Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Testata: Corriere della Sera Data: 04 luglio 2006 Pagina: 1 Autore: Franco Venturini Titolo: «La realtà e le ambiguità dell'equivicinanza italiana»
Sul CORRIERE della SERA del 4 luglio 2006 Franco Venturini difende la sostanza della politica di "equivicinanza" tra israeliani e palestinesi adottata dal governo Prodi, pur giudicando, a posteriori, infelice il termine scelto per presentarla all'opinione pubblica. Il fondamento del suo ragionamento è l'insostenibile equiparazione della reazione israeliana e dell'aggressione palestinese che ha portato alla morte di due soldati e al rapimento di Ghilad Shalit. Ecco il testo:
Meglio sarebbe stato se il governo Prodi, nel suo desiderio di riequilibrare la politica estera berlusconiana, non avesse coniato il termine «equivicinanza» per descrivere la posizione dell'Italia nei confronti di Israele e dei palestinesi. Ambigua quanto il suo contrario equidistanza, l'«equivicinanza» autorizza di volta in volta sospetti di pregiudizi e timori di parzialità. Ma dal momento che il nostro politichese si è ormai arricchito di questo nuovo orrore, tanto vale tentare di capirlo e di valutarlo. Sulla base dei fatti. Fatti che non mancano, purtroppo, nelle cronache di questi giorni. L'attacco del braccio armato di Hamas contro l'avamposto israeliano di Kerem Shalom e il rapimento del caporale Gilad Shalit hanno fatto esplodere una bomba a orologeria innescata da quando le elezioni palestinesi hanno decretato la vittoria di Hamas. Da quel momento una lotta di potere talvolta cruenta ha lacerato il mondo palestinese. Da quel momento la comunità internazionale ha chiesto a Hamas, pena l'isolamento, di abbandonare i suoi precedenti terroristici e di riconoscere lo Stato ebraico. E da quel momento Israele ha precisato una strategia unilaterale ritenuta in grado di sostituirsi, con profitto, all'opzione negoziale. Il contenzioso israelo-palestinese è fatto di appartenenze e di passioni, tutte legittime. Ma se un osservatore obiettivo volesse distribuire torti e ragioni negli avvenimenti che riempiono le pagine dei nostri giornali, nessuna delle parti in causa avrebbe la meglio. Non si parli di cerchiobottismo, si guardi piuttosto agli avvenimenti che si succedono. Una fazione forse minoritaria di Hamas (ma il governo non si dissocia) lancia un attacco nel territorio di Israele e sequestra un suo militare. La provocazione continua e si rafforza con la richiesta ultimativa a Israele, in cambio della restituzione del soldato, di rilasciare mille palestinesi detenuti. Non hanno successo gli sforzi del presidente Abbas, non porta a nulla la mediazione di Mubarak, e l'accordo di vertice Fatah-Hamas, che potrebbe implicare un tacito riconoscimento di Israele, resta privo di seguiti autorizzando sospetti di tempistico opportunismo. E Israele, cosa fa? Rifiuta, con ragione, uno scambio che inciterebbe a nuovi rapimenti. Ma stringe anche d'assedio con i suoi carri armati quella Gaza dalla quale Sharon si è ritirato un anno fa, e ogni notte colpisce.
Il primo capo d'imputazione di Venturini è paradossale. Consiste nel fatto che Israele colpisce un territorio dal quale si è precedentemente ritirato. Ma nel frattempo i gruppi terrorristici hanno fatto di quel territorio una base di attacchi spinti sempre più in profondità contro il territorio israeliano. Se in risposta a un suo ritiro unilaterale Israele "riceve in cambio" razzi kassam colpi di katiuscia la sua reazione risulta, ci pare, doppiamente giustificata, non certo maggiormente condannabile. Con il ritiro da Gaza, inoltre , è venuto del tutto a cadere, almeno per ciò che riguarda la Striscia, un vecchio ( e specioso) argomento contro le azioni antiterroristiche israeliane: che cioè esse fossero rese illegittime dall'occupazione. Ora apprendiamo però che proprio l'aver posto fine all'occupazione di Gaza renderebbe la risposta israeliana all'aggressione che proviene da quel territorio particolarmente condannabile...
Distrugge, come prima mossa, una centrale elettrica che fornisce energia e acqua alla popolazione civile palestinese. Obbliga migliaia di persone a lasciare le loro case. Fa passare con il contagocce rifornimenti essenziali come cibo, benzina e medicinali, ma minaccia di chiudere del tutto i varchi e di utilizzare «la massima forza» se il caporale non tornerà rapidamente a casa.
Sulla "crisi umanitaria" a Gaza rimandiamo ancora i nostri lettori a questo articolo (cliccare sul link) pubblicato sul sito israele.net
E intanto arresta (ma non è anche questo un sequestro? ) otto ministri del governo di Hamas e un quarto dei deputati eletti.
Non, non è un sequestro dato che quei ministri sono membri di un gruppo terroristico e che Israele non minaccia di ucciderli per ottenere un contraccambio delle loro vite.
Il confronto israelo-palestinese è beninteso assai più ampio e complesso degli ultimi eventi, ma questi sono un buon esempio delle difficoltà a non essere «equivicini». Perché le critiche ad entrambe le parti si accompagnano, appunto, a «vicinanza» verso il diritto alla sicurezza di Israele e verso l'aspirazione a uno Stato dei palestinesi. Non è stato forse «equivicino» il recente G-8 di Mosca, quando ha giustamente ricordato le condizioni anti-terroristiche e politiche per l'accoglimento di Hamas nella comunità internazionale, ha chiesto la liberazione del soldato israeliano, e altrettanto giustamente ha esortato Israele alla moderazione esprimendo particolare preoccupazione per l'arresto dei ministri e dei parlamentari palestinesi? Sono le parti in causa a non permettere approcci diversi, e a sottolineare peraltro la devastante impotenza di chi li esprime. «Equivicini», se vogliamo stare ai fatti, siamo costretti ad esserlo. A una condizione, però, che i palestinesi non dovrebbero perdere di vista. Israele può sbagliare, ma è uno Stato democratico come anche il dibattito interno di questi giorni sta a dimostrare. Hamas, invece, è una organizzazione con forti trascorsi terroristici
Ma quali trascorsi! Hamas rivendica apertamente il lancio di razzi qassam e si impadronisce di ostaggi. Non ha "trascorsi" terroristici, è un'organizzazione terroristica.
che le elezioni (volute dall'Occidente!) hanno proiettato al governo, e che ha grandissime difficoltà a riconoscere il semplice diritto all'esistenza di Israele. La differenza non può essere dimenticata, mentre «equivicinamente» l'Italia guarda ai fatti.
La differenza non può essere dimenticata, siamo d'accordo. E se ne devono trarre le conseguenze.
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