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Il Manifesto Rassegna Stampa
08.07.2006 Israele Stato canaglia
lo sostiene Maurizio Matteuzzi sul giornale comunista

Testata: Il Manifesto
Data: 08 luglio 2006
Pagina: 1
Autore: Maurizio Matteuzzi
Titolo: «Stato d'Israele e Stati canaglia»

Volevamo risparmiare a nostri lettori la lettura critica del MANIFESTO (almeno oggi che è sabato ),  ma l'editoriale di Maurizio Matteuzzi pubblicato in prima pagina oggi 08/07/2006, ce l'ha impedito.  Che Israele per i compagni del MANIFESTO fosse uno stato canaglia non è una novità. L'articolo è infarcito di tutte le posizioni pregiudizialmente anti israeliane del giornale comunista. Leggere per verificare. Ridicole sono poi alcune affermazioni di Matteuzzi, che citiamo a caso: 1)Hamas è un governo integralista. Ma non era stato definito dall'Unione europea terrorista ? perchè Matteuzzi cambia le carte in tavola ? 2) Il vero obiettivo di Israele è quello di disgregare qualsiasi entità palestinese per impedire che abbiano uno stato. Strano, a noi ( e non soltanto a noi)  pareva che con Abu Mazen, con l'appoggio del quartetto, le cose fossero ben avviate e che tutto si sia bloccato con l'avvento di Hamas al governo. Ma questo per Matteuzzi non vale la pena di ricordarlo. 3) La citazione di Gideon levy vale quanto quella di Matteuzzi, cioè meno di niente sul piano della credibilità. Lo sanno tutti, anche a sinistra, che Haaretz ha alcuni collaboratori (tra i quali Levy) ai quali è stato dato l'incarico di rappresentare l'opinione più estrema far i lettori israeliani, sia ebrei che arabi. Cosa non si fa pur di vendere ! suggeriamo al MANIFESTO di fare lo stesso, potrebbe assumere qualcuno di INFORMAZIONE CORRETTA, chissà, forse aumenterebbe il numero dei lettori, cosa non disprezzabile visto il calo di lettori che sta subendo. Certo, lo stipendio dovrebbe essere molto allettante, visto il giornale....

Ecco l'articolo:

Se esistono nel mondo parecchi Stati canaglia non democratici che vengono additati alla pubblica esecrazione, bisognerà pur riconoscere, prima o poi, che c'è anche qualche Stato canaglia democratico. Se non cambiano le cose, Israele con tutta la sua democrazia per gli israeliani (ma non per gli arabo-israeliani), fa di tutto per essere un democratico Stato canaglia, forte del poteredi condizionamento e di ricatto sull'occidente che l'immane tragedia dell'olocausto gli ha concesso e che esercita. Un condizionamento e un ricatto che si avvertono anche in questi giorni in cui sta infliggendo alla popolazione palestinese di Gazauntremendo «castigo collettivo», condannato da tutte le leggi internazionali. E che non ha nulla a che vedere con l'obiettivo di salvare la vita del povero soldato Shalit. Il vero scopo è un altro. E' la lucida –maforse, a gioco lungo, suicida – volontà di distruggere il governo di Hamas, certo sgradevole e problematico ma uscito da elezioni regolari, e di infliggere – ancora una volta – una punizione collettiva alle masse palestinesi che, anche per l'operadi incessantedisgregazione/ delegittimazione di Arafat e dell'Olp, di al Fatah e dell'Anp, hanno avuto l'ardire di votare per ilmovimento islamico. Prima o poi bisognerà pur riconoscere che il vero obiettivo dei governi di Israele è quello di digregare/delegittimare non solo gli integralisti di Hamas ma qualsiasi governo o struttura che i palestinesi si sono dati daMadrid e Oslo in poi, per dimostrare agli occhi di un mondo cieco che «non c'è un partner» con cui poter trattare la pace e che l'unica viad'uscita sono le iniziative unilaterali – dalMuroal ritiro da Gaza, da Sharon a Olmert. In realtànon sono gli israeliani chenonhannopartner palestinesi ma i palestinesi a non avere partner nei governi israeliani. A cui non è mai passato per la testa di ritornare nei confini del '67, l'unico modo per arrivare a una pace che non sia una beffa gonfia di nuovo e infinito «terrorismo». Prima o poi bisognerà pur riconoscere che Israele è un democratico Stato canaglia, quello che a livello internazionale più si fa gioco delle risoluzioni dell'Onu, della Corte di giustizia dell'Aja, delle Convenzioni di Ginevra. Concludeva un suo articolo su Haaretz, un paio di giorni fa, l’analista politico israeliano Gideon Levy: «Stiamo bombardando e sparando, tagliando l'elettricità e distruggendo, assediando e sequestrando come i peggiori terroristi e nessuno rompe il silenzio a chiedere per cosa diavolo fare e con quale diritto». Il silenzio.Gli americani, l'alleato automatico, si capisce.Mal'Europa? L'Italia? Una condanna di Israele per le «violazione dei diritti umani della popolazione palestinese» è passata al nuovo Consiglio per i diritti umani dell'Onu con il no dei paesi Ue (troppo «sbilanciata »). Ieri l’Unione europea ha accusato Israele di «uso sproporzionato della forza». Le stesse parole del ministro degli esteri D'Alema. Sarà questa la nuova linea della «equivicinanza»? L'annunciata «discontinuità» con Berlusconi chiede altro nella tragedia palestinese. Come la sospensione della legge di cooperazione militare Italia-Israele del 2005.Maè difficile credere che in ungoverno in cui ci sonounsottosegretario che propone Israele nell'Unione europea e nella Nato (senza venire dimesso) e un partito il cui segretario (Franco Giordano) parla di «rigurgiti antisionisti » ci saranno discontinuità o equivicinanza. Al diavolo i palestinesi. Viva la democrazia israeliana.

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