La "soluzione" di Haniyeh è la scomparsa di Israele ma ciò che ha veramente scritto sul Washington Post non si deve sapere
Testata: La Repubblica Data: 12 luglio 2006 Pagina: 15 Autore: la redazione Titolo: «Il premier Haniyeh»
Scorretta presentazione di un articolo di Ismail Haniyeh pubblicato l'11 luglio dal Washington Post. Il premier palestinese, esponente dell'organizzazione terroristica Hamas, risulta dire il contrario di ciò che ha detto: Ecco il testo:
Ismail Haniyeh, premier palestinese di Hamas, in un articolo pubblicato ieri sul Washington Post accusa la Casa Bianca di continuare la propria aggressione «contro 3,9 milioni di civili che vivono nei più grandi campi di prigionia al mondo», a Gaza e in Cisgiordania, avallando le politiche israeliane. «Il rapimento del soldato Shalit è solo il pretesto per una strategia pianificata da Gerusalemme mesi fa, il cui vero obiettivo è quello di distruggere i risultati di libere elezioni» e mettere in discussione la leadership di Hamas. Tuttavia, secondo Haniyeh, una soluzione è possibile. Si basa sul ritiro di Israele dalle terre occupate nel 1967, sul riconoscimento dei diritti dei rifugiati e di Gerusalemme Est come capitale del nuovo Stato. Se ciò non avverrà, minaccia Haniyeh, «gli israeliani non potranno godere di quegli stessi diritti che negano al popolo palestinese».
In realtà Haniyeh ha sostenuto nel suo articolo per risolvere il conflitto bisogna affrontare le “questioni centrali del 1948, anziché quelle secondarie del 1967”. Ovvero: non l'"occupazione" di Cisgiordania e Gaza, ma l'esistenza stessa di Israele. "Contrariamente a quanto dicono i mass-media – scrive Haniyeh – il contenzioso non riguarda solo Gaza e Cisgiordania. Si tratta di un conflitto nazionale più ampio, che può essere risolto solo affrontando tutte le dimensioni dei diritti nazionali dei palestinesi in modo integrato. Questo significa indipendenza per Cisgiordania e striscia di Gaza, capitale nella Gerusalemme est araba, e soluzione del problema dei profughi palestinesi del 1948 sulla base della legittimità e del diritto internazionale costituito”. Quest'ultimo punto deve essere interpretato alla luce della delegittimazione di Israele implicita nell'affermazione per la quale il vero problema si è posto nel 48 (quando, appunto, Israele è nata) e non nel 67. Il "diritto al ritorno" è uno strumento per cancellare la maggioranza ebraica in Israele, cioè per liquidare il sionismo attraverso l'alterazione degli equilibri demografici. D'altro canto, comtrariamente a quanto lascia intendere REPUBBLICA, in cambio di questo suicidio Haniyeh non offre in alcun modo a Israele "la pace", ma solo l'avvio di "negoziati significativi" per una “hudna (cessazione globale delle ostilità per un periodo concordato di tempo)” fra i palestinesi il "presunto legittimo stato di Israele" (fonte israele.net, da Haaretz).