Razzi kassam, agguati e sequestri: così i terroristi hanno scatenato la crisi di Gaza l'analisi di Guglielmo Sasinini
Testata: Famiglia Cristiana Data: 10 luglio 2006 Pagina: 30 Autore: la redazione Titolo: «La battaglia di Gaza»
A pagina 30 di Famiglia Cristiana del 9 luglio è pubblicato un articolo di Guglielmo Sasinini intitolato “ La battaglia di Gaza”.
Un’analisi abbastanza corretta sull’escalation di violenza che nelle ultime settimane ha riacutizzato il conflitto israelo-palestinese: da un lato le cellule palestinesi continuano a lanciare razzi Qassam contro le città israeliane provocando morti e feriti, dall’altro la reazione israeliana, ferma e decisa nel tutelare l’incolumità dei suoi cittadini,continua a suscitare critiche da parte delle diplomazie occidentali.
Ad aggravare il clima già infuocato si è aggiunto il tragico sequestro del soldato Gilad Shalit e l’uccisione di un giovane colono di 18 anni.
Ecco il testo:
“ Il tragico sequestro di Gilad Shalit, il diciannovenne caporale israeliano rapito da Hamas, ha letteralmente dato fuoco alle polveri. I carri armati israeliani sono penetrati nuovamente nella Striscia di Gaza, stringendo in una sorta di assedio i Territori palestinesi. Il premier israeliano Ehud Olmert è di fronte ad un dilemma, negoziare o non negoziare, anche perché gli estremisti minacciano nuovi rapimenti. Pure le Brigate Al Aqsa, legate al Fatah di Abu Mazen, hanno rivendicato il sequestro di un colono israeliano. Una linea di speranza è legata alle pressioni che Damasco è in grado di esercitare su Hamas: non a caso i caccia israeliani sorvolano spesso la capitale siriana. Anche l’Egitto è sceso in campo per tentare una mediazione e indurre gli uomini di Hamas a non inasprire la situazione già drammatica.
Sul piano militare, le forze israeliane hanno preso posizione nell’area dell’aereoporto, costringendo gli abitanti dei villaggi a raggrupparsi nella città di Rafah. I caccia di Gerusalemme hanno colpito con nove missili la centrale che produce elettricità per tutta Gaza e il 65 per cento della Striscia è rimasto senza luce. Anche l’acqua è razionata, mentre a nord di Gaza l’esercito ha intimato alla popolazione di andarsene prima di effettuare una pesante incursione per colpire le cellule palestinesi che lanciano razzi Qassam contro le città israeliane.
“Non intendiamo rioccupare Gaza”, dicono allo Stato Maggiore israeliano, “ma siamo pronti ad azioni estreme per liberare i prigionieri”. Se quello di Shalit resterà un episodio isolato, Israele potrebbe essere disposta a far rientrare rapidamente le truppe nei propri confini; ma se, come diversi elementi farebbero ritenere, Hamas è decisa a portare avanti la sua offensiva, Gerusalemme manda a dire che è pronta a un’escalation militare. Lo scambio di prigionieri offerto dal Governo di Hamas è stato accettato freddamente dal presidente Olmert. Se in passato altri Governi israeliani avevano accettato scambi con Hezbollah e Olp, oggi un atteggiamento di questo genere significherebbe un esplicito riconoscimento della legittimità di Hamas.
Il presidente palestinese Abu Mazen sta tentando di giocare la carta della mediazione, con il segreto proposito di ottenere due risultati: scalzare la leadership di Hamas e dimostrare a Israele che è lui l’interlocutore più valido.
Dietro la strategia dei rapimenti c’è Khaled Meshal, il vero capo militare di Hamas rifugiato a Damasco, che il servizio segreto israeliano tenta di colpire da anni. Meshal ha studiato la strategia dei sequestri degli Hezbollah nel Sud Libano e quella messa in atto dai qaedisti in Irak. Tutti i dirigenti di Hamas hanno contatti con lui, a partire dal capo dell’ala militare Mohammed Deif sino ai comitati di resistenza popolari.
Con l’attacco alla pattuglia israeliana vicino al kibbutz di Kerem Shalom, nel corso del quale sono rimasti uccisi due soldati israeliani ed è stato rapito il caporale Shalit, Meshal ha voluto distruggere qualsiasiipotesi di accordo tra la dirigenza palestinese e Olmert sul cosiddetto documento dei prigionieri. La sfida tra le due leadership di Hamas è cominciata con le elezioni di gennaio. Da un lato il premier Haniyeh, che vuol dimostrare di essere in grado di far funzionare il governo facendo vedere al mondo intero che la vita quotidiana dei palestinesi può migliorare; dall’altra Meshal, che vuol continuare la lotta armata, senza compromessi né incertezze, e che due mesi fa ha accusato Abu Mazen e il Fatah di cospirare con Israele e gli USA per far cadere l’esecutivo di Hamas. Una soluzione potrebbe essere quella di sfruttare la spaccatura tra le due teste del movimento integralista, inserendosi con proposte concrete.
Ehud Olmert potrebbe giocare d’anticipo proponendo la scarcerazione di due promotori del documento dei prigionieri, Marwan Barghouti del Fatah e Abdel Khaled Natshe di Hamas. Il loro rilascio assesterebbe un colpo definitivo a Meshal, nonché dimostrerebbe la volontà di Israele di cambiare le relazioni con la maggioranza della popolazione palestinese, continuamente prevaricata da leader che non la considerano e non hanno occhi e orecchi per i bisogni reali e per i drammi quotidiani.
Cliccare sul link sottostante per inviare una e-mail alla redazione di Famiglia Cristiana