deve smettere di giocare il ruolo di coprotagonista, di sponsor del terrore. Senza di lui, tutti i disastri del medio Oriente non avrebbero luogo. Pensiamo all’assassinio di Rafik Hariri (ex primo ministro libanese, assassinato a Beirut con un ordigno esplosivo il 14 febbraio 2005, ndr) e capiremo quanta spregiudicatezza terrorista ci sia nel regime siriano. Pensiamo all’azione di Kerem Shalom a Gaza. Ospita tutte le organizzazioni terroriste, gestisce un rapporto determinante con Khaled Meshaal, il capo di Hamas, gli Hezbollah sono ancora la sua longa manus in Libano anche dopo che l’uscita. Il problema è che, mentre il Libano ha un gruppo dirigente che potrebbe gestire democraticamente e pacificamente il Paese, se solo si decidesse a disarmare e espellere dal confine gli Hezbollah, invece in Siria non si vede nessuno all’orizzonte».
Quindi non è nel vostro interesse lo scontro.
«No, a meno che l’Iran non spinga Assad a dar fuoco al confine col Golan, e cerchi di farlo diventare un altro fronte terroristico attivo. Allora, non avremmo scelta».
Ma avete già due fronti aperti.
«Non credo che sarebbe difficile vincere un’eventuale guerra».
Neppure con l’Iran?
«Inutile parlarne ora. Certo, se Ahmadinejad decidesse di spararci i suoi Shihab, allora sarebbe un’altra storia, speriamo non accada mai».
Per spostare gli Hezbollah dal confine, non sarà necessario rientrare via terra in Libano?
«Non si tratterebbe di una massiccia avanzata dell’esercito, ma di rapide incursioni, come a Gaza, con un basso numero di perdite e un uso sofisticato di uomini e armi. Niente occupazione, ma una guerra postmoderna cui ci prepariamo da tempo».
Potete vincere? Potete cacciare gli Hezbollah?
«Non abbiamo scelta. Abbiamo dimostrato a fondo a quanti sacrifici e ritiri siamo pronti pur di non fare la guerra. Ai nostri nemici, invece, è indispensabile. Ma sbagliano, come ha fatto Nasrallah, sulla nostra determinazione a vivere, a batterci. In questo, siamo tutti uniti, dalla sinistra alla destra».
Come vede l’atteggiamento del consesso internazionale?
«In genere, positivamente: l’Onu sta rimandando in zona Terje Larsen, che ha più volte dichiarato che il Libano deve ottemperare alla risoluzione 1559, eliminando il terrorismo degli Hezbollah. L’Europa invece stranamente non capisce quanto sia dura la battaglia antitotalitaria. Se all’Ue interessa battersi per una soluzione di due stati per due popoli, deve finalmente realizzare che, per poterlo fare, l’islamismo jihadista deve essere sconfitto. Altrimenti, non c’è storia».

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