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La Stampa Rassegna Stampa
08.07.2006 Nel governo di Hamas non c'è separazione fra potere politico e potere militare
lo tenga a mente il governo Prodi

Testata: La Stampa
Data: 08 luglio 2006
Pagina: 9
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «I loro leader sempre sotto tiro»

Sulla STAMPA di oggi 08/07/2006, un'intervista di Fiamma Nirenstein al generale israeliano Yossef Kpperwasser. Nel governo del terrore di Hamas non c'è differenza fra potere politico e potere militare. E' bene che lo imparino i nostri diplomatici, su su fino al ministro degli esteri, soprattutto quando parla di equivicinanza. Ecco l'articolo:

GERUSALEMME
Il generale Yossef Kupperwasser fino a ieri è stato il capo dell’intelligence militare dell’esercito israeliano Aman, è una delle menti che elaborano giorno dopo giorno per l’esercito la linea dell’operazione «Pioggia d’estate», col l’ingresso dei carri armati a Gaza.
Generale, ho visto i soldati chiudere materialmente i cancelli di Gaza undici mesi or sono, dopo aver compiuto la terribile mansione di evacuare le famiglie di Dugit, Nissanit, Alei Sinai. Rientrarci adesso dev’essere frustrante.
«L’esercito fa quello che deve fare: non c’è né frustrazione né soddisfazione. Noi soldati cerchiamo di fare al meglio quello che il governo decide, e qui mi pare che non ci siano dubbi. Dobbiamo fermare il lancio dei kassam sulle città, sulle scuole; e cercare il nostro soldato rapito».
Ma è un fallimento rispetto alle scelte del passato?
«Il processo è chiaro: noi abbiamo operato allora un’operazione di disimpegno, aspettandoci che anche dall’altra parte se ne compiesse una parallela. Disimpegno era il tema chiave. Che i palestinesi si disimpegnassero dalla guerra nella zona da noi evacuata. Costruire, erigere, organizzarsi. Non l’hanno fatto».
Ma il vostro disimpegno era unilaterale.
«Tuttavia, l’altra parte era il nostro interlocutore logico. Una volta che noi ce ne siamo andati, la palla era nel loro campo. Le aspettative che la nostra mossa fosse la premessa di un disimpegno anche dall’altra parte, era costruttiva per ulteriori tappe. Invece i palestinesi non hanno apprezzato l’idea che ce ne andassimo, anzi, hanno visto questa mossa come una pericolosa privazione del loro cemento naturale: non la costruzione di qualcosa di positivo, ma la guerra. E hanno puntato a innalzare lo stato di guerra, il loro standard di attacco, con i missili kassam e il rapimento».
Questo però riguarda la leadership di Hamas, ma rientrare in Gaza coinvolge tutta la popolazione palestinese.
«Nella nostra agenda risparmiare più sofferenza possibile alla popolazione è un ordine prioritario, un tema a cui dedichiamo molti sforzi strategici. Ma è difficile salvaguardare la gente fino in fondo, quando i miliziani usano gli scudi umani».
Da una parte inviate camion di aiuti alla popolazione e organizzate squadre di assistenza umanitaria, e dall’altra causate la loro sofferenza. Non è contradditorio?
«Il punto è: facciamo del nostro meglio, ma abbiamo il dovere di cercare di distruggere i nidi di kassam e cercare di evitare che Shalit venga trasportato all’estero. Diciamo con questa operazione a tutti i palestinesi: attenzione, ci sentite? Non potete usare il territorio di Gaza come base di attacchi terroristici».
E perchè, secondo lei, i palestinesi non ci stanno? È a causa di Hamas?
«Non del tutto: è ormai dal settembre 2000, quando Arafat lanciò la seconda Intifada, che l’intera costituency palestinese, compresa Fatah, si è messa un terreno di belligeranza di cui non si vede lo sfondo. Lo scopo è tenere il conflitto sempre vivo, rinfocolarlo ad ogni gesto di pacificazione da parte nostra».
Forse ha agito sulla leadership di Hamas il richiamo jihadista internazionale, il supporto della Siria, la spinta al caos degli Hezbollah e dell’Iran..
«Se si ricorda la nave Karin A carica di armi e destinata alle mani di Arafat, proveniva dall’Iran. Già da tempo c’è un’influenza esterna rilevante; certo, Hamas al governo crea una situazione dove il terrorismo diventa norma, e la nostra operazione è un richiamo a ristabilire la legge».
Vuol dire che vi state preparando anche a eliminare i leader di Hamas il primo ministro Ismail Haniyeh e a Damasco Kaled Meshaal?
«Da tutte le informazioni che abbiamo, sappiamo che non c’è separazione fra potere politico e potere militare. Haniyeh se volesse potrebbe compiere una qualsiasi mossa distensiva, fermare i kassam, dare informazioni sul soldato rapito. E invece di condannare le azioni violente, le loda in pubblico. Quindi, è responsabile di quel che accade oggi. Lo sceicco Yassin e Abed el Aziz Rantisi dopo troppi innocenti uccisi negli attentati terroristici hanno pagato. Può capitare anche a chi ordina il terrore odierno».

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